Decreto Legge 76/2013: le novità in materia di lavoro

Il Governo con il D. l. del 28 giugno 2013 n. 76 modifica la disciplina del contratto a termine, del contratto di lavoro a chiamata e del lavoro accessorio.

Dando seguito alla Notizia n. 1098 del 2 luglio scorso in cui sono stati descritti i nuovi incentivi alle assunzioni, con la presente informativa si analizzano le ulteriori novità introdotte dal Governo con il D. L. 76/2013, incentrando l’attenzione sulle modifiche operate alla disciplina di diverse tipologie contrattuali dirette a snellire il mercato del lavoro in entrata.

 

1.      Contratto di lavoro a tempo determinato

Il D. L. 76/2013 interviene sulla normativa del contratto a termine, modificando le previsioni relative al contratto “acausale” e al periodo di “raffreddamento” fra due contratti stipulati in successione con il medesimo lavoratore.

La legge Fornero aveva previsto che l’indicazione della causale giustificativa per la stipulazione del contratto a termine non fosse richiesta sia nel caso di primo rapporto a termine, di durata non superiore a 12 mesi, concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nel caso di prima missione nell’ambito del contratto di somministrazione a tempo determinato. Il decreto legge sul lavoro riscrive tale disposizione, stabilendo che la causale non de essere indicata in due diverse situazioni.

La prima ipotesi conferma quanto già definito dalla legge di riforma dello scorso anno: il contratto a termine acausale può essere concluso nel caso di primo rapporto a termine per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione e nel caso di prima missione nel caso di contratto di somministrazione a tempo determinato. Resta fermo il limite dei 12 mesi di durata complessiva.

La seconda ipotesi riguarda tutti i casi individuati dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Sempre con riferimento al contratto a termine “acausale” il decreto lavoro interviene sulla disciplina della proroga, eliminando il divieto di proroga introdotto dalla legge Fornero. Di conseguenza, è data la possibilità di prorogare il contratto acausale, la cui durata massima complessiva deve comunque ritenersi fissata a 12 mesi (in assenza di indicazioni tale limite deve intendersi comprensivo anche delle proroghe).

Il D.l. 76/2013 modifica inoltre le previsioni relative alla pausa tra due contratti a termine stipulati con il medesimo lavoratore. In tal senso, sono ripristinati gli intervalli temporali minimi vigenti prima della legge 92/2012, vale a dire:

-          10 giorni dalla scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi;

-          20 giorni dalla scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi.

La disciplina degli intervalli non trova applicazione:

-  nel caso di lavoratori utilizzati nelle attività stagionali definite dal DPR n. 1525/1965 e di quelle individuate dagli avvisi comuni e dai CCNL;

-  nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, conclusi dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

In tema di prosecuzione “di fatto” dei contratti oltre la scadenza del termine iniziale, viene abolito l’obbligo per il datore di lavoro, introdotto dalla Riforma Fornero, della comunicazione al Centro per l’impiego territorialmente competente, entro la scadenza del contratto iniziale, della continuazione del rapporto di lavoro.

Infine, si precisa che il d.l. 76/2013 ha espressamente escluso l’applicazione di tutta la normativa sui contratti a tempo determianto di cui al D. Lgs. 368/2001 ai rapporti di lavoro a termine stipulati con i lavoratori in mobilità (ex art. 8, c. 2, Legge n. 223/1991). Pertanto, la stipulazione di un contratto a termine con lavoratore in mobilità antecedente o successivo ad un rapporto a tempo determinato “ordinario” non è soggetto al rispetto degli intervalli di tempo per la successione dei contratti. In tutti gli altri casi – es. contratti a termine per sostituzione di lavoratrice in maternità – trovano applicazione i predetti limiti temporali.

 

2.      Contratto di lavoro intermittente

Il D.L. 76/2013 interviene nuovamente sulla disciplina del rapporto di lavoro a chiamata, apportando tre fondamentali modifiche.

La legge 92/2012 (Riforma Fornero) ha modificato i requisiti soggettivi per la stipulazione del contratto (il contratto può essere concluso con soggetti aventi più di 55 anni e meno di 24 anni di età, fermo restando in questo caso che le prestazioni devono essere svolte entro i 25 anni) e ha demandato ai contratti collettivi la definizione delle prestazioni di carattere discontinuo e saltuario nonché l’individuazione di determinati periodi dell’anno (c.d. requisiti oggettivi) per cui è possibile stipulare tale tipologia contrattuale.

I contratti stipulati prima del 18 luglio 2012 e non conformi alla nuova disciplina dovevano cessare di produrre effetti dopo un anno dall’entrata in vigore della riforma. In sostanza, dal 19 luglio 2013, i contratti di lavoro intermittente non conformi alle nuove disposizioni circa l’applicazione dell’istituto avrebbero dovuto cessare automaticamente.

Il D.L. 76/2013 è intervenuto su tale disposizione della legge di riforma prorogando al 1 gennaio 2014 il periodo di vigenza dei contratti stipulati prima del 18 luglio 2012.

Pertanto al 19 luglio 2013 non andrà a scadere alcun contratto, non è necessario effettuare alcuna comunicazione.

 

La Riforma Fornero ha inoltre previsto in capo al datore di lavoro l’obbligo di comunicare, prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni per una durata non superiore a 30 giorni, la durata della prestazione alla DTL competente. In mancanza di tale adempimento, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria di importo da 400 euro a 2400 euro.

Il Decreto stabilisce che la predetta sanzione amministrativa non si applica se gli adempimenti contributivi precedentemente compiuti dal datore di lavoro rendono evidente la volontà di non occultare lo svolgimento della prestazione lavorativa.

Altro elemento di novità è la previsione per cui il contratto di lavoro a chiamata è ammesso – fermo restando i requisiti soggettivi ed oggettivi per la stipulazione – per un periodo complessivamente non superiore a 400 giorni di lavoro effettivo nell’arco di tre anni. Si prevede, pertanto, che il rapporto di lavoro a chiamata con il medesimo lavoratore sia delimitato, in un arco temporale di riferimento di tre anni, ad un massimo di 400 giornate lavorative. Al fine del calcolo delle predette giornate devono computarsi esclusivamente le giornate di effettivo lavoro prestate successivamente al 28 giugno 2013.

Nel caso di sforamento del predetto limite temporale è prevista la sanzione della conversione del contratto a tempo pieno ed indeterminato.

3.      Lavoro accessorio

Il decreto legge 76/2013 interviene sulla disciplina del lavoro accessorio, eliminando il riferimento alla “natura meramente occasionale” della prestazione lavorativa. È possibile quindi attivare un rapporto di lavoro accessorio tenendo conto esclusivamente del limite di carattere economico.

Di conseguenza si intendono prestazioni di lavoro accessorio le attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5 mila euro nel corso di un anno solare.

Si riporta di seguito una tabella riepilogativa dei diversi limiti economici prevista dalle norme in materia di lavoro accessorio (cfr. Circolare INPS n. 49 del 23 marzo 2013).

Prestatore di lavoro

Committente/

Attività

Compensi erogabili al singolo prestatore

Totale compensi percepibili dal prestatore

Netto

Lordo

Netto

lordo

Tutti

(eccetto percettori ammortizzatori sociali)

Imprenditore commerciale o professionista

2.000 euro

2.660 euro

5.000 euro

6.660 euro

Attività agricole

5.000 euro

6.660 euro

5.000 euro

6.660 euro

Imprenditori commerciali o professionisti in qualità di committenti privati

5.000 euro

6.660 euro

5.000 euro

6.660 euro

Committenti privati

5.000 euro

6.660 euro

5.000 euro

6.660 euro

Percettori ammortizzatori sociali

Imprenditore commerciale o professionista

2.000 euro

2.660 euro

3.000 euro

4.000 euro

Altri

3.000 euro

4.000 euro

3.000 euro

4.000 euro

 

  • Data inserimento: 10.07.13