Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se vuoi saperne di più consulta la cookie policy Per saperne di piu'

Approvo

Dietro gli aumenti dell’energia elettrica incide pesantemente l’impennata del gas per il funzionamento delle centrali termoelettriche

Difficile immaginare un calo dei prezzi per i prossimi mesi senza un intervento governativo o del legislatore

La settimana appena conclusa ha visto l’ennesima crescita dei prezzi energetici ed il mercato elettrico continua a dare la sensazione di essere fuori controllo, non solo in Italia, ma anche nell’intera Europa. Il base load a Parigi sale a 137,07 €/MWh e il PUN in Italia (*) sfiora i 150 €/MWh dopo aver raggiunto i 200 €/MWh dalle 19.00 alle 20.00 del 15 settembre 2021.

Non sembra ci siano al momento prospettive di calo dei prezzi, anzi si ha la sensazione che potrebbero continuare i rincari. La richiesta in generale fatta ai Governi di tutta Europa è quella di adottare provvedimenti che evitino o riducano fortemente gli aumenti previsti e dichiarati, nel caso italiano, dal ministro Cingolani “l’elettricità aumenterà del 40% nel quarto trimestre”. Il rischio è che le famiglie vadano in difficoltà, basti pensare quelle a basso reddito, o che le aziende, soprattutto quelle di piccole dimensioni, che già stanno vivendo serie difficoltà per l’impressionante aumento dei costi delle materie prime, non riescano a sopportare anche questo ulteriore peso. Aziende che restando nel mercato tutelato pensavano di avere una tutela tariffaria maggiore rispetto alle altre che si forniscono nel libero mercato, ma che oggi scoprono che tale tutela di fatto non esiste più e che con la fine del 2022 cesserà anche formalmente.

Alcuni interventi che si leggono evidenziano in maniera chiara l’improvvisazione sui temi energetici e sui suoi costi, e in particolare sui costi della transizione energetica. Se è vero che nella bolletta elettrica il costo per l’abbattimento della CO₂ ha un suo peso, è bene evidenziare che comunque riguarda una percentuale significativa ma non così determinante per la struttura del prezzo.

Degli oltre 100 €/MWh di cui è salito il PUN in questi mesi, circa il 15% può essere riferito al costo della CO₂, peraltro la crescita di questa voce di costo fa pensare ad una scelta voluta per dare una accelerazione al processo di decarbonizzazione voluto dall’intera Comunità Europea. 

Questo però significa che il rimanete aumento, 85 €/MWh, è da attribuire al gas, quindi il rapporto con la transizione energetica centra poco o nulla. Non risulta peraltro che gli impianti a carbone abbiano cessato la produzione di energia, diciamo che procedono lentamente verso la definitiva chiusura.

Dobbiamo prendere atto che il gas continuerà a servire ancora per molto tempo, ma di fatto l’impennata dei prezzi appare veramente eccessiva. Certamente si può dire che ci sono stati problemi tecnici, strutturali negli oleodotti a servizio dell’Europa e del nostro Paese, oppure che ci sono problemi contrattuali per le forniture di gas, ma si fatica a non pensare che le debolezze di una Comunità Europea nella politica estera incidano pesantemente sui rapporti internazionali con chi il gas lo produce. Se a questo aggiungiamo anche le tensioni geopolitiche nei paesi Arabi e non solo, oltre alle consuete speculazioni, ecco che allora probabilmente riusciamo a dare una lettura al forte aumento dei prezzi energetici.  

(*) PUN - Prezzo Unico Nazionale - è il prezzo di riferimento dell'energia elettrica acquistata in borsa, pubblicato dal Gestore dei Mercati Energetici sul proprio sito