La sempre maggiore complessità dei compiti cui le aziende sono chiamate sia dal punto di vista ambientale che in materia di sicurezza comporta la necessità, per l’imprenditore, di ripartire compiti e funzioni, di affidare attività ed adempimenti.
Per questo si ricorre sempre più spesso all’istituto della delega di funzioni.
Delega di funzioni, cioè di compiti a soggetti determinati che diventano responsabili del loro corretto adempimento.
L’istituto della delega di funzioni in materia ambientale non è previsto dalla legge ma è ormai ammesso dall’univoca interpretazione della Corte di Cassazione giunta gradualmente a conclusioni analoghe a quelle elaborate per la delega in materia di sicurezza sul lavoro.
La giurisprudenza della Suprema Corte ha elaborato, nel tempo, quelli che sono i requisiti della delega in materia ambientale proprio partendo dal parallelismo sussistente con l’omologo istituto in materia prevenzionistica disciplinato dall’art. 16 del d.lgs. 81/2008.
Per attribuire rilevanza penale all’istituto della delega di funzioni in materia ambientale, si richiede la necessaria compresenza di precisi requisiti come ultimamente ribadito da una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. Pen. Sez. III, n. 31364/2017):
A tali requisiti, a rigore di logica (sempre sulla base di un parallelismo con la materia della sicurezza sul lavoro) si potrebbero aggiungere anche: 1) l’accettazione per iscritto da parte del delegato; 2) l‘ adeguata e tempestiva pubblicità.
In particolare, l’accettazione scritta da parte del delegato appare necessaria affinché lo stesso sia consapevole delle responsabilità e degli obblighi assunti con la delega di funzioni e la pubblicità è necessaria per assicurarne l’opposizione a terzi.
La delega deve essere “puntuale ed espressa” e “provata in modo certo” pertanto appare opportuna la forma scritta recante data certa. Non solo: la forma scritta deve essere puntuale e quindi assicurare la dettagliata indicazione dei poteri attribuiti con la delega, in caso contrario la delega potrebbe essere considerata troppo generica.
L’idoneità tecnica e la qualifica professionale del delegato garantiscono che lo stesso sia in grado di adempiere ai compiti demandati con competenza ed adeguatezza. Se il titolare dell’impresa dovesse scegliere persona priva di tali competenze, la delega non sarebbe credibile.
In capo al delegante devono escludersi poteri residuali e il delegato deve avere tutti i poteri decisionali e di spesa: perché la delega sia effettiva il delegante non può interferire nello svolgimento delle attività delegate né da un punto di vista tecnico né da un punto di vista decisionale. Il delegato deve essere autonomo ed a questo scopo deve avere anche potere di spesa.
Originariamente la Corte di Cassazione richiedeva, quale ulteriore requisito, le notevoli dimensioni dell’azienda ritenendosi che le notevoli dimensioni aziendali, di per sé, rendessero impossibile il controllo dell’intera attività produttiva da parte del titolare.
In realtà la richiesta di un tale requisito non aveva alcun fondamento testuale e finiva per creare una disparità di trattamento rispetto alla delega di funzioni prevista in materia di sicurezza che prescinde da qualsiasi riferimento alle dimensioni aziendali (vedi art. 16 d.lgs. 81/2008); inoltre entrava in conflitto con la l’esperienza ed in particolare con la complessità della realtà produttiva odierna che richiede sempre più specifiche competenze a prescindere dalle dimensioni dell’azienda. Basti pensare come le piccole – medie imprese (per non parlare delle micro imprese) spesso non siano esentate dagli obblighi previsti per le aziende di media o grande dimensione soprattutto per gli adempimenti in materia ambientale.
Se la dimensione dell’azienda non incide sull’ammissibilità o meno della delega, ovviamente si richiede che il ricorso alla delega di funzioni sia suffragata dalle esigenze organizzative dell’impresa.
Informazioni possono essere chieste alla dott.ssa Alessandra Cargiolli del settore ambiente di Confartigianato Vicenza (tel. 0444 168357.)
In allegato la sentenza della Corte di Cassazione 01/06/2017, N. 31364.