NUOVE DICHIARAZIONI DI INTENTO
Dallo scorso 27 aprile è in vigore, a titolo definitivo, il nuovo modello delle dichiarazioni di intento, che differisce dal vecchio sostanzialmente per il solo fatto di non riportare più i campi nei quali l’esportatore abituale attribuiva un numero ed una data al documento.
Con le norme in vigore da inizio anno, infatti, la dichiarazione di intento non deve essere più numerata, registrata, conservata e consegnata dall’esportatore abituale al proprio fornitore.
A seguito delle disposizioni introdotte dal D.L. 34/2019, ora è previsto che, per fruire del regime di non imponibilità, è necessario che “l'intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione della imposta risulti da apposita dichiarazione, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, contenente l'indicazione del numero di partita Iva del dichiarante nonché l'indicazione dell'ufficio competente nei suoi confronti, trasmessa telematicamente all'Agenzia delle entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica”.
Cosa forse più importante, è che è stato soppresso il periodo che prevedeva che “la dichiarazione, unitamente alla ricevuta di presentazione rilasciata dall'Agenzia delle entrate, sarà consegnata al fornitore o prestatore …”.
Per rendere effettivamente efficace la novità normativa, il Provvedimento AdE del 27/02/2020 ha previsto che, dal 2 marzo, il fornitore dell’esportatore abituale ha la possibilità di visualizzare nel proprio cassetto fiscale le dichiarazioni di intento di cui risulta destinatario. Dal cassetto fiscale il fornitore ricaverà:
- gli “estremi del protocollo di ricezione”, dato questo che deve essere necessariamente inserito in fattura, intendendo per tale obbligo la trasposizione in un campo del file XML;
- gli altri dati quali ad esempio il plafond attribuito dall’esportatore abituale al proprio fornitore e se lo stesso è riferito ad una sola operazione o a più operazioni.
Nella prassi operativa, l’esportatore abituale potrebbe essere abituato ancora ad inviare per canali informali (ad esempio via e-mail) una copia della dichiarazione di intento al proprio fornitore, in quanto è improbabile che lo stesso verifichi quotidianamente il cassetto fiscale, e non esiste nessun "alert" circa la presenza di un nuovo documento da scaricare.
Entrando nel cassetto fiscale, nell’area relativa, si trova, in primo luogo, un elenco di tutte le dichiarazioni di intento ricevute, con i relativi numeri di protocollo attribuiti dall’Agenzia.
Tuttavia, fermarsi a questa pagina web per “copiare” il numero di protocollo ed incollarlo nella fattura può essere pericoloso per due ordini di motivi.
In primo luogo perché non è detto che il fornitore abbia inviato per mail una copia esatta e corrispondente di quella trasmessa all’Agenzia.
In secondo luogo perché, nonostante la norma positiva non preveda nessun obbligo di riscontro della dichiarazione di intento, quella sanzionatoria (articolo 7, comma 4-bis, D.Lgs. 471/1997) prevede l’irrogazione di una sanzione, da € 250 a € 2.000, per chi ha fatturato in regime di non imponibilità prima di aver riscontrato per via telematica l’avvenuta presentazione della dichiarazione. Se poi la dichiarazione di intento non è stata nemmeno trasmessa all’Agenzia delle Entrate il regime sanzionatorio è proporzionale all’Iva non applicata in fattura nella misura che va dal 100% al 200%.
A tale riguardo, ci si è sempre chiesti, ancora vigente la vecchia procedura, come si facesse a dimostrare, (e soprattutto chi dovesse dimostrare) il momento in cui il fornitore ha riscontrato la dichiarazione di intento.
La “soluzione” sembra essere offerta dalle nuove funzionalità offerte dal cassetto fiscale, posto che, quando si apre la singola dichiarazione di intento, sul file PDF che si genera, compare l’identificativo della persona che ha eseguito la richiesta e la data della richiesta di visualizzazione. È quindi, purtroppo, facilmente prevedibile come possa essere richiesta l’esibizione delle copie di queste dichiarazioni di intento con la data di visualizzazione, per confrontarle con le fatture emesse in regime non imponibilità.
Tornando alla norma sanzionatoria, la stessa dispone che il riscontro della dichiarazione di intento deve avvenire prima della cessione di beni o della prestazione di servizi, e quindi non è sufficiente il riscontro prima della fatturazione (ammesso per le prestazioni di servizi non incassate).
Per esemplificare, si pensi alla seguente ipotesi:
- ddt per cessione di beni datato 10 maggio;
- dichiarazione d’intento presentata il 5 maggio ma riscontrata il 31 maggio, data della fattura. La fattura dovrà necessariamente esporre l’Iva per non incorrere nelle anzidette ipotesi sanzionatorie.
Sembra quindi opportuno, se non necessario, stampare la dichiarazione di intento, non appena ricevuta e comunque prima dell’effettuazione dell’operazione.
Posto che questa lettura (forse molto prudente) della norma porta a dei risvolti che complicano l’operatività (il fornitore potrebbe non riscontrare mai la dichiarazione di intento per non dover fatturare senza Iva), oltre che complessi (sarebbe necessario infatti la visualizzazione giornaliera del cassetto fiscale), è auspicabile un chiarimento in tal senso, posto che appare abbastanza “strano” che una norma sanzionatoria punisca l’omissione di un comportamento che nessuna norma positiva prevede.