Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se vuoi saperne di più consulta la cookie policy Per saperne di piu'

Approvo

Decreto Trasparenza: novità per la gestione dei rapporti di lavoro.

In vigore dal 13 agosto 2022 il D.lgs. n. 104/2022 relativo agli obblighi di informazione in capo al datore di lavoro circa le condizioni di svolgimento della prestazione lavorativa dei dipendenti.

Nella Gazzetta Ufficiale n. 176 del 29 luglio u.s. è stato pubblicato il D.lgs. 27 giugno 2022, n. 104, di attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione Europea che introduce, modificando il D.lgs. n. 152/1997 sulla medesima materia, nuove disposizioni sui diritti minimi e sulle informazioni da fornire ai lavoratori in merito alle condizioni di svolgimento della prestazione lavorativa.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (di seguito INL) con la circolare n. 4 del 10 agosto 2022, fornisce le prime indicazioni esplicative delle nuove norme.

Il Decreto Legislativo, fortemente criticato da Confartigianato non per lo scopo che si prefigge quanto per le modalità di attuazione, appesantisce e complica gli obblighi informativi che il datore di lavoro deve fornire ai lavoratori al momento dell’assunzione con decorrenza dal 13 Agosto 2022, prevedendo altresì la possibilità a favore dei dipendenti in forza al 1° agosto 2022 di richiedere in via retroattiva l’adempimento di tali obblighi al proprio datore di lavoro (il quale dovrà fornire una risposta entro 60 giorni dalla richiesta).

L’INL precisa che gli obblighi informativi trovano applicazione anche con riguardo ai lavoratori assunti tra il 2 ed il 12 agosto 2022; pertanto, anche questi lavoratori possono richiedere l’eventuale integrazione delle informazioni relative al proprio rapporto di lavoro.

I nuovi obblighi di informazione trasparenti si applicano ai seguenti rapporti di lavoro:

  • contratto di lavoro subordinato, anche agricolo, a tempo indeterminato (comprese le tre tipologie di apprendistato) e determinato, anche a tempo parziale;
  • contratto di lavoro somministrato;
  • contratto di lavoro intermittente;
  • rapporto di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente (art. 2 D.lgs. n. 81/2015);
  • rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (art. 409, n. 3, c.p.c.);
  • contratto di prestazione occasionale (art. 54 bis D. legge n. 50/2017);
  • rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e a quelli degli enti pubblici economici;
  • lavoratori marittimi e ai lavoratori della pesca, fatta salva la disciplina speciale vigente in materia;
  • ai lavoratori domestici. 

Restano esclusi dall’applicazione del decreto:

  • i rapporti di collaborazione prestati nell’impresa familiare (i collaboratori familiari, ossia coniuge, i parenti e gli affini entro il 3° grado, devono essere conviventi del datore di lavoro);
  • i rapporti di lavoro autonomo (art. 2222 del codice civile e s.s., purché non integranti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa);
  • i rapporti di lavoro caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di tre ore a settimana in quattro settimane consecutive;
  • i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale;
  • i rapporti di lavoro del personale dipendente di amministrazioni pubbliche in servizio all’estero;
  • i rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico (magistrati, forze di polizia etc.), quest’ultimi limitatamente alcune disposizioni del decreto. 

ASSUNZIONI

Il decreto amplia l’elenco di informazioni da rendere obbligatoriamente ai lavoratori al momento dell’assunzione, già previsto dal D.lgs. n. 152/1997, non consentendo, a differenza di quanto previsto dalla Direttiva europea, il rinvio alla legge e al contratto collettivo applicato dal datore di lavoro. Le imprese sono quindi costrette a stilare svariate pagine di lettera di assunzione/contratto di lavoro per rendere le tante informazioni che restano comunque particolarmente tecniche e quindi di difficile comprensione per il lavoratore.

Al riguardo, l’INL nella circolare del 10 agosto, scrive:

“fermo restando che con la consegna del contratto individuale di lavoro o di copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro (v. infra) il lavoratore deve essere già informato sui principali contenuti degli istituti di cui all’art. 1 (ad es. orario di lavoro giornaliero per n. giorni alla settimana; importo retribuzione mensile per numero delle mensilità ecc.), la relativa disciplina di dettaglio potrà essere comunicata attraverso il rinvio al contratto collettivo applicato o ad altri documenti aziendali qualora gli stessi vengano contestualmente consegnati al lavoratore ovvero messi a disposizione secondo le modalità di prassi aziendale”.

Talune informazioni devono essere obbligatoriamente fornite entro 7 giorni dall’inizio della prestazione lavorativa, altre entro 30 giorni dall’inizio della stessa (vedi prospetto).

Le imprese devono rendere le informazioni in modo chiaro e trasparente in formato cartaceo (es. nella lettera di assunzione) oppure elettronico, conservandone la prova della trasmissione o della ricezione fino a cinque anni dopo alla conclusione del rapporto di lavoro.

I datori di lavoro che omettono gli obblighi informativi sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria, irrogata dall’Ispettorato del Lavoro, da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato.

Il decreto, introducendo nel corpo del D.lgs. 152/1997 il nuovo art. 1 bis, prevede specifici obblighi informativi verso i lavoratori da rendere al momento dell’assunzione nel caso in cui il datore di lavoro o il committente utilizzi sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati nella gestione della prestazione lavorativa dei dipendenti. Tale disposizione, secondo quanto evince dalla Relazione illustrativa del decreto di fonte parlamentare, sembra riguardare i datori di lavoro o i committenti che utilizzano sistemi algoritmici per coordinare, monitorare e gestire il rapporto di lavoro; auspichiamo tuttavia chiarimenti e precisazioni.

DISTACCO ESTERO

Anche i datori che distaccano o inviano in missione all’estero i propri dipendenti (nuovo art. 2 D.lgs. n. 152/1997) devono, prima della partenza, fornire ai lavoratori ulteriori informazioni per iscritto su:

  • paese/i dove sarà resa la prestazione e la durata prevista;
  • la valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione;
  • le eventuali prestazioni ulteriori in denaro o in natura inerenti agli incarichi svolti;
  • ove sia previsto il rimpatrio, le condizioni che lo disciplinano;
  • la retribuzione cui ha diritto il lavoratore conformemente al diritto applicabile dello Stato membro ospitante;
  • le eventuali indennità specifiche per il distacco e le modalità di rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio;
  • indirizzo del sito internet istituzionale dello Stato membro ospitante in cui sono pubblicate le informazioni sul distacco.

L’omessa informazione comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, irrogata dall’Ispettorato del Lavoro, da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato.

VARIAZIONI DEL RAPPORTO DI LAVORO

Viene, altresì, previsto l’obbligo di informare il lavoratore dei mutamenti del rapporto di lavoro intervenuti dopo l’assunzione (nuovo art. 3 D.lgs. n. 152/1997). Il datore di lavoro deve, quindi, notificare al lavoratore per iscritto “qualsiasi variazione” delle condizioni di lavoro, salvo che le variazioni siano conseguenza di modifiche normative o di clausole di contratti collettivi, nel qual caso non sussiste alcun obbligo di notifica.

La disposizione abbrevia i tempi per adempiere a tale obbligo di informazione: infatti, l’adempimento, attualmente da assolvere entro un mese dall’adozione della modifica, viene anticipato al giorno antecedente al prodursi degli effetti della modifica stessa.

Anche in questo caso, l’omessa informazione comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, irrogata dall’Ispettorato del Lavoro, da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato.

ULTERIORI PRESCRIZIONI

Il decreto contiene, inoltre, alcune prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro in materia di:

  • periodo di prova (articolo 7), che non può essere superiore a sei mesi, fatte salve le durate inferiori previste dai contratti collettivi, e la cui durata è estesa nei casi in cui il lavoratore sia stato assente, per un periodo corrispondente alla durata dell’assenza. In caso di rapporti di lavoro a tempo determinato tale periodo deve avere una durata proporzionata e non può essere previsto in caso di rinnovo del contratto per lo svolgimento delle medesime mansioni;
  • cumulo di impieghi (articolo 8), in virtù del quale un datore di lavoro non può vietare ad un lavoratore di svolgere un impiego parallelo al di fuori dell’orario di lavoro stabilito, né per tale motivo riservargli un trattamento meno favorevole, salvo che nel caso di pregiudizio per la salute e la sicurezza, mancato rispetto della normativa in materia di riposi, necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico, conflitto d’interessi con l’attività principale;
  • prevedibilità minima del lavoro (articolo 9) per i lavoratori il cui rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa si svolga secondo modalità organizzative in tutto o in gran parte imprevedibili (rapporti di lavoro in cui non sia predeterminato l’orario di lavoro e la sua collocazione temporale). In tale ipotesi non è possibile imporre al lavoratore lo svolgimento della prestazione lavorativa se non ricorrono entrambe le seguenti condizioni:
    • preventiva indicazione delle ore e dei giorni di riferimento durante i quali il lavoro può aver luogo;
    • un ragionevole periodo di preavviso, entro il quale il lavoratore deve essere informato dal datore di lavoro in merito all’incarico di lavoro;
  • transizione a forme di lavoro stabili (articolo 10), con la possibilità per il lavoratore con un’anzianità di almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro di chiedere, in forma scritta, che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile. In questa ipotesi il datore di lavoro deve fornire una risposta scritta motivata al lavoratore entro un mese, ma non è obbligato a concedere la transizione ad altra forma di lavoro. Inoltre, in caso di richiesta reiterata e di analogo contenuto le imprese fino a 50 dipendenti potranno rispondere in forma orale qualora la motivazione della risposta rimanga invariata rispetto alla precedente;
  • formazione obbligatoria (articolo 11), che deve essere gratuita e considerata orario di lavoro e, ove possibile, deve svolgersi durante lo stesso. La disposizione non riguarda, tuttavia, la formazione professionale o quella necessaria per ottenere, mantenere o rinnovare una qualifica professionale, salvo che il datore di lavoro non sia tenuto a fornirla per obbligo di legge o di contrattazione collettiva. Sono fatte, inoltre, salve le specifiche disposizioni sulla formazione in materia di salute e sicurezza.

Infine, sono stabilite misure di tutela per i lavoratori in caso di violazione degli obblighi sanciti dal decreto. In particolare, l’art. 12 prevede la facoltà per il lavoratore (oltre al ricorso all’autorità giudiziaria e amministrativa e le procedure previste dalla contrattazione collettiva applicabile) di promuovere le procedure di conciliazione previste dagli artt. 410 – 412 quater Cod. Proc. Civ. o dalle camere arbitrali di cui all’art. 31, comma 12, della legge n. 183/2010. I successivi articoli 13 e 14 disciplinano la protezione del lavoratore da trattamento e conseguenze sfavorevoli e contro il licenziamento o il recesso del committente per aver invocato l’applicazione del decreto.

  • Data inserimento: 11.08.22