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Entro il 4 ottobre è possibile accedere alla sanatoria delle partite IVA inattive

Ridotti al minimo gli adempimenti da seguire per procedere alla chiusura delle partite Iva inattive.

Il recente decreto di stabilizzazione finanziaria ha introdotto alcune misure finalizzate, tra l’altro, ad incrementare le attività di prevenzione e repressione dei fenomeni di frode in materia di IVA nazionale e comunitaria, attraverso il presidio sistematico delle partite IVA, provvedendo alla revoca d’ufficio di quelle inattive. Nel contempo, ha introdotto una sanatoria, da effettuare entro il 4 ottobre p.v., che consente il pagamento di una sanzione ridotta nel caso in cui non si sia provveduto a comunicare la cessazione dell’attività.

La finalità della disposizione, come si legge nella relazione illustrativa di accompagnamento, è costituita dalla necessità di ricondurre il numero delle partite IVA a quelle in effettiva attività, con conseguente ridimensionamento delle banche dati da gestire e consolidamento degli studi statistici, oltre che un reale potenziamento dell’analisi del rischio su tutta la platea dei contribuenti IVA.

1.    REVOCA D’UFFICIO DELLE PARTITE IVA INATTIVE

L’articolo 23, comma 22, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge n. 111 del 15 luglio 2011, ha introdotto l’istituto di revoca d’ufficio delle partite IVA nel caso in cui venga accertato il mancato svolgimento dell’attività per tre annualità consecutive o qualora per le ultime tre annualità non sia stata presentata la dichiarazione annuale IVA.

La disposizione è inserita nell’ambito dell’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633/72. 

In sostanza, è introdotta a regime, con decorrenza 6 luglio 2011, la revoca d’ufficio delle partite IVA considerate “inattive”.

Il “sintomo di inattività” della partita IVA è costituito:

  • dal mancato svolgimento dell’attività d’impresa, arte o professione  da parte del titolare per tre annualità consecutive;
  • dalla omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA (se obbligato) per tre annualità consecutive.

In considerazione della finalità della norma, evidenziata nella relazione illustrativa, di ricondurre il numero delle partite IVA a quelle in effettiva attività, è ragionevole ritenere che anche la revoca d’ufficio per l’omessa presentazione delle dichiarazioni IVA per tre annualità consecutive riguardi, in ogni caso, quelle fattispecie in cui non siano state effettuate né operazioni attive né passive, le cui dichiarazioni annuali sarebbero dovute essere state presentate, quindi, con importi pari a zero.

Nella relazione illustrativa, è chiarito che l’omissione della dichiarazione IVA deve riguardare le ultime tre annualità; inoltre il mancato esercizio dell’attività deve essere accertato a seguito di controlli.

Restano esclusi dalla cancellazione d’ufficio delle partite Iva i soggetti per i quali la dichiarazione IVA non è obbligatoria (quali, ad esempio, gli esercenti attività agricole con volume d’affari non superiori a 7.000 Euro).

Il contribuente nei cui confronti è stato emesso un provvedimento di revoca della partita IVA può opporsi al medesimo presentando ricorso alle Commissioni tributarie.

2. SANATORIA PER LA OMESSA DICHIARAZIONE DI CESSAZIONE DELL’ATTIVITA’

L’articolo 23, comma 23, del citato decreto, inoltre, introduce la possibilità di sanare l’omessa dichiarazione di cessazione dell’attività.

In caso di cessazione d’attività, l’articolo 35, comma 3, del D.P.R. n. 633/72 prevede l’obbligo di presentazione della relativa dichiarazione (modelli AA9/10 e AA7/10) entro 30 giorni decorrenti dalla data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell’azienda.

La sanzione ordinaria, per l’omessa presentazione della dichiarazione di cessazione dell’attività, come previsto nell’articolo 5, comma 6, del D.Lgs. n. 471/97, è pari da un minimo di euro 516,46 ad un massimo di euro 2.065,83.

Tale sanzione è, altresì, applicabile nel caso in cui la dichiarazione sia presentata con indicazioni incomplete o inesatte: in tal caso l’applicazione della sanzione è prevista se l’inesattezza o l’incompletezza del dato riguarda il contribuente, il luogo di esercizio dell’attività o di conservazione dei documenti contabili e non consente comunque l’individuazione del soggetto o dei luoghi citati.

L’articolo 5, comma 6, citato, prevede a regime la riduzione ad un quinto del minimo (pari ad euro 103,29) se l’obbligato provvede alla regolarizzazione della dichiarazione presentata, nel termine di 30 giorni dall’invito dell’ufficio. Quindi, il presupposto per l’applicazione della riduzione ad un quinto (cioè, euro 103,29) è costituito dalla regolarizzazione di una dichiarazione già presentata, con errori che legittimano l’applicazione della sanzione (tale interpretazione è altresì desumibile dalla circolare ministeriale  n. 23, del 25 gennaio 1999).

La nuova disposizione in commento si rivolge ad una diversa fattispecie, costituita dall’ipotesi in cui la dichiarazione di cessazione dell’attività sia stata omessa: tali contribuenti hanno, quindi, la facoltà di sanare spontaneamente, ora per allora, l’omessa presentazione della dichiarazione di cessazione, attraverso il pagamento di una sanzione pari ad un quarto del minimo (euro 129) entro il termine del 4 ottobre 2011.

E’ possibile accedere alla sanatoria semprechè la violazione non sia stata già constatata con atto portato a conoscenza del contribuente. Dovrà essere chiarito se tale condizione debba sussistere alla data in cui si eseguono gli adempimenti richiesti ovvero alla data di entrata in vigore del decreto (cioè, il 6 luglio 2011).

1.1     Modalità da seguire per la sanatoria

Per aderire alla sanatoria è prevista una procedura semplificata, come chiarito con il comunicato stampa dell’Agenzia delle entrate dell’11 luglio 2011.

E’ sufficiente provvedere al versamento tramite “F24 Versamenti con elementi identificativi”, entro 90 gg dalla data di entrata in vigore della legge, dell’importo di 129 euro, indicando il codice tributo 8110, la partita Iva da chiudere, e l’anno di cessazione dell’attività.

In un ottica di semplificazione, l’Agenzia precisa che non è necessario presentare anche la dichiarazione di cessazione attività, con il mod. AA7 (previsto per i soggetti diversi dalle persone fisiche) od il mod. AA9 (previsto per le imprese individuali e lavoratori autonomi), perché la chiusura della partita Iva verrà effettuata dall’Agenzia sulla base dei dati desunti dal modello F24 presentato.

A tal fine l’Agenzia delle entrate ha istituito l’apposito codice tributo con risoluzione n. 72/E dell’11 luglio 2011.

Il contribuente dovrà compilare il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi” indicando:

A.      Il codice tributo 8110, denominato “Sanzione per l’omessa presentazione della dichiarazione di cessazione attività di cui all’art. 35, c.3, del DPR 633/72 – Sanatoria di cui all’articolo 23, c.23, D.L. 98/2011”;

B.      nella sezione “CONTRIBUENTEi dati anagrafici e il codice fiscale del soggetto versante;

  1. nella sezione ERARIO ED ALTRO”:
  • il campo “tipo” sarà valorizzato con la lettera “R”;
  • il campo “elementi identificativi” sarà valorizzato con l’indicazione del numero di partita Iva da cessare;
  • il campo “codice” sarà valorizzato con l’indicazione del codice tributo (8110).
  • Il campo “anno di riferimento” è valorizzato con l’anno di cessazione dell’attività nel formato AAAA.

Si ritiene che non sia possibile effettuare il pagamento utilizzando eventuali crediti compensabili: ciò in considerazione del fatto che l’accesso alla sanatoria è possibile mediante l’utilizzo del modello “F24 Versamenti con elementi identificati”, che non prevede la colonna “importi a credito compensati”.

  • Data inserimento: 02.08.11
  • Inserito in:: FISCO
  • Notizia n.: 295