Nei mesi scorsi, la Cassazione è intervenuta con 3 sentenze tutte a sfavore dell’Inps (si auspica quindi che l’Inps cambi orientamento in merito) sul tema dei contributi previdenziali dei soci non lavoranti di società di capitali.
Le sentenze in questione sono le seguenti:
Tutte le pronunce della Cassazione hanno ad oggetto i contributi previdenziali che l’Inps richiederebbe al socio di Srl anche senza che apporti la propria attività lavorativa nella società di capitali, essendo socio di capitale.
Dal 1993 l’Inps sostiene che l’ammontare del contributo previdenziale annuo dovuto è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini Irpef per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono; in opposizione alla disposizione precedente che richiedeva che tale ammontare fosse da calcolare sul reddito annuo dichiarato ai fini Irpef derivante dalla attività d’impresa che dà titolo all’iscrizione alla gestione. L’Inps riportando questa distinzione avrebbe voluto addurre che si è inteso far rientrare la totalità dei redditi d’impresa (sentenza n. 21540); inoltre, sosteneva che i redditi derivanti da capitale e i dividendi costituissero reddito a disposizione del lavoratore che ne migliorano il tenore di vita e che saranno utili per il miglioramento della prestazione pensionistica (sentenza n. 23790). Queste motivazioni sono state cassate in quanto infondate.
La Cassazione rigetta i ricorsi dell’Inps poiché la normativa previdenziale individua come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale. Secondo il Tuir, infatti, gli eventuali utili derivanti dalla partecipazione in Srl (eventuali, poiché se la società non produce né distribuisce utili, non si avrebbe alcun reddito), senza prestazione di lavoro, sono redditi di capitale e non d’impresa, dunque da non ricomprendere nella base imponibile previdenziale.
La tutela previdenziale spetta ai soci lavoratori e non ai soci di capitale. Pertanto, nel caso del socio che:
tale socio sarà soggetto a contribuzione previdenziale solo sui redditi della ALFA Srl.
In pratica, l’obbligo contributivo e assicurativo scaturisce esclusivamente se il socio partecipa al lavoro dell’azienda con carattere di abitualità e prevalenza (sentenza n. 23790).
Ne consegue che non è da sommare all’imponibile previdenziale il cosiddetto reddito astratto derivante dalla partecipazione nella Srl nella quale il socio non apporta attività lavorativa.
Questione differente è quella della partecipazione in società di persone o in società di capitali in trasparenza.
In questa situazione, il reddito è da imputare effettivamente e non astrattamente al socio in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili, a prescindere dalla percezione; pertanto, costituisce reddito d’impresa con il correlato obbligo contributivo.
Nelle società di persone assume preminente rilievo l’elemento personale, tant’è che il reddito prodotto è reddito proprio del socio e a differenza delle società di capitali (non trasparenti), l’elemento personale deve essere inteso non come semplice apporto di capitale, bensì come legame tra più persone in vista dello svolgimento dell’attività produttiva.
Ciò vale sia per le Snc, che hanno soci “paritari”, sia nelle Sas, che hanno soci accomandatari e soci accomandanti.
Esempio:
un soggetto che sia:
dovrà versare i contributi previdenziali sul reddito della propria ditta individuale e sulla sua quota di reddito derivante dalla Sas.
La sentenza n. 29779/2017, infatti, afferma che ai fini della determinazione dei contributi dovuti da artigiani e commercianti devono essere computati anche i redditi percepiti in qualità di socio accomandate.