Il caso riguarda un coniuge e un figlio avrebbero alimentato l'attività d'impresa familiare con il rilascio sistematico di fideiussioni, garanzie ipotecarie, finanziamenti e con l'incasso di assegni e l'utilizzo di altre forme di liquidità d'impresa.
Al riguardo si è espressa definitivamente la Cassazione civile Sez. I (sentenza 28.10.2019, n. 27541), secondo cui tali atti, "se non sono di per sé idonei ad evidenziare il rapporto sociale, (...) specie se giustificabili in relazione a vincoli di coniugio o parentela", tuttavia, qualora si mostrino come attività sistematiche (cfr. Sez. 1, sentenza n. 3271/2007), frutto di una "costante opera di sostegno dell'attività dell'impresa", possono portare alla ragionevole conclusione che tra i componenti del nucleo familiare si sia attuata una chiara "collaborazione dei familiari al raggiungimento degli scopi sociali", così integrandosi in via tacita un contratto sociale tra di loro, non necessariamente frutto di uguali posizioni nell'ambito dell'organizzazione societaria, quale si è, secondo l'ipotesi, effettivamente organizzata.
Già da tempo la medesima Corte di Cassazione, richiamata nella sentenza in esame, (Sez. 1, sentenza n. 84/1991) ha chiarito, in piena concordanza con i richiamati principi di diritto, che l'esistenza del contratto sociale, anche ai fini della dichiarazione di fallimento del socio illimitatamente responsabile, può risultare, oltre che da prove dirette, anche da manifestazioni esteriori, rivelatrici delle componenti del rapporto societario, tra le quali particolare significatività può riconoscersi ai rapporti di finanziamento e di garanzia che, se costituiti sistematicamente e con esclusione del diritto di regresso del garante, sostanzialmente si risolvono in uno strumento di apporto di capitale alla società.
L’importanza, quindi, della sentenza è nel caso affrontato, cioè nella verifica della rilevanza probatoria dell’apporto sistematico dei familiari nell’attività di impresa, senza nemmeno richiedere il rimborso dei finanziamenti. La giurisprudenza di legittimità ha attenuato la rilevanza della prova di un rapporto societario qualora le manifestazioni esteriori di possibile attività societaria siano ricollegabili a componenti stretti della famiglia. In tale ipotesi l’affectio del famigliare giustifica alcuni comportamenti, che altrimenti sarebbero sicuramente rilevatori di una società di fatto. Naturalmente, come nel caso esaminato, se vi sono comportamenti sistematici, è sintomatico che l’apporto non viene fornito per un aiuto familiare, ma per una partecipazione di fatto nell’impresa. Ne consegue che la concessione di fideiussioni, garanzie ipotecarie, finanziamenti, incassi di assegni, utilizzo di liquidità dell’impresa, se non casuali, ma sistematici, indicano una partecipazione societaria, che consente l’estensione del fallimento al familiare autore di tali significativi comportamenti. Il familiare deve essere, in conclusione, molto cauto nel venire incontro alle richieste che molte volte formulano le banche a garanzia dei loro rapporti contrattuali con le imprese: spesso chiedono la firma dei familiari dell’imprenditore per cumulare più garanzie personali e reali a supporto dei contratti bancari stipulati dall'impresa. Si rischia di cadere, però, in guai seri con richiesta del curatore di estensione del fallimento, che naturalmente ha interesse ad aumentare la massa attiva.