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Riflessioni sui modelli organizzativi in materia di sicurezza e ambiente

Le aziende artigiane incominciano ad approcciarsi a “sistemi di gestione” volti alla prevenzione dei reati: problematiche e possibili soluzioni.

Il d.lgs. 231/2001 ha configurato una responsabilità delle imprese per taluni reati che possono essere commessi nell’ambito aziendale.

Si tratta di una responsabilità definita amministrativa ma, di fatto, penale, che espone le aziende a pesanti sanzioni pecuniarie o interdittive.

Nel corso degli anni il legislatore ha esteso l’ambito dei reati che coinvolgono le imprese: nel 2008 sono stati inclusi i reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro e cioè l’omicidio colposo e le lesioni colpose gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza (art. 25 septies d.lgs.231); successivamente, nel 2011 e nel 2015, sono stati inclusi anche alcuni reati in materia ambientale (art. 25 undecies e s.m.i.).

Quotidianamente compaiono notizie d’infortuni – spesso molto gravi - nell’ambito lavorativo, infortuni causati da disattenzione, superficialità, ma anche da gravi carenze a livello preventivo.

E’ cronaca di tutti i giorni la scoperta di reati ambientali: contaminazione di siti, inquinamento di falde acquifere, emissioni di sostanze nocive, che causano danni gravi alla salute.

Le aziende artigiane, da alcuni anni, stanno incominciando ad approcciarsi a sistemi di gestione della sicurezza e ambientali, sistemi che, se da un lato possono comportare un miglioramento interno, non possono essere utilizzati a difesa dell’impresa nel caso di commissione di reati aziendali.

L’unico strumento volto specificatamente alla prevenzione di tali reati ed alla difesa dell’ente è il modello di organizzazione e di gestione previsto dal d.lgs. 231/2001 (MOG).

Si tratta di uno strumento che non si limita a salvaguardare le aziende da possibili sanzioni pecuniarie o interdittive, ma ha lo scopo di aumentare la consapevolezza del ruolo che le stesse possono svolgere sul territorio.

Il modello consente una verifica da parte dell’azienda dei suoi processi produttivi e decisionali e nello stesso tempo coinvolge sia la dirigenza sia gli stessi lavoratori in un processo di crescita professionale e personale.

L’applicazione del d.lgs. 231 comporta sicuramente impegno per le aziende ma implica anche una crescita in termini di organizzazione, di cultura, di responsabilità.

Il tentativo di adeguarsi a questa normativa (la cui osservanza è sempre più spesso richiesta dalle grandi aziende ai loro partners e dalle amministrazioni pubbliche) comporta la necessità di fornire risposte ad alcuni interrogativi che il dettato normativo, purtroppo non sempre chiaro, pone.

Il d.lgs. 231/2001 appare costruito sulle aziende di grandi dimensioni, dimenticando, per la maggior parte del suo dettato, che il tessuto produttivo nel nostro Paese è caratterizzato dalla presenza di piccole - medie imprese (PMI) che spesso hanno la dimensione della microimpresa.

Come ovviare a ciò? Cercando di dare delle soluzioni che tengano conto della realtà.

Confartigianato ha avviato un gruppo di lavoro a livello nazionale con l’intento di dare risposte a queste domande.

Il gruppo di lavoro ha focalizzato la sua attenzione sulle principali aree aziendali considerate a rischio reato nelle PMI: la sicurezza e l’ambiente.

Sono state affrontate alcune problematiche relative alla realizzazione di un MOG 231/2001 per le PMI la cui soluzione non è stata immediata mancando riferimenti normativi esaustivi ed essendo rara e frammentaria la giurisprudenza in materia.

In particolare, il principale nodo da sciogliere è stato quello riguardante la composizione dell’Organismo di Vigilanza (ODV), figura nevralgica nella fase di attuazione del MOG, i cui compiti sono la vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del MOG e l’aggiornamento dello stesso.

Durante il confronto è emerso che, nelle PMI, una soluzione potrebbe essere ricorrere all’art. 6 penultimo comma del d.lgs. 231/2001: tale articolo consente agli “ENTI DI PICCOLE DIMENSIONI” l’adozione di un ODV che coincida con l’organo dirigente. Certamente sarebbe auspicabile un organo con caratteristiche di totale indipendenza ed autonomia, ma allo stato attuale le aziende artigiane, che stanno muovendo i primi passi verso forme di gestione della sicurezza e dell’ambiente volte alla prevenzione dei reati, accettano più facilmente un progetto che preveda un ODV che coincida con l’ORGANO DIRIGENTE, soluzione meno dispendiosa e più immediata e prevista dallo stesso legislatore con il succitato art. 6.

Altra problematica affrontata è stata l’individuazione del concetto di “ENTI DI PICCOLE DIMENSIONI”.

Non essendoci specifici riferimenti normativi il gruppo di lavoro ha ritenuto opportuno fare riferimento alla Raccomandazione della Commissione europea 361/2003 del 6 maggio 2003 ed al decreto del Ministero delle Attività produttive del 18 aprile 2005, pubblicato nella G. U. 238 del 12/10/2005 secondo la quale per PMI s’intendono: le piccole imprese (che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuale non superiore a 10 milioni di euro), le micro imprese (che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro), le medie imprese (che occupano meno di 250 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro).

Cosa s’intende per ORGANO DIRIGENTE, trattandosi anche in questo caso di espressione che non è specificata dalla normativa? Per rispondere a questa domanda si è passati alla valutazione di casi pratici tenendo conto di quelle che possono essere le strutture societarie delle aziende di Confartigianato.

Per esempio, nel caso di SRL con CDA, l’unica soluzione possibile sembrerebbe quella di attribuire i compiti dell’ODV a uno dei membri che sia anche amministratore delegato (e non semplice consigliere) e che non abbia incarichi e responsabilità specifiche in materia di sicurezza e ambiente (non abbia incarichi di RSPP, non abbia deleghe o procure in queste materie) cioè non rivesta alcun ruolo diretto in materia di sicurezza e ambiente.

Appare opportuno che questo tipo di ODV si avvalga di una consulenza esterna (per es. tecnici di Confartigianato) che possano coadiuvarlo nelle problematiche in materia di sicurezza e ambiente: non si richiede che l’ODV sia un tecnico della sicurezza o dell’ambiente ma  di sicuro ha bisogno di avere il supporto di competenze specifiche .

 

Nelle SRL unipersonali l’ODV può essere l’unico socio.

Nelle SNC bisognerebbe individuare prima chi è il datore di lavoro e successivamente escluderlo come ODV.

Nelle SAS il socio accomandante, responsabile solo nei limiti della quota conferita, potrebbe svolgere il ruolo di ODV (il socio accomandatario gestisce l’azienda).

Non si nasconde che Il limite di questo tipo di ODV ex art. 6, penultimo comma, è che possano rimanere scoperti i reati posti in essere dai soggetti apicali: problema che purtroppo si presenta anche in caso di grandi aziende, come dimostrano le sentenze di condanna dei vertici di SPA che pure avevano un ODV totalmente indipendente ed autonomo, composto di professionisti, che non è riuscito ad impedire reati posti in essere dall’alta dirigenza.

Si esclude che l’ODV abbia poteri di spesa dal momento che ad esso vengono attribuiti poteri di vigilanza, di controllo e di segnalazione. Di contro deve essere dotato di apposito budget per consulenze, corsi, formazione e quant’altro.

Per quanto riguarda l’applicazione del MOG alle imprese individuali, in attesa di una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, (attualmente ci sono due sentenze contrastanti) dal momento che la 231 vuole colpire la colpa di organizzazione, si ritiene opportuno applicare il MOG alle imprese individuali che hanno un’organizzazione. In pratica, laddove sono presenti dei dipendenti. Chiaramente evidenziando all’impresa individuale, che vuole adottare il MOG, i contrasti giurisprudenziali a tutt’oggi non sono risolti.

 

 

Informazioni possono essere chieste alla dott.ssa Alessandra Cargiolli del settore ambiente di Confartigianato Vicenza (tel. 0444 168357)

 

 

  • Data inserimento: 12.12.16