La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6885 del 2017, ha rigettato il ricorso proposto da un medico del lavoro, avverso la sentenza del Tribunale di Trapani che lo ha condannato, quale “medico competente” - per le visite mediche effettuate ai lavoratori esposti a determinati rischi professionali (il caso riguarda due operai edili).
Il tribunale ha affermato che la visita medica non può basarsi soltanto sul dato anamnestico, che potrebbe essere falsato da una sottovalutazione o ignoranza da parte del lavoratore, né può accontentarsi di prescrivere esami clinici, emettendo al contempo un giudizio di piena idoneità, senza attendere l'esito dell'accertamento diagnostico-strumentale, che, per entrambi i lavoratori, non era stato richiesto fin dalla visita preventiva, ma solo in una delle visite periodiche successive. E ciò nondimeno, il ricorrente emise il giudizio di idoneità sia in esito alla visita preventiva che in esito alla successiva visita di controllo, senza prima acquisire ed esaminare il referto audiometrico, particolarmente importante per via delle mansioni esercitate dai lavoratori, esposti al rumore, e ciò a dimostrazione di un modus procedendi superficiale e poco rispettoso dei protocolli sanitari.
Nella sostanza il tribunale ha condannato (sanzione di 800 euro) il medico del lavoro che non aveva attuato un protocollo sanitario definito in funzione dei rischi specifici, considerato che, dall'esame delle cartelle sanitarie e di rischio dei suddetti lavoratori, si evinceva che gli stessi risultavano esposti a rischio MMC (movimentazione manuale dei carichi) e rumore.
Sulla base della normativa di cui al d.lgs. n. 81 del 2008, il medico competente programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'art. 41 attraverso protocolli sanitari definiti in ragione ai rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati, sicché i protocolli sanitari, in tema di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, non escludono che il medico aziendale possa prescrivere accertamenti più approfonditi di quelli necessari che, in quanto prescritti dalla buona arte medica, sono perciò contemplati in linee guida o protocolli accreditati dalla comunità scientifica; ma proprio per questo motivo il medico competente non può esimersi dal prescrivere e quindi deve prescrivere quelli minimi richiesti per un'efficace prevenzione che, con accertamento di fatto, adeguatamente e logicamente motivato, il Tribunale ha escluso sia stata assicurata e ciò per la fondamentale ragione che non era stato attuato nei confronti dei lavoratori il protocollo sanitario correlato ai rischi specifici cui essi erano oggettivamente esposti in considerazione delle mansioni in concreto esercitate.
In allegato la sentenza della Corte di Cassazione 14/02/2017, n. 6885.