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bientali e sulla sicurezza nel lavoro

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ambiente

83 Decreto legislativo 231/2001: l’Organismo di

Vigilanza.

In relazione al decreto legislativo 231/2001, riguar-dante la responsabilità amministrativa da reato, per la difesa dell’ente/impresa oltre al modello organizzativo, occorre anche procedere alla costituzione dell’organi-smo di vigilanza (ODV) e all’introduzione di un siste-ma disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

Il d.lgs. n. 231/2001 non dà alcuna indicazione sulla struttura e sulla composizione dell’organismo di vigi-lanza salvo stabilire che deve essere “dotato di autono-mi poteri d’iniziativa e controllo”, che deve “vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli” e curarne il loro aggiornamento.

La normativa stabilisce che si tratta di un “organismo dell’ente”: tale espressione fa pensare a un organo in-terno all’ente/impresa necessariamente dotato di auto-nomia e indipendenza (vedi la Circolare n. 83607/2012 della Guardia di Finanza).

Anche la Relazione Ministeriale che accompagna il d.lgs. 231/2011 individua l’ODV in una struttura do-tata di poteri autonomi e che deve essere costituita all’interno dell’ente per “evitare facili manovre volte a precostituire una patente di legittimità all’operato del-la societas attraverso il ricorso ad organismi compia-centi”. L’ODV è destinatario di “obblighi di informazione” o fussi informativi che devono essere previsti nel mo-dello organizzativo quale strumento per agevolare l’at-tività di vigilanza sull’effcacia del modello stesso. Ragionevolmente si può ritenere che la competenza a nominare l’organismo di vigilanza spetti al vertice dell’ente/impresa cui l’ODV avrà l’obbligo di riportare l’attività svolta e segnalare tempestivamente eventuali irregolarità, criticità o situazioni di rischio.

Non dimentichiamo che la funzione dell’ODV è la sor-veglianza, esso non ha compiti operativi, che spettano alla dirigenza, e pertanto non può sostituirsi al vertice per eventuali interventi correttivi.

Per le imprese di piccole dimensioni, i compiti dell’or-ganismo di vigilanza possono (si tratta di una facoltà) essere svolti direttamente dall’organo dirigente (art. 6, comma 4, d.lgs. 231/2001). Se l’organo dirigente deci-de di usufruire di questa possibilità è senz’altro consi-gliabile che lo stesso si avvalga di professionisti ester-ni cui affdare il compito di compiere periodiche verif-che sul rispetto e l’effcacia del modello proprio per le competenze tecniche estremamente specifche richie-ste a tale scopo.

Cosa s’intende per ente/imprese di piccole dimensioni?

Ancora una volta la normativa non ci aiuta in quanto non riporta una defnizione di “ente/imprese di piccole dimensioni”. Secondo un’interpretazione diffusa que-sta espressione fa riferimento a enti caratterizzati da un impianto verticistico, in cui “non vi sia un’articolazio-ne interna basata su una pluralità di centri decisionali”. La Circolare della Guardia di Finanza n. 83607/2012 preferisce ricorrere alla defnizione comunitaria di cui alla raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE, ratifcata con D.M. 18.04.2005, il cui art.

2, comma 2, prevede quali appartenenti a tale catego-ria quegli enti che presentano contemporaneamente le seguenti condizioni:

- un numero di occupati non superiore alle 49 unità, intendendo per tali (…) i dipendenti dell’impresa a tempo determinato o indeterminato, iscritti nel libro matricola dell’impresa e legati all’impresa da forme contrattuali che prevedono il vincolo di dipendenza, fatta eccezione di quelli posti in cassa integrazione straordinaria;

- un totale di bilancio annuo o un fatturato annuo, quali risultanti dall’ultimo esercizio contabile chiuso ed approvato, non superiore ai 10 milioni di euro. Per quanto riguarda la struttura si ritiene che l’ODV possa essere anche a composizione monocratica (per esempio un professionista esterno) ma per le realtà medio grandi sia la giurisprudenza sia la dottrina riten-gono necessaria la composizione collegiale e “un’esclu-sività di azione ovverosia un impegno esclusivo sull’at-tività di vigilanza relativa alla concreta attuazione del modello”.

Per le imprese di piccole dimensioni in cui tale funzio-ne non è svolta dall’organo dirigente (facoltà prevista dall’art. 6, comma 4 del d.lgs. 231/2001), la composi-zione monocratica potrebbe essere suffciente. In ogni caso è utile rifettere sul fatto che la composi-zione collegiale garantisce maggiore indipendenza. Poiché l’ODV è “un organismo dell’ente”, i suoi compo-nenti devono essere scelti necessariamente all’interno dell’ente/impresa?

Se consideriamo i caratteri di autonomia e d’indipen-denza che l’ODV deve avere, è evidente che non pos-sono essere inseriti al suo interno soggetti che sono a rischio di commettere i reati presupposto. Secondo au-torevoli opinioni, la soluzione più equilibrata è la com-posizione mista caratterizzata dalla presenza di alcuni soggetti interni all’ente/impresa, in grado di apportare una conoscenza diretta della realtà aziendale, e sog-getti esterni dotati di specifche competenze professio-nali, tecniche, giuridiche etc.

Perché l’ODV possa esercitare effcacemente i suoi com-piti ne deve essere garantita l’autonomia, in particolare nei confronti dell’organo dirigente in quanto l’attività di controllo si svolge anche nei confronti dei sogget-ti apicali, l’indipendenza e la professionalità. Inoltre la giurisprudenza di merito si è pronunciata nel senso che i componenti dell’organismo di vigilanza devono esse-re soggetti senza compiti operativi.

L’assenza di mansioni operative garantisce l’autonomia dell’ODV in quanto, in caso contrario, la partecipazio-ne alle decisioni dell’ente potrebbe compromettere la necessaria “serenità di giudizio al momento delle veri-fche”. Inizialmente la giurisprudenza riteneva auspica-bile che l’ODV fosse formato da “soggetti non apparte-nenti agli organi sociali da individuare eventualmente ma non necessariamente, anche in collaboratori esterni forniti della necessaria professionalità ”.

A seguito dell’entrata in vigore della legge 12 novem-bre 2011, n. 183 (nota come legge di stabilità 2012), è stato stabilito che nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzio-ni dell’organismo di vigilanza. Probabilmente lo spiri-to della norma è di evitare ulteriori costi e l’eccessivo appesantimento dovuto alla duplicazione di organi di controllo.

Per sintetizzare il compito dell’organismo di vigilanza

InformaImpresa 3 Venerdì 14 dicembre 2012

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