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Decreto legislativo 231/2001: i soggetti esclusi dall’applicazione della normativa.

La responsabilità amministrativa è esclusa per alcuni soggetti espressamente indicati dal legislatore. Si tratta di casi eccezionali da interpretare in senso restrittivo.

Con il decreto  legislativo 231/2001 è stata introdotta nel nostro ordinamento la responsabilità amministrativa da reato degli enti/imprese. In sintesi, si tratta di una responsabilità che sussiste nel momento in cui viene commesso uno dei reati previsti dalla normativa (per esempio, in materia di sicurezza sul lavoro o in materia ambientale) nell’interesse o a vantaggio  dell’impresa da soggetti-persone fisiche che fanno parte della struttura aziendale.  La commissione di uno di questi reati comporta l’applicazione di sanzioni pecuniarie e/o interdittive a carico dell’ente/impresa.

Il decreto legislativo 231/2001 esclude però dalla normativa citata alcuni soggetti: lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale (art. 1, comma 3, d.lgs. 231/2001.)

In questo caso il termine “Stato” va inteso in senso ampio e comprende tutte le sue articolazioni amministrative quali, per esempio, i Ministeri, le Prefetture, le Questure ma anche gli organi pubblici di rilievo costituzionale che svolgono le funzioni legislative, giurisdizionali od esecutive (il Parlamento, la Corte Costituzionale, gli organi della Giurisdizione ordinaria, amministrativa etc.). Le ragioni dell’esclusione sono evidenti: l’applicazione di sanzioni interdittive nei confronti di questi soggetti impedirebbe l’esercizio di funzioni istituzionali, e l’applicazione di sanzioni pecuniarie finirebbe per ricadere sui contribuenti.

Il legislatore ha scelto di estendere l’esclusione anche agli enti pubblici territoriali (quali Regioni, Province, Comuni) assimilabili allo Stato in quanto titolari di poteri pubblici (basti pensare alle competenze regionali in materia legislativa).

Sono altresì esclusi gli enti pubblici non economici. Si tratta di tutti quegli enti pubblici che, anche se privi di pubblici poteri, svolgono servizi d’interesse collettivo senza finalità di lucro. Sono enti che si pongono in funzione strumentale rispetto allo Stato (ad esempio l’INPS, l’INAIL, la Croce Rossa, l’ACI etc.).

In definitiva, per escludere l’applicazione del decreto legislativo 231/2001, la natura pubblica dell’ente è condizione necessaria ma non sufficiente in quanto deve ricorrere un ulteriore elemento e cioè che l’ente non svolga attività economica. Lo scopo di lucro, anche se si tratta di ente pubblico, fa ricadere nell’ambito della normativa citata. Non dimentichiamo che la finalità del decreto legislativo 231/2001 è la repressione di comportamenti illeciti nello svolgimento di attività di natura economica.  

L’art. 1, comma 3 del d.lgs. 231/2001 cita anche “gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale”. Vale la pena di approfondire il significato dell’espressione. Sono i partiti politici e i sindacati, enti privati previsti dalla Costituzione. Perché tali enti sono esclusi dall’applicazione del d.lgs. 231/2001? Se a tali enti venissero applicate le sanzioni interdittive si rischierebbe di incidere sull’esercizio di diritti costituzionalmente garantiti. Inoltre le sanzioni, sia pecuniarie che interdittive,  potrebbero essere utilizzate in modo strumentale per reprimere il dissenso politico o sindacale.

Informazioni possono essere richieste alla Confartigianato di Vicenza – Dott.ssa Alessandra Cargiolli – Tel. 0444 168357

  • Data inserimento: 20.11.14