Lavanderie e stirerie per utenza residenziale: nel Veneto gli scarichi reflui di tali attività, sono assimilati a quelli domestici, a condizione che vengano utilizzate lavatrici ad acqua con capacità complessiva massima di carico pari a 20 Kg

Con il piano regionale delle acque, la Regione del Veneto, ha da tempo stabilito, che i reflui scaricati dalle “lavanderie e stirerie che siano rivolte esclusivamente all’utenza residenziale e che utilizzino lavatrici ad acqua con capacità complessiva massima di carico pari a 20 kg” , sono sempre assimilati a quelli domestici. Di conseguenza non vi è un problema di rispetto dei limiti di scarico dei reflui. Gli aspetti che assolutamente vanno rispettati sono due:

1)      le lavanderie e le stirerie devono essere rivolte esclusivamente all’utenza residenziale;

2)      possono essere utilizzate lavatrici ad acqua con capacità complessiva massima di carico pari a 20 kg.

Se rispettati tali due aspetti gli scarichi reflui, sono sempre ammessi nei corpi ricettori, e non necessitano di particolari autorizzazioni.

Va evidenziato che, con il DPR 19/10/2011, n. 227 (semplificazione degli adempimenti amministrativi in materia ambientale), viene precisato che in assenza di specifica normativa regionale, sono considerate acque reflue assimilate alle domestiche, quelle che derivano da “Lavanderie e stirerie con impiego di lavatrici ad acqua analoghe a quelle di uso domestico e che effettivamente trattino non più di 100 kg di biancheria al giorno”.

Dalla data di approvazione del “Piano di tutela delle acque”, con deliberazione del Consiglio regionale n. 107 del 05/11/2009, la Regione Veneto si è dotata di una propria specifica normativa regionale sulle acque. In tale senso, come previsto dalla normativa statale sopra richiamata, le “lavanderie e stirerie che siano rivolte esclusivamente all’utenza residenziale e che utilizzino lavatrici ad acqua con capacità complessiva massima di carico pari a 20 kg” , sono sempre assimilati a quelli domestici.

Nel Piano regionale delle acque viene inoltre precisato all’articolo 21, comma 6, che “Per gli scarichi di acque reflue domestiche, provenienti da installazioni o edifici isolati non recapitanti in pubblica fognatura e per un numero di abitanti equivalenti inferiore a 50, l’autorizzazione allo scarico può essere compresa nel permesso di costruire. L’autorizzazione allo scarico ha validità di 4 anni e si intende tacitamente rinnovata se non intervengono variazioni significative della tipologia del sistema di trattamento e più in generale della caratteristiche dello scarico. L’autorizzazione dovrà essere rivista qualora le caratteristiche dello scarico dovessero cambiare dal punto”. Questa condizione deve necessariamente fare riferimento ai due aspetti sopra richiamati.

E’ evidente che, nella Regione del Veneto, per mestieri in questione, gli scarichi sono sempre ammessi nei corpi ricettori, senza necessità di autorizzazione alcuna (perché richiesta in fase di costruzione), sempre che si rispettino gli aspetti citati. Peraltro il tutto (in relazione alla non necessità dell’autorizzazione), si evince anche dall’articolo 107, comma 2, del decreto legislativo 152/2006, che riporta quanto segue: “Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito competente”.

La stessa posizione viene ribadita all’articolo 124, comma 4, del decreto legislativo n. 152/2006 che cita espressamente “… gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito”.

  • Data inserimento: 26.02.12