Mercato del Lavoro. Convertito in legge il D.L. 34/2014, c.d. decreto Poletti.
Il 19 maggio scorso è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la Legge 16 maggio 2014, n. 78 di conversione del Decreto Legge 34/2014, in vigore dal 20 maggio 2014. L’iter parlamentare di approvazione della legge, pur mantenendo l’impianto generale del decreto legge, ha visto l’introduzione di importanti variazioni rispetto all’originario testo del decreto legge.
Di seguito si sintetizzano le principali novità introdotte dai due testi normativi in materia di contratto a termine e contratto di apprendistato. Si ricorda che le nuove disposizioni si applicano ai rapporti di lavoro costituiti a decorrere dal 21 marzo 2014 data di entrata in vigore del Decreto Legge 34/2014.
- 1. CONTRATTO A TERMINE
La stipulazione del contratto a tempo determinato non è subordinata all’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
L’ art. 1, c. 1, del D. Lgs. 368/2001 stabilisce che la durata massima del contratto a termine concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione è di trentasei mesi, comprensiva di eventuali proroghe. Tale disposizione trova applicazione anche nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato. Ai fini del computo del periodo massimo di durata si precisa che bisogna tener conto anche dei periodi di lavoro svolti nell’ambito della somministrazione a tempo determinato e aventi ad oggetto mansioni equivalenti.
Il contratto può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, fino ad un massimo di 5 volte nell’arco dei complessivi 36 mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi, a condizione che le proroghe si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto a termine è stato stipulato. La formulazione della norma sembrerebbe, comportare che il tetto delle proroghe si applichi a tutti i contratti stipulati nell’arco dei 36 mesi e non solo ad ogni singolo contratto: ne consegue che in caso di successione di più contratti le proroghe ammesse non potrebbero essere in ogni caso più di cinque. Si precisa, altresì, che i contratti stipulati prima del 21 marzo 2014 continuano ad essere disciplinati dalla vecchia normativa; pertanto per questi contratti è ammessa una sola proroga per la quale è richiesta l’indicazione delle ragioni giustificative.
Il D.L. introduce un limite quantitativo alla stipula di contratti a termine: ciascun datore di lavoro non può eccedere il limite del 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato. La norma, tuttavia, fa salve le diverse disposizioni contenute nei contratti collettivi. In sede applicativa, quindi, è necessario considerare in primo luogo i limiti percentuali e le modalità di calcolo per le assunzioni a termine definiti dai contratti collettivi applicati dalle aziende. Il provvedimento dispone, in ogni caso, che le imprese che occupano fino a 5 dipendenti (da 0 a 5) possono sempre stipulare un contratto a tempo determinato.
Il nuovo limite introdotto dal D.L. 34/2014 deve coordinarsi con quanto definito dall’art. 10, c. 7, del D. Lgs. 368/2001, in base al quale non sono soggetti a limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato conclusi:
- a. nella fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici;
- b. per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità;
- c. con lavoratori di età superiore a 55 anni;
Nel computo del 20% non devono considerarsi i contratti a termine stipulati con lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, ex art. 8, c. 2, legge 223/1991, in quanto tale tipologia contrattuale è espressamente esclusa dall’ambito di applicazione del D. Lgs. 368/2001.
Per quanto riguarda le modalità di calcolo del personale in forza, il nuovo articolo 1 del D. Lgs. 368/2001 individua come momento nel quale calcolare la percentuale del 20% il 1 gennaio dell’anno a cui si riferisce l’assunzione a termine ed il computo va effettuato solo con riferimento ai lavoratori a tempo indeterminato. Al riguardo, si precisa che non vanno compresi nel calcolo:
- gli apprendisti;
- gli assunti con contratto di reinserimento, ex art. 20 legge n. 223/1991;
- i lavoratori provenienti da esperienze di lavori socialmente utili o di pubblica utilità;
- lavoratori somministrati.
I lavoratori a tempo parziale sono calcolati pro quota.
In caso di violazione del limite percentuale è prevista una sanzione amministrativa pari
- al 20% della retribuzione per ogni mese o frazione di mese superiore ai 15 giorni se l’infrazione si è realizzata per un solo lavoratore,
- al 50% della retribuzione per ogni mese o frazione di mese superiore ai 15 giorni se il numero di lavoratori assunti sia superiore a uno.
Tale sanzione non trova applicazione relativamente ai rapporti di lavoro instaurati prima del 21 marzo 2014 che comportino il superamento del limite del 20%.
Al riguardo si segnala che è forte il dubbio circa il fatto che la predetta sanzione amministrativa esaurisca per intero il profilo sanzionatorio legato al superamento del limite percentuale. Si afferma, infatti, che possa persistere anche un’ulteriore sanzione di natura civilistica, quale la conversione del contratto a tempo indeterminato. Sul punto si attende (e auspica) un intervento chiarificatore del Ministero del Lavoro.
Il D.L. 34/2014 ha introdotto un’importante novità in tema di diritto di precedenza: per le lavoratrici si prevede che il periodo di astensione obbligatoria per maternità, intervenuto nel corso dell’esecuzione di un contratto a termine presso la stessa azienda, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile ai fini del diritto di precedenza per le assunzioni a tempo indeterminato nonché per le assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in precedenti rapporti a termine. Il richiamo a tale diritto deve essere contenuto nella lettera di assunzione.
- 2. CONTRATTO DI APPRENDISTATO
La legge di conversione del D.L. 34/2014 reintroduce l’obbligo di redigere per iscritto, in forma sintetica, il piano formativo individuale dell’apprendista.
L’obbligo di stabilizzazione degli apprendisti in forza al fine di procedere all’assunzione di nuovi apprendisti è previsto solamente per le aziende che occupano più di 50 dipendenti.
In merito al contratto di apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale il D.L prevede che all’apprendista sia riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di formazione almeno nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo.
Con riferimento all’apprendistato professionalizzante a differenza del testo originario del D.L. 34/2014 è stato reintrodotto l’obbligo per il datore di lavoro di integrare la formazione professionalizzante con la formazione pubblica. A tal fine la Regione deve comunicare al datore di lavoro, entro 45 giorni, dalla comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, le modalità di svolgimento della formazione trasversale, anche con riferimento alle sedi ed al calendario delle attività previste.