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Liti fiscali pendenti

E’ reintrodotta la possibilità di definire le liti fiscali pendenti di valore non superiore a euro 20.000, previo versamento entro il 30 novembre 2011 e presentazione di apposita istanza entro il successivo 31 marzo 2012.

Il DL n. 98/2011, c.d. “Manovra correttiva” recentemente convertito in legge, individua con specifico riferimento alla materia del “riordino della giustizia tributaria”, contenuta nell’art. 39, due disposizioni che introducono:

Ø       una nuova procedura per gestire il contenzioso, che riguarda gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate di valore non superiore a € 20.000: il contribuente che intende proporre ricorso è tenuto a presentare preliminarmente “reclamo”, per gli atti notificati a decorrere dal 1° aprile 2012. E’ introdotta, in sostanza, una fase di mediazione con l’Amministrazione finanziaria (commi 9-11);

Ø       la definizione agevolata delle liti fiscali pendenti alla data del 1° maggio 2011, se di valore non superiore a euro 20.000 (comma 12).

Qui di seguito andremo ad esaminare, in particolare, la procedura per definire le liti fiscali pendenti, rinviando ad un successivo articolo l’analisi dei nuovi istituti del reclamo e della mediazione.

CHIUSURA DELLE  LITI FISCALI PENDENTI: GENERALITA’

Il comma 12 dell’articolo 39 propone, ricalcando la sanatoria già utilizzata nel 2003, la possibilità di definire le liti fiscali pendenti di fronte agli organi di giustizia alla data del 1° maggio 2011, aventi un valore non superiore a euro 20.000.

L’istituto è introdotto, come si legge nella norma, “al fine di ridurre il numero delle pendenze giudiziarie e quindi concentrare gli impegni amministrativi e le risorse sulla proficua e spedita gestione” del reclamo.

In considerazione del richiamo operato dal legislatore all’art. 16, legge n. 289/2002 (Finanziaria 2003), si ritiene opportuno  considerare i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate in tale occasione con le circolari nn. 3/E del 15 gennaio 2003 e n. 12/E del 21 febbraio 2003.

AMBITO DI APPLICAZIONE

La definizione delle liti fiscali pendenti ha per oggetto esclusivamente le controversie riguardanti rapporti tributari di competenza degli uffici dell’amministrazione finanziaria dello Stato, a prescindere dalla circostanza che la lite attenga a tributi erariali o meno.

Di conseguenza, sono definibili anche le controversie di competenza dell’Agenzia delle entrate in materia di:

Ø       IRAP;

Ø       addizionali regionali o comunali all’IRPEF;

Ø       tasse (ad esempio, tasse automobilistiche, se la gestione del contenzioso è ancora attribuita all’Agenzia delle entrate).

Non sono definibili le controversie in materia di:

  • tributi locali (come precisato dalla circolare 12/2003, par. 11.15);
  • contributi previdenziali e assistenziali: poiché le controversie in materia di contributi devono essere instaurate nei confronti degli enti previdenziali, la definizione in argomento è inefficace per la parte contributiva.

LITI FISCALI PENDENTI DEFINIBILI

Come stabilito dall’articolo 16, comma 3, Legge 289/2002, le liti fiscali pendenti definibili sono quelle in cui è parte l’Amministrazione finanziaria dello Stato avente ad oggetto:

Ø       avvisi di accertamento;

Ø       provvedimenti di irrogazione delle sanzioni;

Ø       ogni altro atto di imposizione.

Sono escluse dalla disciplina in commento le liti che, ai sensi della lett. e) del citato comma 12, decreto legge in esame, riguardano controversie aventi ad oggetto il recupero di aiuti di Stato illegittimi.

Sulla base dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con la citata circolare n. 12/E, par. 11.3, sono escluse altresì le liti che riguardano:

  • il silenzio-rifiuto o diniego del rimborso, in quanto liti che “non concernono una pretesa dell’Amministrazione finanziaria di maggiori tributi o sanzioni amministrative, ma un’istanza di restituzione di somme assunte come indebitamente versate dal contribuente”;
  • il diniego o la revoca di agevolazioni: la lite è definibile se esprime un valore sul quale calcolare le somme dovute, costituite da tributi accertati  dall’ufficio e contestati con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. Una vertenza riguardante la spettanza di un’agevolazione non può essere quindi definita, poiché in essa non si fa questione di un tributo preteso dall’Amministrazione finanziaria in base al quale determinare la somma dovuta.

In merito l’Agenzia ha specificato comunque che: “la lite è tuttavia definibile qualora             con il provvedimento impugnato l’Amministrazione finanziaria non si sia limitata a             negare o revocare l’agevolazione tributaria, ma contestualmente abbia accertato e             richiesto anche il tributo o il maggiore tributo e/o abbia irrogato le relative sanzioni             conseguentemente dovuti”;

  • avvisi di liquidazione, ingiunzioni e ruoli: tali atti non hanno natura impositiva, in quanto finalizzati alla mera liquidazione e riscossione del tributo. Le liti sono comunque definibili, come precisato dall’Agenzia, se l’atto oggetto del contendere assolve anche ad una funzione impositiva;
  • omessi versamenti di tributi: l’esclusione riguarda le cartelle di pagamento emesse ex artt. 36-bis e 36-ter, DPR n. 600/73 e art. 54-bis, DPR n. 633/72, in quanto  assolvono esclusivamente la funzione di riscossione di quanto indicato dal contribuente o dal sostituto nella dichiarazione.

Diversamente, sono definibili le liti pendenti che derivano da cartelle di pagamento che assolvono anche alla funzione di provvedimento impositivo (ad esempio, a seguito del disconoscimento di detrazioni o deduzioni);

  • precedenti definizioni agevolate: non sono definibili le liti che hanno ad oggetto precedenti definizioni agevolate, comprese quelle connesse alla corretta applicazione delle stesse (ad esempio, quelle concernenti il rigetto di una precedente domanda di definizione agevolata ovvero l’esatta determinazione delle somme dovute dal contribuente ai fini della definizione agevolata).

VALORE DELLA LITE

Il valore della lite costituisce la base per calcolare la somma da versare al fine della definizione agevolata.

Come previsto dall’articolo 16, comma 3,  lett. c), Legge 289/2002, tale valore è costituito dall’importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento. Le sanzioni non collegate al tributo sono tenute in considerazione, ai fini del valore della lite.

Il valore della lite va determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dal numero di soggetti interessati e dai tributi in esso indicati.

Alcuni  chiarimenti, già forniti con  la circolare ministeriale 12/2003, si ritengono ancora attuali:

1.       lite avente ad oggetto la rettifica di perdite

Nel paragrafo 11.4.1 della citata circolare, sono state fornite precisazioni in merito alla determinazione del valore della lite avente ad oggetto la rettifica di perdite dichiarate ai fini delle imposte dirette. In particolare:

  • se l’atto di accertamento riporta la quantificazione della maggiore imposta dovuta, il valore della lite è pari a detta imposta;
  • se l’atto non ha comportato l’accertamento di maggiori imposte, il valore della lite va determinato sull’imposta “virtuale” ottenuta applicando le aliquote vigenti per il periodo d’imposta oggetto di accertamento all’importo dato dalla differenza tra la perdita dichiarata e quella accertata.

2.       Coobbligati

Nel caso di controversie che riguardano una pluralità di soggetti interessati dallo stesso atto impugnato, possono configurarsi i seguenti casi:

a)      unica lite in cui sono costituiti tutti gli interessati: la definizione da parte di un coobbligato produce automaticamente l’estinzione della controversia anche nei confronti degli altri soggetti;

b)      liti distinte, aventi ad oggetto lo stesso atto instaurate separatamente da tutti gli interessati: pur configurandosi più liti fiscali, la regolarità della definizione da parte di uno degli interessati produce l’effetto dell’estinzione anche delle altre controversie;

c)      presentazione di ricorso solo da parte di alcuni degli interessati: l’effetto definitorio dell’iniziativa assunta dal ricorrente impedisce all’Amministrazione di esercitare ulteriori azioni nei confronti degli altri soggetti interessati, fermo restando che non si farà comunque luogo a rimborso di somme già versate.

Le liti in materia di imposte sui redditi riguardanti i soci sono autonomamente definibili rispetto a quelle instaurate dalla società di persone per le imposte dovute dalla stessa.

COSTO DELLA DEFINIZIONE

L’articolo 39, comma 12, per la determinazione della somma necessaria per la definizione,  rinvia all’articolo 16 Legge 289/2002.

Tale importo è differenziato a seconda del valore della lite e della “soccombenza”.

Come chiarito nella circolare 12, citata, par. 11.6.6, la “soccombenza” è determinata dal raffronto tra quanto richiesto e quanto deciso dall’organo giurisdizionale adito. Si ha soccombenza “integrale” di una parte processuale quando nessuna delle sue domande viene accolta dal giudice; la soccombenza è “parziale” quando, con l’ultima o unica pronuncia resa alla data di presentazione della domanda di definizione, la parte processuale non ottiene l’integrale accoglimento delle proprie richieste.

 

 

valore lite

Somme dovute per la definizione


Fino a euro 2.000

 

euro 150

Oltre euro 2.000

 

10% del valore

della lite

In caso di soccombenza dell’Amministrazione finanziaria nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare resa, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio. alla  data di presentazione della domanda  di definizione della lite.

 

 

50% del valore

della lite

In caso di soccombenza del contribuente nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare resa, sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, alla predetta data.

 

30% del valore

della lite

In caso di limite pendente in primo grado  se non è già stata resa pronuncia giurisdizionale alla data di presentazione della domanda di definizione.

 

Le somme vanno versate entro il 30 novembre 2011 in unica soluzione come si vedrà più avanti.

1.       Soccombenza parziale

Nell’ipotesi di soccombenza parziale si rammenta che secondo quanto specificato dall’Agenzia delle Entrate nella citata Circolare n. 12/E le percentuali del 10% e del 50% vanno applicate proporzionalmente sul valore della lite.

Quindi, si applica:

Ø       il 10% sulla parte di valore della lite per cui è soccombente l’Amministrazione;

Ø       il 50% sulla parte di valore della lite per cui è statuita la soccombenza del contribuente.

Esempio:

Riprendendo l’esempio della circolare n. 12/E, par. 11.6.7, si ipotizza il caso di un avviso di accertamento recante maggiore imposta per 10.000 euro.

La sentenza di primo grado ha annullato parzialmente  l’avviso, con conferma della legittimità e fondatezza della pretesa limitatamente a euro 6.000 (più sanzioni e interessi). Il valore della lite è pari all’importo del tributo contestato con l’atto introduttivo in primo grado, cioè 10.000 euro;  il contribuente può definire la lite versando:

Ø       il 10% di 4.000 euro (imposta annullata dalla sentenza e per cui è soccombente l’Agenzia);

Ø       il 50% di 6.000 euro (imposta confermata dalla sentenza).

In totale, il contribuente potrà definire la lite versando 3.400 euro .

2.       Scomputo delle ritenute già versate

Dalle somme dovute per la definizione agevolata delle liti pendenti vanno scomputate “quelle già versate”.

Con la Circolare n. 12/E, l’Agenzia ha precisato che:

Ø       possono essere scomputate le somme iscritte a ruolo a titolo sia definitivo che provvisorio relative a tributi, sanzioni, interessi e indennità di mora “sempre che siano ancora in contestazione nella lite che si intende chiudere”;

3.       Somme versate in eccedenza

Se le somme già versate alla data di presentazione della domanda risultano maggiori o uguali a quanto dovuto per la definizione non va effettuato alcun versamento. In tal caso la definizione agevolata si perfeziona con la sola presentazione della domanda.

In caso di soccombenza dell’Ufficio, è possibile ottenere la restituzione delle somme già versate in eccedenza rispetto a quanto dovuto per la definizione agevolata delle liti pendenti di ammontare superiore a € 2.000.

4.       Versamento effettuato in misura inferiore per errore scusabile

Come chiarito nel paragrafo 11.10 della circolare 127/E, in caso di pagamento di una somma inferiore a quanto dovuto ai fini della definizione, nel caso in cui sia riconosciuta la scusabilità dell’errore, è consentita la regolarizzazione entro 30 giorni dalla comunicazione dell’Ufficio. La mancata regolarizzazione determina l’inefficacia della definizione.

Si ha errore scusabile se il contribuente ha osservato una normale diligenza nella determinazione del valore della lite e degli importi dovuti ovvero qualora lo stesso sia stato determinato dalla sussistenza di condizioni di obiettiva incertezza o di complessità di calcolo.

Non può ritenersi scusabile il versamento inferiore a euro 150,00, trattandosi dell’importo minimo determinato dalla norma (a meno che l’importo versato sia inferiore a euro 150 per effetto di somme già versate).

MODALITA’ DELLA DEFINIZIONE

Sulla base di quanto stabilito dal comma 12 dell’articolo 39:

Ø       le somme dovute vanno versate in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2011;

Ø       la domanda di definizione va presentata entro il 31 marzo 2012.

Le modalità di presentazione della domanda di definizione saranno individuate dall’Agenzia delle Entrate mediante specifici provvedimenti.

Per le modalità di versamento, si rimanda a quanto si dirà nel prosegui della trattazione.

SOSPENSIONE DELLE LITI PENDENTI

Il comma 12, lett. c) del citato art. 39 dispone la sospensione fino al 30 giugno 2012 delle liti fiscali che possono essere definite in base alla disciplina in commento, dei correlati termini per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio.

La successiva lettera d) del citato comma 12 dispone che l’Ufficio competente entro il 15 luglio 2012 deve trasmettere alle commissioni tributarie, ai tribunali e alle corti di appello ed alla Corte di Cassazione “un elenco delle liti pendenti per le quali è stata presentata domanda di definizione”.

Tali liti sono sospese fino al 30 settembre 2012. Entro la medesima data l’Ufficio deve altresì depositare la comunicazione “attestante la regolarità della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto” o l’eventuale diniego della definizione.

VERSAMENTO – CODICE TRIBUTO

Con risoluzione n. 82/E del 5 agosto 2011, l’Agenzia delle entrate ha istituito il codice tributo per effettuare il versamento delle somme relative alla chiusura delle liti fiscali pendenti, tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”.

Il codice tributo da utilizzare è il seguente:

8082, denominato “Liti fiscali pendenti – Definizione ai sensi dell’articolo 39, comma 12, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98”.

La risoluzione stabilisce le modalità di compilazione del modello di versamento, distinguendo l’ipotesi in cui:

Ø        il soggetto che esegue il versamento coincide con quello che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio in primo grado. In tal caso dovrà essere indicato:

  • nella sezione “Contribuente”, nel campo “codice fiscale”: il codice fiscale del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio in primo grado;
  • nel “codice Ufficio”: il codice della Direzione provinciale o regionale dell’Agenzia delle entrate competente parte nel giudizio;
  • nel campo “tipo”: il carattere R;
  • nel campo “elementi identificativi”: la sigla DLF (definizioni liti fiscali);
  • nel campo “anno di riferimento”: anno di imposta cui si riferisce l’atto impugnato, nel formato AAAA;

Ø       il soggetto che esegue il versamento è diverso da quello che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio in primo grado. In tal caso dovrà essere indicato:

 

  • nella sezione “Contribuente”:

v   nel campo “codice fiscale”: il codice fiscale del soggetto che effettua il versamento;

v   nel campo “codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare”: il codice fiscale del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio;

v   nel campo “codice identificativo”: il codice “71”, denominato “soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio”;

  • nel “codice Ufficio”: il codice della Direzione provinciale o regionale dell’Agenzia delle entrate competente parte nel giudizio;
  • nel campo “tipo”: il carattere R;
  • nel campo “elementi identificativi”: la sigla DLF (definizioni liti fiscali);
  • nel campo “anno di riferimento”: anno di imposta cui si riferisce l’atto impugnato, nel formato AAAA.
  • Data inserimento: 15.09.11
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