La Legge n. 92 del 28 giugno 2012 (articolo 1, seconda parte: commi da 37 a 69) introduce una serie di novità in tema di licenziamenti, nonché modifiche per quanto riguarda l’eventuale attivazione della relativa causa di lavoro.
Le nuove disposizioni entreranno in vigore per i licenziamenti intimati nelle aziende con più di 15 dipendenti e le controversie instaurate dal prossimo 18 luglio.
La Riforma non modifica le tipologie (o causali) di licenziamento previste dal nostro ordinamento giuridico che rimangono quelle di sempre:
in linea di massima il licenziamento per giustificato motivo (soggettivo o oggettivo), per giusta causa, licenziamento ad nutum, i cd. casi particolari di licenziamento quali licenziamento per asserito superamento del periodo di comporto, per impossibilità sopravvenuta della prestazione (es: licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica o psichica del lavoratore), licenziamento intimato per causa di matrimonio, licenziamento intimato in caso di fruizione dei congedi di maternità, paternità e parentali, Licenziamento collettivo.
La Riforma modifica invece i regimi sanzionatori dei licenziamenti (ovvero le conseguenze del licenziamento riconosciuto come illegittimo).
E’ stato infatti modificato l’art. 18 della Legge n. 300/1970 (il cd. Statuto dei lavoratori), ovvero la norma rivolta ai datori di lavoro con più di 15 dipendenti nell’ambito comunale (o con più di 60 dipendenti in ambito nazionale per le aziende con più sedi che non superano i 15).
Di seguito è proposta una sintesi delle conseguenze relative alla eventuale impugnazione del licenziamento da parte del dipendente, nel caso tale licenziamento possa essere considerato illegittimo, e delle novità procedurali relative alle vertenze sui licenziamenti.
ATTENZIONE:
tranne la “reintegrazione piena”, di cui al punto 1), relativa alle possibili conseguenze di un licenziamento discriminatorio (per motivi religiosi, politici, ….ecc.) che come sempre possono riguardare anche le aziende fino a 15 dipendenti, tutte le casistiche descritte riguardano i licenziamenti attivati in aziende con più di 15 dipendenti.
Relativamente alle novità procedurali, “procedura preventiva di conciliazione” e “rito speciale per i licenziamenti”, la prima riguarda solo le aziende con più di 15 dipendenti.
Infine la “tassa sui licenziamenti” riguarda tutte le aziende a decorrere dal 1° gennaio 2013.
1) Reintegrazione Piena
è la conferma della previgente normativa nei casi più gravi come ad esempio i licenziamenti nulli perché discriminatori o per motivo illecito determinante o licenziamenti orali.
Vengono sanzionati analogamente a prima: risarcimento integrale dei periodi pregressi (compresi i contributi) , reintegrazione (indipendentemente dal numero di lavoratori occupati e possibilità per il dipendente di chiedere al datore di lavoro il pagamento di una somma, in sostituzione della reintegra, pari a 15 mensilità non soggette a contribuzione.
2) Reintegrazione attenuata
Opera nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa per insussistenza del fatto contestato.
Opera altresì perché il fatto contestato risultava punibile, in base alle disposizioni del CCNL, con sanzioni conservative.
Nel caso di licenziamento illegittimo ma irrogato per inidoneità fisica o psichica, in violazione della legge sui disabili ( L. 68/99), per superamento del periodo di comporto per malattia.
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo per manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento.
Per licenziamenti collettivi per violazione dei criteri di scelta.
Comporta l’annullamento del licenziamento da parte del giudice,
la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro (o indennità sostitutiva pari a 15 mensilità),
il pagamento di indennità risarcitoria (non superiore a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto),
il pagamento dei contributi per il periodo di illegittima estromissione.
3) Risarcimento pieno
Previsto per i casi di giusta causa o o giustificato motivo (sia oggettivo che soggettivo) che non rientrano tra quelli sopraindicati e nei casi di licenziamenti collettivi in caso di vizi di procedura.
In tali casi:
- dichiarazione giudiziale di risoluzione del rapporto di lavoro con effetto dalla data di licenziamento;
- pagamento a favore del lavoratore di un’ indennità risarcitoria onnicomprensiva tra un minimo di 12 ed un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
4) Risarcimento attenuato
Se comunicata dal datore di lavoratore entro tale termine, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza sanzioni e/o indennità e con diritto del lavoratore alle retribuzioni maturate ante – revoca.
Altre novità:
Procedura preventiva di Conciliazione
In tutti i casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la Riforma
dispone l’obbligo di fare precedere il licenziamento da una precisa procedura di Conciliazione (antecedente al licenziamento): ovvero la comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla DTL territorialmente competente (e per conocenza al lavoratore ) che dovrà contenere:
• l’intenzione di procedere al licenziamento del lavoratore con indicazione dei motivi oggettivi di licenziamento
• le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.
A questo punto la DTL trasmette una convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio massimo di 7 giorni dal ricevimento della comunicazione di cui sopra.
Ai fini della validità della convocazione, la comunicazione risulterà idonea in tutti i casi in cui vi sia prova dell’invio all’indirizzo del prestatore di lavoro così
come indicato sulla lettera di assunzione o a quello formalmente comunicato in un momento successivo al datore di lavoro o se consegnata nelle mani del lavoratore che ne sottoscrive una copia per ricevuta.
La procedura si deve esaurire entro 20 giorni dal momento in cui la DTL ha effettuato la convocazione delle parti.
Se la conciliazione avanti la Commissione di Conciliazione fallisce e/o decorso inutilmente il termine di cui sopra, il datore di lavoro può procedere al licenziamento del lavoratore con efficacia dal giorno della comunicazione alla DTL.
Se la conciliazione riesce ( e non vengono adottate misure alternative al licenziamento) e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI).
La Riforma prevede l’introduzione di una apposita disciplina processuale sommaria, al fine di ridurre i tempi del processo in materia di licenziamento (solo per i licenziamenti rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 18 L. 300/70).
Vengono eliminate tutte le formalità ritenute non essenziali al contraddittorio nonché previsti termini processuali brevi.
L’iter procedurale prevede l’instaurazione del giudizio su domanda di parte e per mezzo di ricorso che potrà concludersi nella prima fase (quella cd. della tutela urgente) con accoglimento o meno della domanda presentata (ordinanza immediatamente esecutiva).
L’ordinanza emessa dal giudice potrà essere revocata o sospesa in qualsiasi momento, fino alla pronuncia della sentenza che definisce il giudizio.
Questa normativa riguarda esclusivamente le controversie instaurate dopo il 18 luglio 2012.
Viene introdotta, a decorrere dal 1° gennaio 2013, una contribuzione da versare all’INPS ogni volta che qualsiasi azienda proceda ad un licenziamento (con esclusione delle aziende non artigiane di maggiori dimensioni soggette al contributo di ingresso alla mobilità).
Più precisamente la tassa dovrà essere versata all’INPS per tutti i casi di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato (incluso l’apprendistato), qualsiasi ne sia la motivazione ad esclusione delle dimissioni, e ad esclusione dei licenziamenti conseguenza del cambio di appalto o di chiusura del cantiere edile.
La quantificazione di tale contribuzione una tantum è calcolata in proporzione all’anzianità aziendale del dipendente nei tre anni precedenti ed applicando la percentuale variabile tra il 37,5 e il 18,75% sulla media mensile della retribuzione dallo stesso percepita negli ultimi due anni. L’entità di tale contribuzione è quindi variabile caso per caso. Per un dipendente con una retribuzione lorda mensile intorno ai 1800 euro, l’indennità da versare all’INPS può arrivare ad un massimo di circa 1500 euro.