Il D.lgs. 231/2001 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico la responsabilità “amministrativa” degli enti/imprese nel cui interesse è stato commesso uno dei reati specificatamente previsti dalla normativa, da parte di una persona fisica collegata all’impresa (soggetti al vertice dell’ente o suoi dipendenti).
La conseguenza di tale responsabilità definita amministrativa, ma sostanzialmente di natura penale, è la possibile applicazione all’azienda di sanzioni (pecuniarie, intedittive, etc.)
Nell’ambito del processo per corruzione di due consiglieri del Comune di Carate Brianza è stato contestato ad una società a responsabilità limitata unipersonale l’illecito amministrativo dipendente dal reato previsto dall’art. 25 d.lgs. 231/2001 (reato di concussione e corruzione).
Secondo l’accusa, i consiglieri comunali avevano preso denaro per influire con il voto il piano di governo del territorio ed ottenere la modifica della destinazione d’uso (da agricola ad edificabile) dei terreni intestati alla società.
Condannati in primo grado, la Corte di Appello proscioglie uno degli imputati dal reato di corruzione ed automaticamente esclude anche la responsabilità amministrativa della società.
A seguito del successivo ricorso in Cassazione, la Suprema Corte, con sentenza n. 49056 del 25 luglio 2017, stabilisce alcuni punti importanti sulla configurabilità della responsabilità “amministrativa" da reato e sulla sua ammissibilità anche in capo alle società a responsabilità limitata unipersonali.
In merito al primo punto, la sentenza citata rigetta l’automatismo stabilito tra l’assoluzione della persona fisica imputata del reato presupposto (nel caso specifico, corruzione) e l’esclusione della responsabilità dell'ente.
Secondo il ragionamento della Suprema Corte la responsabilità della società non è una semplice conseguenza della responsabilità della persona fisica: l’illecito amministrativo imputato all’azienda non coincide semplicemente con il reato-presupposto ma è fattispecie complessa che ricomprende il reato ma non si esaurisce in esso. Per questo motivo il reato non è che uno degli elementi che formano l’illecito amministrativo dell’ente/impresa, di cui costituisce senz’altro il presupposto fondamentale, ponendosi accanto agli altri elementi costitutivi quali: la qualifica soggettiva della persona fisica e la sussistenza dell'interesse o del vantaggio che l'ente deve aver conseguito dalla condotta delittuosa.
Per questo il giudice di appello ha errato nel far derivare l’assoluzione della società, per insussistenza del fatto, dall’assoluzione della persona fisica, in quanto avrebbe dovuto verificare la fondatezza degli altri elementi e la veridicità della contestazione nei confronti dell’ente per esempio accertando se fossero intervenute ulteriori comportamenti corruttivi, in favore di altri funzionari pubblici, ancorché non ancora identificati.
Nel caso concreto l’amministratore della società era già stato condannato per corruzione (dalle movimentazioni bancarie della società emergevano i pagamenti corruttivi), ed il reato era stato commesso sicuramente nell’interesse ed a vantaggio della società che aveva beneficiato del plusvalore che i fondi avevano acquisito, divenendo da agricoli ad edificabili.
Per quanto riguarda il secondo punto, la Corte non ha accolto le circostanze addotte dagli avvocati della difesa, al fine di escludere la responsabilità da reato dell’ente/impresa, e cioè che la stessa era una società unipersonale e che, nel frattempo, fosse stata dichiarata fallita.
La Cassazione, con la citata sentenza, ribadisce che il fallimento della società non determina l’estinzione dell’illecito previsto dal d.lgs. 231 o delle sanzioni irrogate a seguito del suo accertamento; inoltre ricorda come la disciplina del d.lgs. 231 si riferisce agli enti per tali intendendosi i soggetti di diritto non riconducibili alla persona fisica, pertanto il presupposto per l’applicazione del regime sanzionatorio agli enti/imprese è l’esistenza di “un soggetto di diritto meta individuale”, quale autonomo centro di interessi e rapporti giuridici, e quindi anche la società unipersonale, in quanto soggetto di diritto distinto dalla persona fisica che ne detiene le quote.
Viene così fugato ogni dubbio circa l’applicazione della responsabilità amministrativa da reato delle società a responsabilità limitata “unipersonali”.
Informazioni possono essere chieste alla dott.ssa Alessandra Cargiolli del settore ambiente di Confartigianato Vicenza (tel. 0444 168357.)
In allegato la sentenza della Corte di Cassazione 25/07/2017, N. 49056.