Cassazione: smaltimento non autorizzato di rifiuti e responsabilità del titolare assente
La cassazione con la sentenza 27/01/2017, n. 3905, ribadisce quanto già espresso con altre sentenze in relazione alla delimitazione della responsabilità del titolare di un’impresa per la violazione della normativa ambientale, nel caso in cui siano i suoi dipendenti a commettere materialmente la condotta illecita.
Nella sostanza il Tribunale di Lucca ha condannato il titolare di un’impresa, ritenendolo colpevole del reato di cui all'art. 256, comma 1) lett. a) d.lgs. 152/2006, per aver senza autorizzazione smaltito rifiuti speciali costituiti da infissi in legno verniciati e provvisti di vetro facendoli bruciare da alcuni dipendenti. La pena è stata di € 5.000 di ammenda, con i benefici della non menzione e della sospensione.
La Cassazione ha chiarito che “in materia di rifiuti la responsabilità per l'attività di gestione non autorizzata non attiene necessariamente al profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta, potendo scaturire anche da condotte che i violino i doveri di diligenza per la mancata adozione delle misure atte ad evitare illeciti nell'attività della medesima gestione e che legittimamente si richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell'azienda".
La responsabilità per l'attività di smaltimento non autorizzata ricade comunque sul datore di lavoro, in qualità di responsabile della ditta per conto della quale veniva svolta l'attività illecita, sotto il profilo dell'omessa vigilanza sull'operato dei dipendenti, con conseguente irrilevanza della circostanza che al momento della commissione dell'azione criminosa l'imputato non si trovasse in sede.
Pertanto anche a prescindere dall'ordine impartito, il datore di lavoro è comunque chiamato a rispondere del fatto posto in essere da un dipendente od ausiliario nella veste di titolare e legale rappresentante dell'omonima ditta (edile) avente la gestione dell'impianto produttivo dal quale provengano i rifiuti, in quanto il diretto destinatario della normativa di settore e perciò soggetto al un dovere di vigilanza sull'operato dei suoi sottoposti.
In allegato la sentenza della Corte di Cassazione 26/01/2017, n. 3905.