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ambiente

82 Decreto legislativo 231/2001: i modelli

organizzativi.

In relazione al decreto legislativo 231/2001 riguar-dante la responsabilità amministrativa da reato, uno degli elementi fondamentali per la difesa dell’ente/im-presa è l’adozione e l’effcace attuazione di modelli or-ganizzativi. Le norme di riferimento che disciplinano il modello organizzativo sono gli artt. 6 e 7 del d. lgs. n. 231/2001.

In particolare l’art. 6, comma 2, lett. a, b, c, d, e, indivi-dua il contenuto minimo inderogabile del modello or-ganizzativo e cioè:

a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;

b)prevedere specifci protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;

c) individuare modalità di gestione delle risorse fnan-ziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; d)prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamen-to e l’osservanza dei modelli;

e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzio-nare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

Per quanto riguarda l’effcace attuazione del modello, l’art 7, comma 4, richiede:

a) una verifca periodica e l’eventuale modifca dello stesso quando sono scoperte signifcative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mu-tamenti nell’organizzazione o nell’attività;

b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il man-cato rispetto delle misure indicate nel modello. Possiamo già trarre alcune conclusioni da queste indi-cazioni.

In primo luogo, un modello standard valido per tutte le realtà aziendali o per singoli settori non è accettabile. In questo senso appare chiara la disposizione dell’art 7, comma 3, che espressamente stabilisce: “ il model-lo prevede in relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione nonché al tipo di attività svolta, mi-sure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempesti-vamente situazioni di rischio.”

Vale la pena di evidenziare che l’art. 6, comma 3, preve-de la possibilità di adottare modelli organizzativi sulla base di codici di comportamento redatti dalle associa-zioni rappresentative degli enti la cui idoneità deve es-sere valutata dal Ministero della Giustizia, ma tale vali-dazione, anche se rappresenta un’autorevole opinione, non garantisce l’esclusione di responsabilità per l’ente/ impresa in quanto non vincola la valutazione del giu-dice.

Come ripetuto più volte dalla giurisprudenza, il model-lo deve essere “confezionato su misura” tenendo conto della singola realtà aziendale e delle sue specifche ca-ratteristiche.

Inoltre il modello non è statico ma dinamico, cioè de-ve evolvere nel tempo tenendo conto dei mutamenti strutturali, organizzativi o produttivi e deve essere sot-toposto a verifca periodica.

Infne, perché svolga pienamente la sua effcacia, il mo-dello organizzativo va adottato preventivamente cioè prima della commissione del reato.

Non appare chiaro, invece, se la normativa preveda due tipologie di modelli organizzativi a seconda del fatto che il reato- presupposto sia commesso dai soggetti in posizione apicale o dai sottoposti, in quanto ad una prima lettura gli articoli 6 e 7 del decreto legislativo, sembrano individuare due distinti modelli.

In proposito autorevoli opinioni (vedi Circolare della Guardia di Finanza n. 83607/2012) ritengono che, sul-la base di un’interpretazione unitaria delle due norme citate, il modello di cui deve dotarsi l’ente/impresa sia unico e costruito in modo da soddisfare contemporane-amente le esigenze indicate da entrambi gli articoli.

Il Modello Organizzativo è obbligatorio?

La normativa non impone il modello come obbligato-rio e la sua compilazione appare un onere per l’ente/ impresa che dalla predisposizione dello stesso trae benefcio, un onere dunque che l’azienda ha interesse ad assolvere per prevenire e annullare gli effetti della commissione di reati da parte di soggetti che operano nel contesto aziendale.

La mancata predisposizione del modello, infatti, espo-ne l’azienda al rischio di subire le pesanti sanzioni espressamente previste dalla legge.

In realtà l’adozione del modello appare sempre più una necessità per le imprese che vogliono difendersi, sen-za tener conto del fatto che alcune regioni richiedono l’adeguamento al d.lgs. n. 231/2001 quale condizio-ne essenziale per addivenire alla contrattazione con le stesse o per operare in regime di convenzione; inol-tre la giurisprudenza ritiene che la mancata realizza-zione di un idoneo modello organizzativo determini la responsabilità civile degli amministratori nei confronti della società per inadeguata attività amministrativa.

Quando un modello può essere considerato effcace?

Per considerarlo tale deve essere adottato prima della commissione del fatto-reato e, sulla base di una valuta-zione ex ante, deve considerarsi adeguato a evitare gli illeciti, oggetto di specifca prevenzione.

Non va dimenticato che, in sede di giudizio, l’azienda avrà di fronte un giudice che dovrà valutare l’idoneità del modello e la sua effcace attuazione.

E’ innegabile che le piccole imprese possano trovarsi in diffcoltà nella predisposizione di un modello il cui contenuto e la cui disciplina sono specifcati da poche indicazioni legislative e la cui costruzione richiede, co-me vedremo, specifche conoscenze in materia tecnica e giuridica.

D’altro canto appare inevitabile il rischio che, la costru-zione del modello organizzativo, venga percepita dal-le aziende semplicemente come un ulteriore adempi-mento burocratico.

Quanto sopra esposto evidenzia che il non dotarsi di uno specifco modello organizzativo, può comportare pesanti sanzioni anche a carico dell’impresa, nel caso dei reati individuati dalla normativa, come alcuni ri-guardanti la materia ambientale e la sicurezza sul la-voro.

Informazioni possono essere richieste all’area tecnica della Confartigianato di Vicenza (tel. 0444 168357 – Alessandra Cargiolli).

Per approfondimenti consultare i fle:

- La responsabilità amministrativa delle imprese. I reati presupposto in materia ambientale

- Responsabilità amministrativa delle imprese. Il decre-to legislativo 231/01. Riguarda anche alcuni reati am-

2 InformaImpresa Venerdì 14 dicembre 2012

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