Insufficienti versamenti d’imposta

L’Agenzia te fornisce una serie di chiarimenti inerenti i possibili errori commessi dai contribuenti sui versamenti dovuti a titolo di saldo e di primo acconto IRPEF, IRES e IRAP.

PREMESSA

Con la circolare n. 27/E del 2 agosto 2013 l’Agenzia delle entrate ha finalmente chiarito le corrette modalità di calcolo delle sanzioni e del ravvedimento operoso nel caso di errati o insufficienti versamentimettendo in atto una reale semplificazione sia per i contribuenti che per l’Amministrazione in osservanza dei principi di economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa.

I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA

Le fattispecie oggetto dei chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate sono le seguenti:

  • l’insufficiente versamento del tributo in riferimento a quanto disposto dall’art. 17, co. 2, del D.P.R. n. 435/2001, secondo cui gli stessi: “…possono essere effettuati entro il 30esimo giorno successivo ai termini ivi previsti, maggiorando le somme  dovute dello 0,40 % a titolo di interesse corrispettivo
  • l’efficacia del ravvedimento operoso, ai sensi dell’art. 13, D.Lgs. n. 472/97 nell’ipotesi di versamenti carenti rispetto al dovuto
  • la correttezza della procedura per la definizione agevolata, di cui all’art. 15. D.Lgs. n. 218/97, nell’ipotesi in cui il contribuente  provveda al versamento di un ammontare inferiore al dovuto, entro i termini per la presentazione del ricorso contro l’atto di accertamento
  • Tali precisazioni indirizzate sia ai contribuenti che agli uffici dell’Amministrazione finanziaria mettono fine una volta per tutte all’applicazione di sanzioni oggettivamente sproporzionate rispetto alla violazione effettivamente commessa applicate dall’Agenzia delle entrate a seguito di controlli automatizzati nei casi sopra indicati.

INSUFFICIENTE VERSAMENTO DELL’IMPOSTA E DELLA MAGGIORAZIONE DELLO 0,40% NEL “TERMINE LUNGO” (30 GG DALLA SCADENZA PREVISTA)

L’articolo 17, commi 1 e 3, del D.P.R. n. 435 del 2001, dispone che il versamento del saldo dovuto con riferimento alla dichiarazione dei redditi e del primo acconto IRPEF, IRES e IRAP deve essere effettuato entro il giorno 16 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo di imposta. Pertanto, per le società con esercizio coincidente con l’anno solare e per le persone fisiche, entro il 16 giugno.

Il comma 2 del medesimo articolo ammette la possibilità di effettuare detti versamenti entro il trentesimo giorno successivo ai termini ivi previsti (16 luglio) con una maggiorazione, a titolo di interesse corrispettivo, pari allo 0,40 per cento delle somme da versare.

In caso di scelta per il versamento rateale ai sensi dell’art. 20, D.Lgs. n. 241/97 è concessa la possibilità di iniziare ad effettuare i versamenti rateali entro 30 giorni dal termine ordinario, maggiorando gli importi dovuti dello 0,40%.

In pratica, in presenza di versamenti rateali, è necessario, anzitutto, maggiorare dello 0,40% le somme dovute in base alle dichiarazioni e successivamente ripartire nel numero di rate prescelto l’importo così maggiorato, applicando alle rate successive alla prima anche gli interessi “da rateazione”.

  1. Omesso versamento della maggiorazione dello 0,40% per i contribuenti che hanno optato per il“termine lungo”

Il primo caso oggetto di chiarimenti riguarda un contribuente che, dopo aver optato per il c.d. “temine lungo” (30 gg dalla scadenza prevista) abbia omesso di versare la maggiorazione dello 0,40%, o anche parte dell’importo dovuto e della stessa maggiorazione.

In tale fattispecie l’Agenzia delle Entrate nella circolare in commento ha chiarito che la violazione commessa è riconducibile ad un omesso versamento parziale, peraltro ravvedibile, ai sensi dell’art. 13, D.lgs. n. 472/97.

Il versamento effettuato nel più ampio termine risulta tempestivo, con la particolarità che l’adempimento dell’obbligazione tributaria avviene mediante il pagamento dell’imposta incrementata di un importo pari allo 0,40%, che si configura come parte del tributo medesimo e viene versata congiuntamente all’imposta dovuta, aggiungendosi a questa, senza distinzione di codice tributo.

A sostegno di tale interpretazione, l’Agenzia delle entrate richiama il parere dell’Avvocatura generale dello Stato del 2 luglio 2012, n. 263000, nel quale è stato chiarito che: “ (…) il versamento entro 30 giorni dalla scadenza dell’importo dovuto senza la maggiorazione dello 0,40% è assimilabile all’omesso versamento parziale e non già al ritardato pagamento, e che di conseguenza la sanzione del terzo deve essere rapportata alla frazione dell’importo non versato, come disposto dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 per l’ipotesi di versamento parziale tempestivo (…)”.

Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, infatti, “nel dubbio, deve privilegiarsi un’interpretazione della norma conforme ai principi di proporzionalità, ragionevolezza e certezza del diritto; (…)”.

Si rammenta, in proposito, che gli interessi sul versamento effettuato nel “termine lungo” rappresentano il “corrispettivo” per il vantaggio che il contribuente trae dalla disponibilità di una somma di denaro spettante all’ente creditore.

Alla luce di tali indicazioni, quindi, l’Agenzia nel documento di prassi in commento, precisa che nel caso in cui l’imposta calcolata e versata nel “termine lungo” sia inferiore a quella dovuta, il versamento effettuato non deve essere considerato tardivo ma, bensì, insufficiente. Pertanto, a tale violazione si applica la sanzione ordinaria del 30% dell’importo non versato, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 471 calcolata sulla differenza tra quanto versato nel “termine lungo” e quanto dovuto (imposta più maggiorazione).

Non assume rilevanza stabilire se il contribuente abbia versato la sola imposta e non abbia versato la maggiorazione, o se abbia eseguito un versamento proporzionalmente insufficiente, proprio perché, non potendosi distinguere i due importi (versati con lo stesso codice tributo), il versamento si intende nel suo complesso insufficiente.

Ad ulteriore chiarimento si propone il seguente caso pratico:

ESEMPIO n. 1

Un contribuente, nel termine lungo, ha erroneamente versato a titolo di saldo IRPEF 2012 l’importo di € 351 - in luogo di € 652 effettivamente dovuti - unitamente alla maggiorazione dello 0,40 per un totale di € 352,4 (anziché € 654,61).

L’ufficio provvederà all’irrogazione della sanzione nella misura ordinaria del 30 per cento sull’importo di € 302,21, ossia sulla sola differenza tra quanto dovuto (imposta più maggiorazione), pari ad € 654.61, e quanto versato nel termine lungo, ossia € 352.4. In tale sede, si provvederà, altresì, al recupero della differenza d’imposta dovuta, di € 302,21, e degli interessi calcolati a far data dalla scadenza del termine lungo.

Nell’ipotesi di errato versamento della maggiorazione dello 0,40%, l’Agenzia nella circolare in analisi chiarisce che tale violazione può, prima che siano attivati i controlli, essere sanata, alternativamente:

  • entro 30 giorni dalla scadenza del “termine lungo” utilizzando il ravvedimento “breve” (30 giorni dalla scadenza - art. 13, comma 1, lett. a, D.Lgs. n. 472/97) e quindi con la sanzione ridotta pari al 3% di quanto dovuto a titolo di tributo, comprensivo della maggiorazione dello 0,40%;
  • entro il termine della dichiarazione relativa all’anno in cui è commessa la violazione utilizzando il ravvedimento “lungo” (art. 13, comma 1, lett. b, D.Lgs. n. 472/97) e quindi con la sanzione ridotta del 3,75% di quanto dovuto a titolo di tributo, comprensivo della maggiorazione dello 0,40%.

ESEMPIO n. 2

Riprendendo la situazione descritta nell’esempio n. 1, la regolarizzazione dell’errore commesso può avvenire - ferma restando l’assenza di contestazioni da parte dell’ufficio - al più tardi entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa 2012 (anno nel corso del quale è stata commessa la violazione), mediante il versamento della differenza d’imposta (ossia del residuo tributo dovuto comprensivo della maggiorazione dello 0,40) pari ad € 302,21, degli interessi, calcolati a far data dalla scadenza del termine lungo, e delle sanzioni ridotte.

Con riferimento al computo del termine iniziale per effettuare il ravvedimento, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che tale termine iniziale decorre dalla data entro la quale si è scelto di effettuare il versamento originario e non dalla data naturale di scadenza.

La data naturale di scadenza assume rilevanza soltanto nell’ipotesi residuale in cui non è stato effettuato alcun versamento né entro il 16 giugno, né entro il 16 luglio.

Tale precisazione è importante in quanto con riferimento, ad esempio, ai versamenti di UNICO 2013, per i soggetti che hanno beneficiato della proroga, scaduti lo scorso 20 agosto 2013, sarà possibile effettuare, entro il 19 settembre 2013, la regolarizzazione con il ravvedimento breve (sanzione ridotta pari al 3%). Diversamente, computando il predetto termine iniziale dall’8 luglio 2013, per i versamenti effettuati entro il 20 agosto 2013, la regolarizzazione successiva al 7 agosto 2013 (30 gg dall’8 luglio 2013) avrebbe dovuto essere effettuata soltanto usufruendo del ravvedimento lungo, (sanzione ridotta pari al 3,75%). Tale impostazione dà inoltre “certezza” alle violazioni concernenti i versamenti da UNICO oggetto di differimento commesse nel 2012, che sono state regolarizzate avendo riguardo, quale momento della violazione, al termine “lungo” e non a quello naturale di scadenza.

ESEMPIO n. 3 - Caso del mancato incremento dello 0,40%

1. Contribuente con debito erariale di euro 50.000,00;

2. opzione di versamento nel c.d. “termine lungo” (nel caso specifico - 20 agosto 2013 -) il debito ammonta ad euro 50.200,00 da versare con il medesimo codice di versamento riferito al tributo;

3. il contribuente per errore versa ugualmente euro 50.000,00 senza calcolare e versare la maggiorazione dello 0,40%.

 

 

I chiarimenti forniti con la circolare, sono particolarmente rilevanti in quanto in precedenza gli uffici dell’amministrazione finanziaria non consideravano valido il versamento complessivo se la maggiorazione non confluiva nel versamento. Conseguentemente si provvedeva ad irrogare la sanzione del 30% rapportata all’intero importo versato e non alla sola maggiorazione dello 0,40% non versata a titolo di maggiorazione per i 30 giorni.

L’applicazione della penalizzante ed ingiustificata suddetta sanzione si fondava sull’assunto che l’omesso versamento dello 0,40% di fatto non perfezionava lo slittamento dell’adempimento, determinando i presupposti per considerare il versamento dell’intera imposta effettuato in ritardo rispetto alla scadenza prevista dalla norma.

Alla luce del nuovo orientamento interpretativo tale rischio appare scongiurato, poiché il contribuente, oltre ad essere legittimato all’eventuale ravvedimento, dovrà essere, comunque, sanzionato solo sulla differenza di quanto dovuto e non versato.

Nell’esempio proposto il mancato versamento ha riguardato la sola maggiorazione, ma il principio è applicabile anche nel caso in cui il mancato versamento abbia ad oggetto anche l’imposta dovuta (ad esempio versamento di euro 10.000,00 in luogo di euro 50.200,00; in questo caso la sanzione dovrà essere comminata solo sulla differenza, pari ad euro 40.200,00).

Alla luce di quanto illustrato si ritiene che la soluzione prospettata dall’Agenzia delle Entrate sia in linea con il principio dell’affidamento e della buona fede sancito dallo Statuto del contribuente.

Peraltro la maggiorazione dello 0,40%, per esplicita previsione normativa di cui al citato art. 17, comma 2, DPR n. 435/01, non rappresenta una “condicio sine qua non”, la quale, in caso di omissione, pregiudica la possibilità di versare nel mese successivo. L’importo rappresenta un ammontare a titolo di interesse “corrispettivo”, derivante dal posticipo del versamento. Pertanto il contribuente che non versa l’importo a titolo di maggiorazione ma versa l’imposta non è in ritardo rispetto alla scadenza prescritta dalla normativa, atteso che il pagamento è comunque consentito. La norma, in effetti, si esprime in questi termini: “….i versamenti possono essere effettuati entro il trentesimo giorno successivo… “. Ebbene nell’ipotesi di mancata determinazione e versamento della maggiorazione, il contribuente ha omesso solo di versare l’interesse corrispettivo e non il “capitale”.

EFFICACIA DEL RAVVEDIMENTO IN PRESENZA DI VERSAMENTI CARENTI

Il secondo chiarimento contenuto nella circolare n. 27/E in commento riguarda l’erronea determinazione dell’importo necessario per sanare l’irregolarità commessa e, quindi, degli interessi moratori e della relativa sanzione. Sul tema viene chiarito che, sulla base di quanto precisato nella risoluzione n. 67/E del 23 giugno 2011, il ravvedimento di quanto originariamente e complessivamente dovuto possa considerarsi perfezionato anche solo parzialmente, cioè limitatamente all’importo versato entro la scadenza del termine per il ravvedimento.

I termini da cui far decorrere il ravvedimento operoso decorrono, in base alle indicazioni fornite dal documento di prassi citato, con riferimento al versamento del saldo e del primo acconto dovuti in base alle dichiarazioni, a seconda del termine entro cui si è scelto di eseguire l’originario versamento da correggere (16 giugno o 16 luglio).

Laddove il contribuente non abbia versato alcun importo, né entro il 16 giugno né entro il 16 luglio, il termine cui fare riferimento per il calcolo delle somme dovute - sia in sede di ravvedimento (parziale o meno) che di recupero da parte degli uffici - è la data naturale di scadenza, ossia il 16 giugno.

Come già chiarito con la citata risoluzione n. 67/E del 2011, una volta scaduti i termini per il ravvedimento, l’eventuale somma che residua (maggiore imposta dovuta incrementata o meno della percentuale dello 0,40) non potrà beneficiare della riduzione delle sanzioni previste dall’art. 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997 in tema di ravvedimento: le sanzioni, pertanto, saranno irrogate dagli uffici, su tale somma residua, nella misura ordinaria, insieme agli interessi per il tardivo versamento, con decorrenza dalla scadenza del termine di versamento “scelto” dal contribuente (16 giugno o 16 luglio).

ESEMPIO n. 4

Riprendendo l’esempio n. 1, laddove il contribuente versi, entro il termine prescritto per il ravvedimento, un importo inferiore al residuo dovuto di € 352,4, ad esempio € 232.4, con sanzioni e interessi commisurati all’imposta versata, il ravvedimento si intenderà perfezionato limitatamente a tale importo.

La differenza dovuta e non regolarizzata di € 120 sarà oggetto di recupero da parte degli uffici, unitamente agli interessi (calcolati con decorrenza dal 16 luglio), e sulla stessa andrà irrogata la sanzione nella misura ordinaria del 30%.

Altra fattispecie oggetto di chiarimenti riguarda l’ipotesi in cui il contribuente, in sede di ravvedimento, effettui un versamento complessivo di imposta, sanzioni, interessi in misura inferiore al dovuto e le sanzioni e/o gli interessi non siano, come nel caso precedente, commisurati all’imposta versata a titolo di ravvedimento.

In tale evenienza, il ravvedimento potrà ritenersi perfezionato con riferimento alla quota parte dell’imposta - comprensiva o meno della maggiorazione a seconda della data dell’originario versamento – proporzionata al quantum complessivamente corrisposto a vario titolo.

In altre parole, un ravvedimento parziale potrà comunque essere considerato validamente eseguito. E ciò a prescindere, sottolinea l’Agenzia delle Entrate, dalla circostanza che nel modello F24 utilizzato per il ravvedimento non siano distinti in maniera analitica gli importi versati a titolo di imposta, interessi e sanzioni: la sola necessità è che a titolo di sanzione ridotta nell’apposito modello di versamento, sia stato versato un importo, anche se parziale, con l’apposito codice tributo.

Sulla differenza non sanata andranno irrogate, ad opera degli uffici competenti, le sanzioni in misura ordinaria e/o recuperati gli interessi non versati, da computare, anche in tal caso, con decorrenza dalla data dell’originario versamento (16 giugno o 16 luglio).

Inoltre, il documento di prassi in maniera chiara evidenzia che, considerata in questa fase l’assenza di adeguate procedure informatizzate in grado di gestire queste novità, dovranno essere gli uffici locali (e dunque gli operatori dei front office) ad operare le necessarie correzioni, modificando, se del caso i codici tributo utilizzati e i relativi importi, in modo da far perfezionare, con le dovute proporzioni, i ravvedimenti parziali operati dal contribuente.

ESEMPIO n. 5

Un contribuente decide di sanare un versamento parzialmente omesso per € 7.500, comprensivi della maggiorazione dello 0.40%, ricorrendo all’istituto del ravvedimento operoso.

La regolarizzazione avviene dopo 30 giorni, ma mentre gli interessi da ravvedimento sono stati versati correttamente, la sanzione ridotta è stata calcolata utilizzando la percentuale sbagliata del 3% (€ 225) anziché quella del 3,75%.

Il ravvedimento in tal caso è perfezionato limitatamente alla somma di € 6.000 in quanto la sanzione ridotta versata pari a € 225 corrisponde al 3,75% di un’imposta di € 6.000. L’Ufficio potrà applicare la sanzione soltanto sulla differenza di imposta non regolarizzata, pari a € 1.500 (7.500 – 6.000).

CARENTI VERSAMENTI DEGLI IMPORTI DOVUTI PER LA DEFINIZIONE DELL’ACCERTAMENTO

La circolare n. 27/E del 2 agosto 2013, da ultimo, estende gli orientamenti interpretativi sopra illustrati anche ad altri istituti. In particolare i principi di economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa si renderanno applicabili anche per:

  • le ipotesi di acquiescenza agli avvisi di accertamentoai sensi dell’art. 15, D.lgs. 19 giugno 1997, n. 218,
  • l’opzione di definizione delle sole sanzioni, entro il termine di proposizione del ricorso ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs n. 472/1997.

La circolare precisa che nel caso in cui il contribuente intenda beneficiare della possibilità offerta dall’art. 15 del D.Lgs. n. 218 del 1997, effettui, però, un errore materiale o di calcolo nel versamento delle somme dovute, l’acquiescenza possa ritenersi validamente perfezionata, purché la differenza tra quanto dovuto e quanto pagato, sia di entità lieve, tale da non configurare un atteggiamento incompatibile con la volontà di definizione dell’accertamento.

In sostanza restano valide le indicazioni fornite dalla Direzione Centrale Accertamento con Circolare n. 65/E del 28 giugno 2001, in particolare laddove viene chiarito che in presenza di anomalie di minore entità, l’Ufficio può valutare il permanere o meno del concreto ed attuale interesse pubblico al perfezionamento dell’adesione e quindi alla produzione degli effetti giuridici dell’atto sottoscritto.

In questi casi, come è ovvio, il perfezionamento della definizione sarà, subordinato all’integrazione del dovuto da parte del contribuente.

Non assume effetto preclusivo della definizione la circostanza che il versamento dell’integrazione sia effettuato con lieve tardività rispetto ai termini previsti.

Analoghe indicazioni valgono nel caso in cui il contribuente intenda beneficiare della definizione agevolata delle sanzioni ai sensi dell’art. 17 del D.lgs. n. 472 del 1997.

  • Data inserimento: 02.10.13
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