Sfalci e potature: l’autosmaltimento effettuato tramite combustione rimane reato

Autosmaltire senza autorizzazione rifiuti vegetali tramite abbrucciamento continua ad avere rilevanza penale anche a seguito delle modifiche legislative in materia di combustione illecita dei rifiuti (articolo 256-bis del decreto legislativo n. 152/2006)

La Corte di Cassazione con la sentenza 01/04/2014, n. 34098, ha “cassato” la sentenza di merito che aveva assolto dal reato di gestione illecita di rifiuti un soggetto che aveva  bruciato quantitativi importanti di vegetali. La Corte evidenzia nella sua sentenza che sfalci e potature si configurano come rifiuti, quando il produttore se ne disfi e il fatto che provengano da attività agricola non incide sulla loro natura di rifiuto ma solo sulla classificazione. Sostanzialmente, bruciare senza autorizzazione tali rifiuti conferma la rilevanza penale anche dopo le più recenti modifiche normative.

Il caso di specie tratta di uno smaltimento, mediante incenerimento a terra, di scarti vegetali. La sentenza della Cassazione effettua una puntuale disamina della normativa in materia di rifiuti vegetali. In particolare, osserva, che l’illecito amministrativo di cui all’articolo 256-bis, comma 6, del decreto legislativo n. 152/2006, che richiama l’articolo 255 (abbandono di rifiuti), ha per oggetto i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali di cui all’articolo 184, lett. e), e non dunque la paglia, gli sfalci, le potature e il materiale agricolo o forestale non pericoloso di cui all’articolo 185, comma 1, lett. f).

Per qualificare l’illecito, di deve però avere rifiuti vegetali abbandonati o depositati in modo incontrollato, non anche raccolti e trasportati dallo stesso autore della combustione, in quanto in tale caso, la condotta ricadrebbe nelle previsione di cui al comma 2, dell’articolo 256-bis, ne consegue quindi che la condotta tenuta per l’ autosmaltimento mediante combustione illecita dei rifiuti continua ad avere una rilevanza penale.

 

Decreto legislativo n. 03/04/2006, n. 152 – articolo 256-bis – Combustione illecita di rifiuti

  1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonato ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica.
  2. Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all’articolo 255, comma 1, e le condotte di reato di cui agli articoli 256 (abbandono di rifiuti) e 259 (traffico illecito di rifiuti) in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti.
  3. La pena è aumentata di un terzo se il delitto di cui al comma 1 è commesso nell’ambito dell’attività di un’impresa o comunque di un’attività organizzata. Il titolare dell’impresa o il responsabile dell’attività comunque organizzata è responsabile anche sotto l’autonomo profilo dell’omessa vigilanza sull’operato degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all’impresa o all’attività stessa; ai predetti titolari d’impresa o responsabili dell’attività si applicano altresì le sanzioni previste dall’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
  4. La pena è aumentata di un terzo se il fatto di cui al comma 1 è commesso in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
  5. I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di cui al comma 1 del presente articolo, inceneriti in aree o impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell’articolo 259, comma 2, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del presente articolo e che non si configuri concorso di persona nella commissione del reato. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell’area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell’autore o del concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.
  6. Si applicano le sanzioni di cui all’articolo 255 se le condotte di cui al comma 1 hanno oggetto i rifiuti di cui all’articolo 184, comma 2, lettera e). Fermo restando quanto previsto dall’articolo 182, comma 6-bis, le disposizioni del presente articolo non si applicano all’abbrucciamento del materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o provato.