Una Società di produzione di membrane e miscele bituminose impermeabilizzati ed isolanti, aveva presentato alla Provincia di Venezia una domanda per l’installazione di una nuova linea di produzione, da aggiungere alle due già esistenti.
Trattandosi di una modifica sostanziale, in quanto idonea a comportare variazioni qualitative o quantitative alle emissioni inquinanti, necessitava dell'autorizzazione provinciale per le emissioni in atmosfera ai sensi del Dpr 24 maggio 1998, n. 203.
L’autorizzazione era stata successivamente concessa con la prescrizione che la produzione potesse avvenire con il funzionamento contemporaneo di sole due linee di produzione sulle tre autorizzate, e subordinando l'utilizzo di tutte e tre le linee alla presentazione, entro novanta giorni, di un progetto per un adeguato sistema di abbattimento degli odori generati dal ciclo produttivo.
Nel passato si erano già manifestate delle difficoltà di trattamento dei fumi a causa della vasta gamma di sostanze odorigene emesse nel corso del ciclo produttivo (idrocarburi paraffinici, benzene, tiluene, xilene, mercaptani, solfuri organici, alogenuri alchilici e acrilici, composti eterociclici, fenoli e creosoli) nonostante lo stabilimento avesse adottato un sistema di abbattimento degli inquinanti che nel corso del tempo aveva subito successive migliorie. La cittadinanza, infatti, aveva presentato molteplici segnalazioni, che lamentavano la presenza di odore bituminoso dall'impianto. Tali odori avevano determinato malesseri (mal di testa, mal di gola, bruciore alle narici, difficoltà respiratorie e senso di nausea) alla popolazione, al personale e agli studenti della vicina scuola media "(omissis)".
Il Comune di Ceggia aveva espresso parere non favorevole all’installazione della terza linea affermando la disponibilità a rivalutare la propria posizione solo a seguito di nuovi interventi o miglioramenti sui sistemi di abbattimento esistenti, mentre la Provincia aveva autorizzato la realizzazione della terza linea di produzione, prescrivendo il funzionamento alternativo delle linee in modo che al massimo ne fossero in esercizio contemporaneo solo due, e subordinando l'utilizzo di tutte e tre le linee alla presentazione, entro novanta giorni, di un progetto per il trattamento degli effluenti gassosi provenienti dalla fase di miscelazione e preparazione mescole e sfiati serbatoi di bitume, mediante termo combustione ad elevata temperatura e la cui relazione, approvata dalla commissione tecnica provinciale, avrebbe comportato la sostituzione dell'autorizzazione, con l'ulteriore precisazione che ogni variazione dell'assetto produttivo comportante l'attivazione di una linea al posto di un'altra avrebbe dovuto essere preventivamente comunicato.
Tale provvedimento della Provincia, veniva impugnato dalla Società, con domanda di risarcimento dei danni subiti, lamentando, tra l’altro, l’assenza di una normativa riguardante la misurazione e la limitazione delle sostanze odorigene. Uno studio della Società ricorrente aveva affermato la compatibilità con gli standard di qualità dell'aria dell'impatto al suolo delle sostanze odorigene e dei composti organici volatili dopo l'installazione della terza linea; inoltre la limitazione della capacità produttiva non era giustificata neppure dalla presenza dei limiti quantitativi ai flussi di massa delle emissioni previsti dall'autorizzazione, dato che era prevedibile che l'utilizzo contemporaneo delle tre linee comportasse emissioni al di sotto di tali valori.
Il Tar del Vento ha respinto il ricorso con sentenza n. 573 del 5 maggio 2014.
Secondo il Tribunale amministrativo regionale la limitazione imposta all’attività produttiva non si fondava sul superamento dei limiti quantitativi delle emissioni ma sulla presenza di gravi problematiche di carattere olfattivo. Se è vero che per le emissioni odorigene, in base alla normativa nazionale vigente, non è prevista la fissazione di limiti di emissione né di metodi o di parametri idonei a misurarne la portata, tuttavia ciò non significa che in sede di rilascio delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera non possano essere oggetto di considerazione i profili attinenti alle molestie olfattive al fine di prevenire e contenere i pregiudizi causati dalle stesse.
Inoltre, sempre secondo il Tar, l’art. 268, comma 1, del D.Lgs. 152 del 2006 fa proprio un concetto ampio di inquinamento atmosferico che è definito come "ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente", e alla lettera b), definisce come emissione in atmosfera "qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di cui all'articolo 275, qualsiasi scarico, diretto o indiretto, di Cov nell'ambiente".
Pertanto, anche se non è rinvenibile un riferimento espresso alle emissioni odorigene, le stesse debbono ritenersi ricomprese nella definizione di "inquinamento atmosferico" e di "emissioni in atmosfera", in quanto la molestia olfattiva intollerabile è sia un possibile fattore di "pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente", che di compromissione degli "altri usi legittimi dell'ambiente", ed in sede di rilascio dell'autorizzazione, dovendo essere verificato il rispetto delle condizioni volte a minimizzare l'inquinamento atmosferico, possono pertanto essere oggetto di valutazione anche i profili che arrecano molestie olfattive facendo riferimento alle migliori tecniche disponibili. Nel caso all'esame l'Amministrazione aveva preso atto dei consistenti elementi offerti dal Comune, dalla scuola media "(omissis)", dalla cittadinanza e dalla polizia locale circa l'esistenza di numerose situazioni di disagio determinate dalle emissioni odorigene degli impianti già nella situazione preesistente. Tutti questi elementi erano sufficienti a dimostrarne il carattere molesto e potenzialmente pericoloso delle emissioni odorigene.
In tale contesto con il provvedimento impugnato la Provincia non aveva definitivamente vietato l'esercizio contemporaneo delle tre linee, ma disposto il temporaneo esercizio di due sole di esse fino all'entrata a regime del progetto per un nuovo impianto di abbattimento delle emissioni che avrebbe dovuto essere presentato dalla Società ricorrente dopo tre mesi dal rilascio dell'autorizzazione, ma che la Società non aveva, di fatto, realizzato. In conclusione, secondo il Tar, vi è un fondamento normativo che giustifica l'imposizione di limitazioni o prescrizioni relative alle emissioni finalizzate alla prevenzione o al contenimento delle molestie olfattive tenendo conto della migliore tecnologia disponibile che non comporti costi eccessivi. Pertanto, nel caso specifico, la prescrizione di mettere in esercizio contemporaneamente solo due delle tre linee fino alla messa in opera di un adeguato sistema di abbattimento degli odori generati dal ciclo produttivo, avendo carattere temporaneo ed essendo in concreto esigibile dalla Società ricorrente, non viola il principio di proporzionalità e pertanto è legittima.
In conclusione, alla luce della sentenza, si può affermare che , seppure in assenza di una specifica normativa, anche le emissioni odorigene possono essere oggetto di valutazione, secondo le migliori tecniche disponibili, in sede di rilascio di autorizzazione alle emissioni in atmosfera per attività produttive.
Informazioni possono essere chieste alla dott.ssa Alessandra Cargiolli del settore ambiente di Confartigianato Vicenza (tel. 0444 168357.)