Visite mediche dei lavoratori: il ruolo del medico competente in relazione ai rischi specifici
Il D.lgs. 81/2008 stabilisce che il medico competente effettua la sorveglianza sanitaria (art. 41).
Tra gli obblighi del medico competente troviamo il compito di “programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati” (art. 25, comma 1, lett. b).
L’inosservanza di tale obbligo configura reato.
Nel caso in esame, Il medico competente ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza con cui il Tribunale di Trapani lo aveva condannato alla pena per il reato di cui all'articolo 25, comma 1, lettera b), D. Igs. 9 aprile 2008, n. 81.
Secondo il Tribunale, il medico aveva sottoposto a visita periodica due lavoratori (operai edili), dalla cui cartella sanitaria si ricavava che erano esposti a rischio MMC (movimentazione manuale dei carichi) e rumore e non aveva attuato il protocollo sanitario correlato a tali rischi specifici.
Il ricorrente ha contestato la valutazione del Tribunale che aveva ritenuto che la mancata prescrizione degli esami strumentali (RM e audiometria) volti ad accertare la funzionalità degli organi più esposti al rischio per effetto delle mansioni lavorative esercitate (organi bersaglio), avesse determinato una non conforme valutazione della capacità lavorativa dei due lavoratori e che ciò avesse comportato la violazione dell'art. 25 del Testo Unico n. 81 del 2008,
La Corte di Cassazione, con sentenza numero 6885 del 23 novembre 2016 rigetta il ricorso del medico accogliendo le motivazioni del Tribunale.
Anche secondo la Suprema Corte, in merito alla prima parte dell’art. 25, comma 1, lett. b (attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici) il medico aveva errato non avendo disposto quegli accertamenti complementari (RM, audiometria) adatti a valutare la funzionalità degli organi esposti a rischio.
Per i lavoratori esposti a specifici rischi professionali (come nel caso specifico, trattandosi di operai edili) il medico competente che procede alla visita per la formulazione della propria diagnosi non può basarsi solo sul racconto del lavoratore stesso (anamnesi) che potrebbe essere falsato da una sottovalutazione o ignoranza da parte del lavoratore, ma deve prescrivere quegli accertamenti necessari a verificare quello che gli viene riferito e a fornire un quadro completo della salute del lavoratore. Tanto meno può limitarsi a prescrivere esami clinici, emettendo al contempo un giudizio di piena idoneità, come invece era accaduto nel caso di specie, senza attendere l'esito dell'accertamento diagnostico-strumentale, accertamento che, per entrambi i lavoratori, non era stato richiesto fin dalla visita preventiva, ma solo in una delle visite periodiche successive.
In pratica, il medico aveva emesso il giudizio di idoneità sia in esito alla visita preventiva che in esito alla successiva visita di controllo, senza prima acquisire ed esaminare il referto audiometrico, particolarmente importante per via delle mansioni esercitate dai lavoratori, esposti al rumore, e ciò a dimostrazione di un modo di procedere poco rispettoso dei protocolli sanitari.
Come ribadito dalla Suprema Corte, i reati commessi dal medico competente, in violazione degli obblighi posti a suo carico, sono reati di pericolo astratto per la cui configurabilità non è necessario che dalla violazione dell’obbligo derivi un danno alla salute o all’incolumità del lavoratore. Per configurare tale tipo di reato è sufficiente mettere in pericolo il bene protetto dalla norma (nel caso, la salute) e non occorre l’offesa concreta del bene. Di conseguenza, la funzione del medico è di “prevenire” il danno e quindi di evitare che lo stesso possa verificarsi.
Per quanto riguarda la seconda parte dell’art. 25, 1 comma lett. b, per cui il medico competente deve “tenere in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati” il ricorrente si è difeso ricordando la non precettività delle linee guida e dei protocolli, in considerazione dell’autonomia professionale del medico stesso, ma la Cassazione rileva come i protocolli sanitari in tema di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, non escludono che il medico aziendale possa prescrivere accertamenti più approfonditi di quelli necessari che, in quanto prescritti dalla buona arte medica, sono perciò contemplati in linee guida o protocolli accreditati dalla comunità scientifica; pertanto se il ruolo del medico competente non è di seguire passivamente protocolli sanitari essendo dotato senz’altro di discrezionalità a maggior ragione il medico competente non può esimersi dal prescrivere e quindi deve prescrivere gli accertamenti minimi richiesti per un’efficace prevenzione.