Diamo seguito alla descrizione delle novità introdotte dalla legge n.92 del 28 giugno 2012 di Riforma del Mercato del Lavoro, con riferimento agli articoli 2 e 3, che trattano la materia degli “ammortizzatori sociali”.
A tale proposito è opportuno fare il punto su quanto in materia è previsto dalle normative finora vigenti: quali strumenti sono attualmente utilizzati dalle aziende artigiane per affrontare la perdurante situazione di crisi.
Dalla fine del 2008 le difficoltà di mercato continuano ad interessare gran parte delle aziende artigiane ed anche per tutto il 2012 non vi è sentore di sostanziali cambiamenti.
In questi anni i periodi di mancanza di lavoro sono stati affrontati dalle imprese artigiane utilizzando due strumenti fondamentali: l’attivazione di accordi di “sospensione” e a seguire l’utilizzo della “Cassa Integrazione in deroga”. Entrambi gli strumenti consentono di ridurre in modo flessibile l’attività aziendale conservando nel contempo i posti di lavoro e le relative professionalità. Nel caso della “sospensione” l’intervento combinato dell’INPS e dell’Ente Bilaterale (Ebav o CEAV) garantisce ai dipendenti un sussidio giornaliero per le giornate non lavorate e non retribuite. Analoga garanzia è offerta dalla Cassa Integrazione in deroga.
I due strumenti trovano origine da specifiche normative, attivate di anno in anno, che vedono le Parti sociali, Confartigianato e Organizzazioni Sindacali regionali, interagire con l’intervento pubblico e la Regione nella realizzazione di interventi di sostegno all’occupazione e al reddito dei lavoratori, anche in deroga e ad integrazione delle normative generali vigenti in materia.
Nei casi nei quali sia oggettivamente impossibile mantenere gli assetti occupazionali aziendali, le aziende hanno dovuto procedere ad una riduzione di personale. Secondo le attuali normative una parte di questi dipendenti ha potuto usufruire per alcuni mesi di una indennità di disoccupazione ed i più fortunati hanno trovato nuova occupazione in aziende che per tali lavoratori hanno potuto fruire di specifici incentivi all’assunzione.
In questi anni quindi la maggioranza delle aziende artigiane venete in difficoltà ha utilizzato un mix di interventi di “sospensione” e cassa integrazione in deroga e di parziale riduzione del personale; quest’ultimo intervento attuato in modo di solito non traumatico, per lo più con la mancata sostituzione del personale che per varie ragioni, prima fra tutte il pensionamento, ha cessato il proprio rapporto di lavoro con l’azienda.
Riguardo a questa strumentazione di ammortizzatori sociali e modalità di riduzione del personale finora utilizzata, come interviene la nuova legge di riforma, in vigore dal 18 luglio 2012? La legge fissa una nuova regolamentazione della materia, con novità anche per le situazioni di crisi aziendale nelle imprese artigiane, fissando decorrenze diverse a seconda delle diverse disposizioni.
Alcune disposizioni vanno subito in vigore dal 18 luglio e riguardano le nuove procedure di conferma delle dimissioni presentate dai dipendente da tale data e, sempre da tale data, le nuove procedure di licenziamento di personale in esubero nelle aziende artigiane con più di 15 dipendenti. Alcune disposizioni decorrono da gennaio 2013, come l’indennità da versare all’INPS nel caso di licenziamento per “mancanza di lavoro” (vedi precedenti notizie).
Per le altre disposizioni la loro definitiva realizzazione avviene nell’arco dei prossimi quattro anni in modo graduale a partire dal 2013: è il caso della riformata impostazione degli ammortizzatori sociali: cassa integrazione, fondi di solidarietà e sussidi di disoccupazione.
A parte quindi l’obbligo di acquisire la conferma delle dimissioni e le particolari procedure introdotte in caso di licenziamento di personale in esubero nelle aziende con più di 15 dipendenti, non cambiano fino al 31 dicembre 2012 gli strumenti finora utilizzati dalle aziende artigiane per far fronte alle situazioni di crisi (sospensione, cassa in deroga e riduzione del personale nelle imprese fino a 15 dipendenti), e non cambiano le misure e le modalità relative ai sussidi di disoccupazione già in essere per i dipendenti che hanno perso il posto di lavoro.
Va sottolineato che la nuova legge non prevede sostanziali novità rispetto allo spostamento in avanti delle date di pensionamento di molti lavoratori, introdotto dalla precedente Riforma “Fornero” di fine 2011. La mancanza di correttivi a tale spostamento o di percorsi agevolati per il prepensionamento, oltre ad aver innescato il dramma dei lavoratori “esodati”, già oggi complica la vita delle aziende impedendo una riduzione di personale “morbida” tramite l’esodo del personale più anziano.
Quale sarà poi il quadro delle disposizioni che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2013?
Queste nuove disposizioni, per le quali è prevista una applicazione progressiva nell’arco di più anni a partire dal 2013, vanno viste in relazione agli obiettivi che la riforma si propone.
A grandi linee la riforma prevede a regime, nel 2016/17, tre strumenti: la cassa integrazione, il fondo di solidarietà e il sussidio di disoccupazione accompagnato da una parziale rivisitazione degli incentivi all’assunzione.
La cassa integrazione ordinaria (e parzialmente la CIG straordinaria) permane sostanzialmente con le attuali caratteristiche e continua ad essere destinata alle aziende che già oggi l’utilizzano. Nel comparto artigiano continua ad usufruirne solo il settore edile ed il settore lapideo (con lavorazioni in cava), confermata l’esclusione per tutte le altre aziende del comparto artigiano.
I Fondi di Solidarietà avranno il compito di intervenire con sussidi in favore dei lavoratori, sospesi per mancanza di lavoro, dipendenti da aziende con più di 15 dipendenti, escluse dall’ambito di applicazione della Cassa Integrazione.
La loro realizzazione dovrà avvenire entro gennaio 2013 con specifici Accordi tra Organizzazioni Imprenditoriali e Organizzazioni Sindacali, i quali potranno prevederne l’applicazione anche alle aziende sotto i 15 dipendenti. Potranno inoltre prevedere delle prestazioni aggiuntive: finanziamento di programmi formativi di riqualificazione professionale, tutele integrative ai sussidi di disoccupazione o indennità economiche ai lavoratori in caso di esodo anticipato rispetto al pensionamento. Le Parti sociali infine potranno disporre che a queste prestazioni aggiuntive possano partecipare anche aziende di settori già inclusi nell’ambito di applicazione della Cassa Integrazione.
A seguito di tali Accordi i Ministeri del lavoro e dell’Economia, con appositi decreti, procederanno all’istituzione del Fondo di Solidarietà presso l’INPS con apposita gestione. Nel decreto sarà anche definita la contribuzione per il finanziamento del Fondo, nella proporzione di 2/3 a carico del datore di lavoro e 1/3 a carico del lavoratore.
Per le imprese con più di 15 dipendenti, appartenenti a settori esclusi dall’ambito di applicazione della cassa integrazione e per i quali le parti sociali non raggiungano il previsto Accordo, il Ministero provvederà direttamente costituzione del Fondo di Solidarietà.
Sia che sia attivato tramite l’Accordo sindacale (Fondo di Solidarietà Bilaterale) sia che sia istituito in modo residuale direttamente dal Ministero (Fondo di Solidarietà residuale), lo scopo del Fondo è quello di fornire un minimo di sussidio ai lavoratori sospesi per mancanza di lavoro nei settori sprovvisti di cassa integrazione, perlomeno con riferimento alle realtà aziendali sopra i 15 dipendenti.
Quindi la nuova legge di riforma tramite una sostanziale conferma dell’ambito di applicazione della Cassa Integrazione e tramite la promozione dei Fondi di Solidarietà, realizza un allargamento della platea di lavoratori destinatari delle tutele connesse alle situazioni di crisi aziendale. Conseguentemente la nuova Legge non contemplava più la possibilità di attivare finanziamenti per la Cassa Integrazione in deroga (che in questi anni di crisi ha garantito la copertura dei settori, come l’artigianato, esclusi appunto dall’applicazione della cassa integrazione ordinaria).
Per il comparto artigiano questa prospettiva avrebbe stravolto già dal 2013 la consistente esperienza di questi anni attuata combinando le prestazioni degli Enti Bilaterali (Ebav) con il sussidio INPS per i lavoratori sospesi e, a seguire, la concessione della Cassa Integrazione in deroga. Su questa problematica la Confartigianato nazionale è intervenuta più volte segnalando alle forze politiche e ai tecnici del Governo la necessità e l’opportunità di salvaguardare tali esperienze.
Alla luce di questa esigenza il testo definitivo della Legge ha accolto alcune significative modifiche e specifiche, per consentire la gestione di un periodo di transizione verso il nuovo assetto degli ammortizzatori sociali.
La prima specifica riguarda la possibilità di finanziamento anche per il 2013 e fino al 2016 della Cassa Integrazione in Deroga. A tale scopo sono previsti stanziamenti annuali decrescenti nel quadriennio. Quindi anche per il prossimo anno a seguito di apposito dispositivo governativo di distribuzione del finanziamento alle Regioni e successivo Accordo Regionale tra le Parti sociali e la Regione, per le aziende artigiane venete potrebbe essere a disposizione questo strumento essenziale per affrontare il perdurare della crisi.
La seconda è la disposizione che permette di recuperare gran parte dell’esperienza degli Enti Bilaterali artigiani, ricostituiti come strumento alternativo al Fondo di Solidarietà.
Pertanto per le aziende artigiane viene introdotta la possibilità, alternativa alla costituzione di un Fondo di Solidarietà presso l’INPS, di proseguire l’esperienza dell’Ente Bilaterale (Ebav nel Veneto). Tale possibilità dovrà realizzarsi tramite un Accordo tra le parti istitutive, Confartigianato e Organizzazioni sindacali, finalizzato a ridefinire i criteri e i requisiti di gestione dell’Ente Bilaterale secondo le disposizioni della nuova legge, soprattutto sul versante delle prestazioni ai dipendenti in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa.
Inoltre per gli anni 2013, 2014 e 2015 viene reintrodotta la disposizione, simile a quella già prevista dalla legge 2 del 2009, per la quale ai lavoratori sospesi per crisi aziendali in aziende di settori aderenti ai Fondi di Solidarietà o agli Enti Bilaterali artigiani, è concesso, per un massimo di 90 giorni nel biennio, il “sussidio INPS per lavoratori sospesi”, a condizione intervenga contemporaneamente il Fondo o l’Ente Bilaterale con analogo sussidio.
In sostanza, perlomeno fino al 2015 le aziende artigiane potrebbero utilizzare una strumentazione molto simile all’attuale per affrontare i periodi di mancanza di lavoro. Resta comunque sullo sfondo il problema dei tempi ristretti a disposizione per realizzare tutti i passaggi, non solo formali, necessari affinché i vari soggetti, Parti sociali ed Istituzioni, riescano ad approntare entro fine anno sia la riattivazione della Cassa Integrazione in deroga, sia l’adeguamento dei criteri di gestione degli Enti Bilaterali, sia la combinazione delle relative prestazioni con quelle in capo all’INPS. Il tutto confidando in una realizzazione rapida degli stanziamenti finanziari relativi alle diverse partite e competenze.
Il nuovo sussidio di disoccupazione, denominato ASpI (Assicurazione Sociale per l’Impiego), entra in vigore dal 1° gennaio 2013 in sostituzione dell’attuale indennità di Disoccupazione Ordinaria (DSO) e di altre similari.
Nel 2013 la durata dell’ASpI è pari quella attualmente garantita dalla DSO ma la platea di lavoratori si amplia comprendendo anche gli apprendisti e i soci lavoratori delle aziende cooperative (e alcune figure del settore agricolo e del settore pubblico e dello spettacolo).
Per quanto riguarda la misura del sussidio mensile, viene mantenuto anche per l’ASpI il massimale lordo mensile ma portato per tutti a quello massimo previsto per la DSO, attualmente 1119.32 euro, e viene eliminata la trattenuta contributiva del 5,84% attualmente applicata sugli importi della DSO.
I requisiti per l’accesso all’ASpI sono gli stessi della DSO: stato di disoccupazione involontaria, una posizione assicurativa INPS da almeno due anni e almeno 52 settimane di contribuzione nell’ultimo biennio.
Dal 2014 la durata della nuova prestazione andrà progressivamente crescendo per arrivare a regime nel 2016: 12 mesi di sussidio per i disoccupati sotto i 55 anni, 18 per quelli con 55 anni, contro l’attuale durata di 8 mesi, incrementata a 12 per i cinquantenni, prevista per la DSO.
Un anno dopo, con il 2017, l’ASpI sostituisce definitivamente anche l’Indennità di Mobilità, le cui prestazioni si riducono progressivamente tra il 2013 e il 2016. Pertanto dal 2017 l’ASpI allarga definitivamente la sua platea di destinatari a tutti i lavoratori del settore privato, eliminando definitivamente la differenza di trattamento a favore del lavoratore licenziato da aziende di maggiore dimensione.
Per i disoccupati privi dei requisiti di cui sopra ma che possono far valere negli ultimi 12 mesi almeno 13 settimane di contribuzione INPS come lavoratori dipendenti possono percepire l’ASpI per un periodo ridotto a metà delle settimane che risultano contribuite nei 12 mesi precedenti (cosiddetta Mini ASpI, che va a sostituire la DSO a requisiti ridotti).
Per il finanziamento dell’ASpI concorre l’aliquota del 1,31% già compresa nella contribuzione attualmente da versare all’INPS per impiegati e operai. Da gennaio 2013 tale aliquota dell’1,31% dovrà essere versata anche per gli apprendisti. Inoltre da gennaio 2013 concorreranno al finanziamento dell’ASpI anche il contributo addizionale del 1,4% previsto sui contratti a termine e il contributo una tantum da versare all’INPS in caso di cessazione di rapporti di lavoro non dovuta a dimissioni (vedi precedenti notizie).
In conclusione la nuova legge di riforma, perlomeno nel periodo transitorio 2013 – 2016, propone vari strumenti utilizzabili per affrontare le crisi aziendali, con l’intento di allargare le relative tutele a tutte le realtà aziendali e a tutti i loro lavoratori, sia che siano ancora in forza all’azienda sia che l’azienda abbia dovuto procedere al loro licenziamento.
In realtà molte disposizioni necessitano di ulteriori interventi e continuano a restare fuori da questo disegno i lavoratori, soprattutto giovani, che in questi anni hanno avuto rapporti di lavoro precari, i disoccupati di lunga durata, i cosiddetti “esodati” delle piccole imprese ma anche i dipendenti che, per vari motivi, malattia, periodi di sospensione o comunque periodi di non lavoro, hanno una carriera lavorativa non continuativa.
La mancanza inoltre di un intervento sistematico sulle agevolazioni all’assunzione, delle quali perdura una normativa diversificata e complessa, e la mancanza di veri interventi per facilitare il ricambio generazionale nelle aziende, non depongono ancora a favore dell’intento di avviare una completa e innovativa gestione del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita.