Decreto legislativo 231/2001: l’Organismo di Vigilanza

In relazione al decreto legislativo 231/2001, riguardante la responsabilità amministrativa da reato, per la difesa dell’ente/impresa oltre al modello organizzativo, occorre anche procedere alla costituzione dell’organismo di vigilanza (ODV) e all’introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

Il d.lgs. n. 231/2001 non dà alcuna indicazione sulla struttura e sulla composizione dell’organismo di vigilanza salvo stabilire che deve essere “dotato di autonomi poteri d’iniziativa e controllo”, che deve “vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli” e curarne il loro aggiornamento.

La normativa stabilisce che si tratta di un “organismo dell’ente”: tale espressione fa pensare a un organo interno all’ente/impresa necessariamente dotato di autonomia e indipendenza (vedi la Circolare n. 83607/2012 della Guardia di Finanza).

Anche la Relazione Ministeriale che accompagna il d.lgs. 231/2011 individua l’ODV in una struttura dotata di poteri autonomi e che deve essere costituita all’interno dell’ente per “evitare facili manovre volte a precostituire una patente di legittimità all'operato della societas attraverso il ricorso ad organismi compiacenti”.

L’ODV è destinatario di “obblighi di informazione” o flussi informativi che devono essere previsti nel modello organizzativo quale strumento per agevolare l’attività di vigilanza sull’efficacia del modello stesso.

Ragionevolmente si può ritenere che la competenza a nominare l’organismo di vigilanza spetti al vertice dell’ente/impresa cui l’ODV avrà l’obbligo di riportare l’attività svolta e segnalare tempestivamente eventuali irregolarità, criticità o situazioni di rischio.

Non dimentichiamo che la funzione dell’ODV è la sorveglianza, esso non ha compiti operativi, che spettano alla dirigenza, e pertanto non può sostituirsi al vertice per eventuali interventi correttivi.

Per le imprese  di piccole dimensioni, i compiti dell’organismo di vigilanza possono (si tratta di una facoltà) essere svolti direttamente dall’organo dirigente (art. 6, comma 4, d.lgs. 231/2001). Se l’organo dirigente decide di usufruire di questa possibilità è senz’altro consigliabile che lo stesso si avvalga di professionisti esterni cui affidare il compito di compiere periodiche verifiche sul rispetto e l’efficacia del modello proprio per le competenze tecniche estremamente specifiche richieste a tale scopo.

Cosa s’intende per ente/impresa di piccole dimensioni?

Ancora una volta la normativa non ci aiuta in quanto non riporta una definizione di “ente/impresa di piccole dimensioni”.  Secondo un’interpretazione diffusa questa espressione fa riferimento a enti caratterizzati da un impianto verticistico, in cui “non vi sia un’articolazione interna basata su una pluralità di centri decisionali”.La Circolare della Guardia di Finanza n. 83607/2012 preferisce ricorrere alla definizione comunitaria di cui alla raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE, ratificata con D.M. 18.04.2005, il cui art. 2, comma 2, prevede quali appartenenti a tale categoria quegli enti che presentano contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • un numero di occupati non superiore alle 49 unità, intendendo per tali (…) i dipendenti dell’impresa a tempo determinato o indeterminato, iscritti nel libro matricola dell’impresa e legati all’impresa da forme contrattuali che precedono il vincolo di dipendenza, fatta eccezione di quelli posti in cassa integrazione straordinaria;
  • un totale di bilancio annuo o un fatturato annuo, quali risultanti dall’ultimo esercizio contabile chiuso ed approvato, non superiore ai 10 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda la struttura si ritiene che l’ODV possa essere anche a composizione monocratica (per esempio un professionista esterno) ma per le realtà medio grandi sia la giurisprudenza sia la dottrina ritengono necessaria la composizione collegiale e “un’esclusività di azione ovverosia un impegno esclusivo sull’attività di vigilanza relativa alla concreta attuazione del modello”.

Per le imprese di piccole dimensioni in cui tale funzione non è svolta dall’organo dirigente (facoltà prevista dall’art. 6, comma 4 del d.lgs. 231/2001), la composizione monocratica potrebbe essere sufficiente.

In ogni caso è utile riflettere sul fatto che la composizione collegiale garantisce maggiore indipendenza.

 

Poiché l'ODV è “un organismo dell’ente”, i suoi componenti devono essere scelti necessariamente all’interno dell’ente/impresa?

Se consideriamo i caratteri di autonomia e d’indipendenza che l’ODV deve avere, è evidente che non possono essere inseriti al suo interno soggetti che sono a rischio di commettere i reati presupposto. Secondo autorevoli opinioni, la soluzione più equilibrata è la composizione mista caratterizzata dalla presenza di alcuni soggetti interni all’ente/impresa, in grado di apportare una conoscenza diretta della realtà aziendale, e soggetti esterni dotati di specifiche competenze professionali, tecniche, giuridiche etc.

Perché l’ODV possa esercitare efficacemente i suoi compiti ne deve essere garantita l’autonomia, in particolare nei confronti dell’organo dirigente in quanto l’attività di controllo si svolge anche nei confronti dei soggetti apicali, l’indipendenza e la professionalità. Inoltre la giurisprudenza di merito si è pronunciata nel senso che i componenti dell’organismo di vigilanza (ODV) devono essere soggetti senza compiti operativi.

L’assenza di mansioni operative garantisce l’autonomia dell’ODV in quanto, in caso contrario, la partecipazione alle decisioni dell’ente potrebbe compromettere la necessaria “ serenità di giudizio al momento delle verifiche”.

Inizialmente la giurisprudenza riteneva auspicabile che l’ODV fosse formato da “soggetti non appartenenti agli organi sociali da individuare eventualmente ma non necessariamente, anche in collaboratori esterni forniti della necessaria professionalità ”.

A seguito dell’entrata in vigore della legge 12 novembre 2011, n. 183 (nota come legge di stabilità 2012), è stato stabilito che nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza. Probabilmente lo spirito della norma è di evitare ulteriori costi e l’eccessivo appesantimento dovuto alla duplicazione di organi di controllo.

Per sintetizzare, il compito dell’organismo di vigilanza può essere svolto:

  • dall’organo dirigente nel caso di enti di piccole dimensioni;
  • nel caso di società di capitali anche dal collegio sindacale, dal consiglio di sorveglianza e dal comitato per il controllo della gestione;
  • taluno ritiene che tale compito possa essere svolto anche dall’Internal Auditing;
  • da un organismo ad hoc preferibilmente composto da personale qualificato interno all’ente, non operativo e da soggetti esterni quali consulenti, tecnici, etc; quest’ultima scelta è ritenuta da molti come più opportuna.

 

Da ultimo ricordiamo che sarà necessario introdurre nel modello organizzativo specifiche disposizioni riguardanti l’ODV che stabiliscano i criteri per la nomina, le cause d’ineleggibilità (come per es. la condanna per uno dei reati presupposto previsti dal d.lgs. 231) o di decadenza, i compiti dell’organo, la disciplina delle riunioni e la loro documentazione, il budget, i poteri, i doveri etc.

Informazioni possono essere richieste all’area tecnica della Confartigianato di Vicenza (tel. 0444 168357 – Alessandra Cargiolli).

  • Data inserimento: 27.11.12