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Corte di Cassazione: non sono ammessi scarichi in acque superficiali pubbliche senza l’apposita autorizzazione

La semplice domanda di autorizzazione allo scarico non ha alcun effetto "liberatorio", neppure temporaneo, potendo l'attività richiesta essere esercitata unicamente una volta rilasciata l'autorizzazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, presentato dall’amministratore delegato di un’azienda con attività di cava, avverso una sentenza del tribunale di Terni, che lo aveva condannato per avere effettuato scarichi in acque superficiali pubbliche senza essere in possesso dell’apposita autorizzazione. Praticamente l’acqua utilizzata per il lavaggio della cava veniva contenuta in vasche e poi, con un tubo, riversata in un fiume in assenza di autorizzazione

Fra le motivazioni del ricorso, veniva evidenziato il fatto che la domanda di autorizzazione allo scarico era stata regolarmente presentata e che decorsi sessanta giorni dalla sua presentazione , la stessa era da intendersi come temporaneamente concessa per i successivi sessanta giorni, in quanto previsto dall’articolo 124, comma 7, del decreto legislativo 152/2006.

Nella realtà dei fatti il ricorso appare infondato in quanto nello stesso non si tiene in considerazione che il testo originario del comma 7 dell'art. 124 del d.lgs. n. 152 del 2006, è stato modificato, e il meccanismo di silenzio-assenso, sia pure temporaneo (i sessanta giorni), non è più previsto dalla normativa. Tale testo è stato modificato dall'art. 2, comma 12, del d.lgs. n. 4 del 2008  e si limita ad affermare che "l'autorità competente provvede entro novanta giorni dalla ricezione della domanda" senza contemplare più alcun meccanismo di silenzio - assenso legato all'inadempimento dell'autorità a provvedere sulla domanda.

Sostanzialmente non può essere ammesso uno scarico “industriale” in assenza di autorizzazione allo stesso.

In allegato viene riportata la sentenza della Corte di Cassazione 20/01/2016, n. 9942.

  • Data inserimento: 29.03.16