In data 24 giugno 2015 è stato pubblicato in gazzetta ufficiale il terzo decreto legislativo attuativo della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Legge Delega sul Jobs Act), il quale rappresenta un testo organico semplificato delle tipologie contrattuali ed i rapporti di lavoro ed il riordino della normativa in materia di mansioni
Di seguito proponiamo una sintesi delle principali novità per singolo rapporto di lavoro introdotte dal decreto legislativo.
1. Contratto di lavoro a tempo parziale
In nuovo decreto legislativo modifica notevolmente le disposizioni di cui all’abrogato D. Lgs. 61/2000 in materia di contratto a tempo parziale. I caratteri peculiari della nuova disciplina possono riassumersi nei seguenti punti:
Il decreto prevede inoltre che il lavoratore possa chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro part-time per un periodo corrispondente, con una riduzione dell’orario non superiore al 50%.
Il D. Lgs. 81/2015 riprende senza modifiche sostanziali la disciplina in materia di contratto a chiamata già contenuta nel D. Lgs. 276/2003.
Si ricorda che il ricorso al contratto di lavoro intermittente è ammesso per non più di 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari (per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro) per le causali oggettive individuate dai contratti collettivi o, in assenza di CCNL, per i casi individuati con decreto del Ministero del Lavoro. Il lavoro a chiamata è in ogni caso ammesso con soggetti con più di 55 anni di età e meno di 24 anni di età (in questo caso la prestazione lavorativa deve svolgersi entro il 25° anno di età). Al riguardo l’art. 51 del nuovo decreto stabilisce che fino all’emanazione dei diversi decreti richiamati nelle sue disposizioni continuano ad applicarsi le regolamentazioni vigenti. Si ritiene pertanto, anche se sembra auspicabile un intervento chiarificatore del ministero, che sia ancora possibile procedere all’assunzione di lavoratori a chiamata prendendo a riferimento la tabella di cui al Regio Decreto 2657/1923.
Permane l’obbligo di comunicazione preventiva alla DTL competente per territorio dell’inizio della prestazione. Tale comunicazione deve avvenire a mezzo sms o posta elettronica, secondo le modalità da definirsi con decreto del Ministero del lavoro. L’omessa comunicazione è passibile di una sanzione amministrativa pecuniaria di un importo compreso fra 400 euro e 2.400 euro per ogni lavoratore la cui comunicazione sia stata omessa.
3. Contratto di lavoro a tempo determinato
Il D. Lgs. 81/2015 apporta alcune modifiche alla vigente disciplina del contratto di lavoro a termine. Gli elementi caratterizzanti tale rapporto di lavoro si possono così sintetizzare:
Nel caso di violazione del limite percentuale del 20% per ciascun lavoratore sarà applicata una sanzione pecuniaria amministrativa. In questo caso è esclusa la sanzione della trasformazione del contratto interessato in contratto a tempo indeterminato.
Qualora non siano rispettati i predetti limiti temporali, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.
4. Somministrazione di lavoro
Il D. Lgs. 81/2015 conferma l’assenza delle causali giustificative per ricorrere alla somministrazione di lavoro, tanto a tempo indeterminato che a termine. Il ricorso a tale tipologia contrattuale è però assoggettata a precisi limiti di contingentamento quantitativo stabiliti dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva. In particolare, nel caso di somministrazione a tempo indeterminato, il limite percentuale è fissato, salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore, nel 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del predetto contratto. Quanto alla somministrazione a tempo determinato è ammessa nei limiti quantitativi individuati dai contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali) applicati dall’utilizzatore. È in ogni caso esente da limiti quantitiativi la somministrazione a tempo determinato di lavoratori in mobilità, di soggetti occupati che godono, da almeno 6 mesi, di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e dei lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati” così come definiti dal Regolamento (UE) n. 651/2014.
Importante novità introdotta dal decreto è la possibilità per l’utilizzatore di computare nella quota di riserva di cui all’art. 3 della legge 68/1999 i lavoratori disabili in caso di “missioni di durata non inferiore a dodici mesi.
5. Apprendistato
In tema di contratto di apprendistato le modifiche apportate dal D. Lgs. 81/2015 alla precedente disciplina interessano l’apprendistato di primo e terzo livello e sono dirette a sviluppare il metodo dell’alternanza formativa (scuola-lavoro).
Il nuovo decreto legislativo rinomina le diverse tipologie di apprendistato. Esse sono così denominate:
A queste tre tipologie si aggiunge una particolare fattispecie rientrante nell’apprendistato professionalizzante. Tale contratto può essere stipulato, senza limiti di età, con i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità e di trattamento di disoccupazione ai fini della loro qualificazione riqualificazione professionale (art. 47, c. 4).
Si specifica che la prima e la terza tipologia fanno riferimento ai titoli di istruzione e formazione ed alle qualificazioni professionali contenuti nel relativo repertorio nazionale, di cui all’art. 8 del D.Lgs. 16 gennaio 2013, n. 13, definito nell’àmbito del Quadro europeo delle qualificazioni.
Si prevede che, nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e la specializzazione professionale e nell’apprendistato di alta formazione e di ricerca, il piano formativo individuale sia predisposto dall'istituzione formativa di provenienza dello studente con il coinvolgimento dell’impresa.
Si specifica che, nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e la specializzazione professionale, costituisce giustificato motivo di licenziamento anche il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi, attestato dall’istituzione formativa di provenienza.
Per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante il D. Lgs. 81/2015 riprende senza variazioni la disciplina contenuta nel T.U. dell’Apprendistato. Alle assunzioni con tale tipologia contrattuale continuano ad applicarsi le regolamentazioni previste dai diversi contratti collettivi nazionali.
Il decreto conferma che il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere, direttamente o indirettamente, per il tramite delle agenzie di somministrazione non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro. Tale rapporto non può superare il 100 per cento per i datori di lavoro che occupano meno di dieci unità di lavoratori. Nell'ipotesi in cui non vi siano lavoratori qualificati o siano meno di tre, il datore di lavoro può comunque assumere fino a tre apprendisti. Alle imprese artigiane si applicano le disposizioni di cui all’art. 4 della L. 443/1985 (Legge quadro artigianato).
6. Contratti di collaborazione coordinata e continuativa & Associazione in partecipazione
A partire dall’entrata in vigore del decreto non potranno più essere attivati nuovi contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto. Si ritorna pertanto alla disciplina previgente le disposizioni del D. Lgs. 276/2003: è possibile quindi stipulare collaborazioni coordinate e continuative ai sensi dell’art. 409 c.p.c.
I contratti a progetto già in essere potranno proseguire fino alla loro naturale scadenza. È ammessa la proroga se funzionale alla realizzazione del progetto.
A partire dal 1° gennaio 2016, ai rapporti di collaborazione continuativa si applicherà la disciplina del lavoro subordinato se la prestazione resa dal lavoratore sarà “esclusivamente personale” e se le modalità di esecuzione saranno organizzate dal committente anche con riferimento ai “tempi e al luogo di lavoro”.
Il nuovo decreto abroga la fattispecie del contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro (o con apporto misto di capitale e di lavoro), limitando tale istituto contrattuale all'ipotesi in cui l'apporto (dell'associato in partecipazione) sia costituito da un capitale.
7. Lavoro accessorio
Il decreto ridefinisce il campo di applicazione e la disciplina del lavoro accessorio (artt. 48-50).
È elevato a 7.000 euro il limite annuo relativo all'importo complessivo, per ciascun lavoratore, del valore dei buoni orari (tale limite era pari, nel 2014, a 5.050 euro). Si conferma, in ogni caso, che nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative rese col sistema dei buoni lavoro possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro.
Per i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, il decreto pone a regime la norma, già operante per gli anni 2013 e 2014, che stabilisce un limite unico di 3.000 euro annui - con riferimento, cioè, sia al valore dei buoni orari percepiti dal lavoratore sia al valore complessivo dei buoni impiegati dal singolo committente (anche pubblico), nei confronti del medesimo lavoratore.
Il valore nominale del buono orario è fissato in 10 euro.
Lo schema, inoltre, introduce il divieto di ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’àmbito dell'esecuzione di appalti di opere o di servizi, salve specifiche ipotesi, individuate, entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo, con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali.
Con riguardo alle modalità di acquisto dei carnet di buoni orari, il decreto prevede in via esclusiva l'impiego di modalità telematiche, ad eccezione dei committenti non imprenditori né professionisti, i quali possono continuare ad acquistarli anche presso le rivendite autorizzate.
La comunicazione obbligatoria, prima dell'inizio della prestazione, è effettuata alla direzione territoriale del lavoro competente, mentre, nel sistema attuale del lavoro accessorio, essa è effettuata all'INPS. Si specifica, inoltre, che la comunicazione deve indicare il luogo della prestazione, con riferimento ad un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi.
Resta fermo l'impiego, secondo la previgente disciplina e fino al 31 dicembre 2015, dei buoni già richiesti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.