Beni dell'impresa concessi in godimento a soci e familiari dell'imprenditore - Ulteriori chiarimenti dell’Agenzia
PREMESSA E RIEPILOGO
L’Agenzia delle entrate è intervenuta con ulteriori chiarimenti sulle modalità applicative delle disposizioni volte a contrastare il fenomeno della concessione in godimento di beni relativi all’impresa a soci o familiari dell’imprenditore per fini privati.
L’articolo 2, commi da 36-terdecies a 36-duodevicies, decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011, ha previsto sostanzialmente che:
- in capo agli utilizzatori, cioè ai soggetti che ricevono in godimento i beni aziendali, sorge un reddito diverso determinato confrontando il minor corrispettivo pattuito e il valore di mercato del diritto di godimento;
- in capo all’impresa concedente i beni in godimento, i costi sostenuti per il bene dato in godimento a valori inferiori a quelli di mercato sono indeducibili;
- al fine di monitorare tali fattispecie, è stato introdotto un obbligo di comunicazione dei dati relativi ai beni dell’impresa concessi o ricevuti in godimento, il cui primo invio è stato recentemente prorogato al 31 marzo 2013 (provvedimento Direttore Agenzia Entrate del 17 settembre 2012). L’adempimento è disciplinato dal provvedimento direttoriale del 16 novembre 2011.
L’Agenzia delle entrate, al fine di fornire chiarimenti, è intervenuta con le circolari nn. 24/E del 15 giugno 2012 e n. 25/E del 19 giugno 2012 (par. 5), a seguito delle quali sono state riscontrate numerose criticità rappresentate all’Amministrazione.
Con la circolare n. 36/E del 24 settembre 2012, l’Agenzia delle entrate risolve positivamente le problematiche segnalate.
I CHIARIMENTI DELLA CIRCOLARE N. 36/E/2012
1. Certificazione
La circolare n. 24/E aveva previsto che, al fine di determinare il reddito diverso, il corrispettivo annuo e le altre condizioni contrattuali (quali l’inizio e la durata del godimento del bene) dovevano risultare da “apposita certificazione scritta di data certa antecedente alla data di inizio dell’utilizzazione del bene”.
Con la nuova circolare, l’Amministrazione, pur confermando la necessità di una documentazione che evidenzi i contenuti del rapporto, precisa che non necessariamente debba essere costituita da una certificazione scritta di data certa. Il contribuente, infatti, può comunque dimostrare, anche con mezzo diverso, quali sono gli elementi essenziali dell’accordo.
2. Beni utilizzati dagli imprenditori individuali e dai soci di società di persone e di società trasparenti per opzione.
Nel caso di utilizzo dei beni aziendali da parte dell’imprenditore individuale o da parte dei soci di società di persone o trasparenti per opzione, l’applicazione della norma in argomento può determinare una doppia imposizione. In tal caso, infatti, si verifica la tassazione di un maggior reddito d’impresa imputato all’imprenditore individuale o al socio per trasparenza, pari all’indeducibilità in capo al concedente dei costi del bene dato in godimento (alla persona fisica titolare dell’impresa individuale o al socio) e la concomitante tassazione di un reddito diverso.
Tale aspetto ha costituito oggetto di attenzione da parte dell’Agenzia la quale, nella circolare n. 36/E, ha affermato che il reddito diverso (differenza tra valore normale dell’uso e prezzo pagato dal socio), da assoggettare a tassazione in capo all’utilizzatore, deve essere ridotto del maggior reddito d’impresa imputato allo stesso utilizzatore (imprenditore individuale o socio tassato per trasparenza) a causa dell’indeducibilità dei costi del bene concesso in godimento che ha generato il reddito diverso.
Quindi il reddito diverso da assoggettare a tassazione va determinato confrontando i seguenti valori:
a) valore normale del diritto di godimento del bene meno corrispettivo pagato;
b) reddito d’impresa imputato all’imprenditore individuale corrispondente ai costi non ammessi in deduzione (o quota parte del reddito attribuito al socio per trasparenza).
Se il valore a) supera il secondo b), solo tale eventuale eccedenza (a-b) sarà assoggettata a tassazione come reddito diverso.
Esempio n. 1
Una società con due soci al 50% concede in godimento ad uno dei soci un bene immobile strumentale ad un corrispettivo (pari a euro 5.500) inferiore al valore normale del diritto di godimento (pari a euro 10.000). I costi sostenuti relativamente al bene sono pari a euro 2000 e sono indeducibili.
La differenza tra il valore normale del diritto di godimento ed il corrispettivo pagato è pari a:
euro 10.000 – euro 5.500 = euro 4.500 (valore di cui alla lettera a)
Il reddito d’impresa imputato al socio (pari ai costi indeducibili) è pari a euro 2.000 (valore di cui alla lettera b).
Poiché il primo valore (euro 4500) supera il secondo (euro 2000), la differenza (a-b) è pari ad euro 2500 e costituisce il reddito diverso da assoggettare a tassazione.
Relativamente ai beni ad uso promiscuo, per i quali è prevista una forfetizzazione dei costi deducibili, nella circolare n 24/E/2012 l’Agenzia ha precisato che:
- in capo al concedente trovano applicazione le disposizioni del TUIR che prevedono una limitazione alla deducibilità dei relativi costi;
- in capo all’utilizzatore si rende applicabile l’articolo 67, comma 1, lett. h-ter, TUIR, a prescindere dalla circostanza che il bene sia assoggettato al predetto regime di limitazione della deducibilità dei relativi costi.
Poiché per tali beni restano applicabili le norme previste dal TUIR, nella circolare 36/E l’Agenzia chiarisce che nelle ipotesi in cui scatta l’applicazione del reddito diverso, il maggior reddito derivante dalla indeducibilità dei costi relativi al bene concesso in godimento, è imputato a tutti i soci a prescindere da chi ha l’utilizzo del bene.
Esempio n. 2
Una società, con due soci al 50%, detiene una autovettura utilizzata gratuitamente da uno di essi.
L’impresa ha sostenuto costi relativi al bene pari a 1.000 euro, di cui il 60% indeducibile (euro 600).
La differenza tra il valore normale del diritto di godimento ed il corrispettivo pagato è pari a:
euro 800 – euro 0 = euro 800 (valore di cui alla precedente lettera a)
Il reddito d’impresa imputabile a ciascun socio, a prescindere dall’utilizzo del bene è pari al 50% di 600 euro, cioè pari a euro 300 (valore di cui alla lettera b).
La differenza tra i due valori (a - b) è pari a euro 500 e costituisce il reddito diverso da assoggettare a tassazione in capo al socio utilizzatore.
3. Autoveicoli: individuazione del valore normale di godimento
La circolare n. 36/E chiarisce, al fine di evitare inutili complicazioni nella ricerca del valore normale del servizio, che il citato valore nei casi di autoveicoli deve essere determinato ai sensi dell’articolo 51, comma 4, TUIR, ossia con le regole previste per i “fringe benefit” dei dipendenti e pertanto facendo riferimento al 30 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali elaborate annualmente dall’ACI e pubblicate sul proprio sito web.
Per determinare il reddito diverso da assoggettare a tassazione, occorre confrontare, quindi, il valore normale del diritto di godimento del bene facendo riferimento all’art. 51, comma 4, TUIR, al netto del corrispettivo eventualmente pagato, con il reddito imputato all’imprenditore individuale o attribuito al socio utilizzatore per trasparenza corrispondente all’ammontare dei costi non ammessi in deduzione per effetto della percentuale di forfetizzazione prevista dal TUIR. Il reddito diverso da assoggettare a tassazione è costituito dall’eventuale eccedenza del valore normale rispetto al predetto reddito.
4. I beni promiscui con deducibilità integrale
L’Agenzia esclude dall’applicazione delle disposizioni in argomento i beni per i quali il legislatore fiscale ha riconosciuto l’integrale deducibilità dei costi anche quando i beni, per loro natura, possono essere utilizzati promiscuamente.
Si tratta, ad esempio, delle autovetture adibite ad uso pubblico (taxisti), che possono dedurre integralmente i relativi costi, nonostante l’uso privato riconosciuto agli stessi dalla normativa di settore.