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I beni dell'impresa concessi in godimento a soci e familiari dell'imprenditore trovano i primi chiarimenti

Con la circolare n. 24 del 2012, l'Agenzia delle entrate fornisce le prime precisazioni sulla disposizione introdotta con la manovra di ferragosto 2011.

PREMESSA

A distanza di oltre 9 mesi dall’emanazione della norma, contenuta nel D.L. n. 138/2011 (manovra di ferragosto), con cui è stata modificata la disciplina fiscale dei beni di impresa utilizzati da soci e familiari a canoni inferiori al valore di mercato, l’Agenzia delle entrate interviene sull’argomento con un proprio documento di prassi. Qualche primo indiretto chiarimento sull’argomento era, peraltro, rinvenibile nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 16 novembre 2011 con il quale è stato approvato il modello di comunicazione da utilizzarsi, da parte del concedente ovvero del beneficiario, per comunicare l’utilizzo dei beni d’impresa.

Si ricorda che le disposizioni, contenute nell’articolo 2, commi da 36-terdecies a 36-duodevicies, sono finalizzate a contrastare il fenomeno di intestazione “fittizia” di beni utilizzati a titolo personale da soci o familiari dell’imprenditore. Riguardano, infatti, le fattispecie in cui i beni pur non fuoriuscendo dal regime d’impresa, vengono concessi in godimento a soci o familiari a condizioni diverse da quelle che caratterizzano il mercato, quindi senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore a quello corrente. Le modifiche normative riguardano la generalità delle imprese, quindi sia le società di comodo che quelle pienamente operative nonché le imprese individuali.

Per colpire tale fenomeno il legislatore è intervenuto prevedendo effetti in capo all’impresa concedente (ipotesi di indetraibilità dei costi) e in capo agli utilizzatori siano essi soci o familiari (nuova fattispecie di reddito diverso). Inoltre, sempre con il medesimo provvedimento normativo è stato introdotto l’obbligo di trasmissione all’Agenzia delle entrate di un’apposita comunicazione (che può essere inviata, in via alternativa, dall'impresa concedente ovvero dal socio o dal familiare dell'imprenditore) al fine di rafforzare il recupero della base imponibile non dichiarata riportando l'intestazione dei beni all'effettivo utilizzatore, quindi, scoraggiando l'occultamento, attraverso lo schermo societario, di beni che, di fatto vengono posti nella disponibilità dei soci i quali ne traggono immediata utilità. La comunicazione è, quindi, finalizzata al potenziamento dell'attività di accertamento effettuata dall'Agenzia delle entrate utilizzando il metodo sintetico.

GLI EFFETTI IN CAPO AL CONCEDENTE

1.       Ambito soggettivo di applicazione della disciplina

La norma si applica a società, sia di capitali che di persone comprese le società cooperative, e a imprese individuali, anche in forma familiare. La circolare n. 24 del 2012 precisa, inoltre, che la disciplina si applica anche alle stabili organizzazioni di società non residenti e agli enti privati di tipo associativo limitatamente ai beni relativi alla sfera commerciale. Sempre con riguardo all’ambito di applicazione, facendo riferimento la norma ai beni dell'«impresa» e quindi, indirettamente, richiamando il fatto che il soggetto deve svolgere un’attività da cui ritrae reddito d’impresa, la disposizione non interessa le società semplici e quelle non residenti prive di stabile organizzazione in Italia nonché gli enti non commerciali che non svolgono un'attività d'impresa: in tal modo, però, sfuggono, sia al «monitoraggio» che alla nuova fattispecie reddituale i beni concessi da tali enti in godimento ai propri soci.

2.       Tipologia di beni soggetti alla disciplina

Quanto ai beni d’impresa interessati dalla disciplina, stante la formulazione della norma che parla di “costi relativi ai beni dell’impresa” vanno ricompresi i beni strumentali, i beni merce come pure i beni patrimonio. Per i soggetti IRPEF (imprese individuali e società di persone), l’individuazione del beni relativi all’impresa dovrà essere fatta avendo a mente l’art. 65 del TUIR.

Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 16 novembre 2011 può essere di ausilio per l’individuazione dei principali beni che ricadono nella disciplina.

Vengono, infatti, elencate le seguenti tipologie oggetto di monitoraggio:

  • autovetture;
  • altri veicoli;
  • unità da diporto;
  • aeromobile;
  • immobili;
  • altri beni diversi dai precedenti solo se di importo uguale o superiore a 3.000 euro.

In particolare, con riferimento alla categoria residuale (beni diversi) il provvedimento esclude dal monitoraggio quelli “di valore non superiore a 3.000 euro, al netto dell’IVA applicata”. Tale esclusione, prevista per il monitoraggio, viene, dalla circolare in commento, confermata anche in riferimento agli effetti reddituali che la norma produce in capo a concedente e beneficiario; fuoriescono, di fatto, dalla disciplina in oggetto la concessione in uso di beni di modico valore: telefonini, PC, tablet, ecc. 

3.       Trattamento dei costi relativi ai beni soggetti alla disciplina

I costi imputabili ai beni dell’impresa che sono stati concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento, sono indeducibili.

In tal senso recita il comma 36-quaterdecies, dell’articolo 2.

 

 

Art.2, c. 36-quaterdecies

 

 

I costi relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile.

 

L’effetto penalizzante che la norma produce in capo ai soggetti concedenti vuole scoraggiare comportamenti non corretti finalizzati a “scaricare” sull’impresa costi senza che a fronte dei quali vi siano corrispondenti corrispettivi. In pratica, la norma sembra aver voluto individuare una fattispecie in cui, ope legis, i costi sono indeducibili per mancanza del requisito dell’inerenza.

La disposizione parla genericamente di costi: ricadono nell’ambito della norma sia i costi di funzionamento (ad esempio: carburanti, tasse di possesso, utenze, ecc.) compresi quelli di manutenzione (sia ordinaria che straordinaria), come pure le spese sostenute per l’acquisizione dei citati beni (ad esempio: quote di ammortamento, canoni leasing, canoni di noleggio, ecc).

Appare fuori dubbio che la norma si applichi anche in relazione a beni concessi in godimento in assenza di corrispettivo.

Ulteriore questione si pone nel caso in cui il corrispettivo pattuito risulti di importo inferiore al valore normale. In tale caso, si può fare ricorso ad un calcolo proporzionale per individuare la quota di costo non ammessa in detrazione. Ad esempio, se il valore normale relativo al godimento di un determinato bene è pari a 100, mentre al socio o familiare è richiesto il pagamento di un importo pari ad 80, i relativi costi saranno ammessi in deduzione per un ammontare pari all’80% dei medesimi.

Un altro chiarimento atteso era quello relativo al trattamento da riservare ai beni a deducibilità limitata: in particolare andava chiarito quale interrelazione esiste fra la norma in commento e le ipotesi di deducibilità limitata specificatamente disciplinate (ad esempio, autoveicoli e immobili patrimonio di cui, rispettivamente, agli artt. 164 e 90 del TUIR).

Al riguardo la circolare specifica che la norma, ad esempio, “non trova applicazione in relazione alla concessione in godimento degli autoveicoli che rientrano nel regime di indeducibilità previsto dall’art. 164 del TUIR”.

Nel caso in cui il bene sia stato dato in godimento per un periodo limitato nel corso dell’anno, per il calcolo dei costi indeducibili, è possibile tener conto della durata di tale periodo, ferma restando l’indeducibilità totale dei costi specificatamente imputabili al bene nel periodo di utilizzo dello stesso. Ad esempio, se viene concesso in godimento un veicolo che non sconta le limitazioni previste dall’art. 164 del TUIR per 6 mesi nel corso del periodo d’imposta, sarà necessario rendere indeducibile il 50% della relativa quota di ammortamento (ovvero del costo del leasing) come pure della tassa annuale di possesso e del costo dell’assicurazione RC. Mentre sarà indeducibile il costo del carburante specificatamente imputabile al periodo in cui il bene è stato dato in godimento ad un corrispettivo inferiore a quello di mercato.

La circolare, infine, assume un indirizzo innovativo nel momento in cui, nelle ipotesi di società trasparenti (società di persone o di capitali che hanno optato per la trasparenza fiscale ai sensi dell’art. 116 del TUIR), precisa che il maggior reddito scaturente dall’indeducibilità dei costi andrà imputato esclusivamente ai soci utilizzatori. Con la precisazione che a tali soci andrà imputato anche il maggior reddito scaturente dai costi indeducibili derivante dalla concessione in godimento di beni ai familiari degli stessi.

In pratica, quindi, i soci, oltre alla nuova fattispecie di reddito diverso (vedi paragrafo successivo) saranno incisi anche dal maggior reddito derivante dall’indeducibilità dei costi in capo alla società concedente.

GLI EFFETTI IN CAPO AGLI UTILIZZATORI

L’art. 2, comma 36-terdecies, del citato decreto introduce una nuova fattispecie tra i redditi diversi, disciplinati dall’articolo 67 del TUIR.

In particolare, con l’introduzione della nuova lettera h-ter) nel corpo dell’articolo 67, comma 1, TUIR, costituisce “reddito diverso” la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell’impresa a soci o familiari dell’imprenditore.

 

 

ARTICOLO 67 TUIR

 

 

Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente:

..omississ..)

h-ter) la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell’impresa a soci o familiari dell’imprenditore;

 

1.       Ambito soggettivo di applicazione della disciplina

Sono interessati dalla disposizione:

a)      i soci, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, di società e di enti privati di tipo associativo residenti;

b)      i familiari, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, dell’imprenditore individuale residente nel territorio dello Stato;

c)      i familiari, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, dei soci indicati alla lettera a);

Nella circolare, fra gli utilizzatori, viene previsto anche il soggetto “residente e non che nella sfera privata utilizza in godimento beni della sua impresa commerciale residente nel territorio dello Stato”. Sono in corso contatti con l’Agenzia delle entrate al fine di definire correttamente tale ultimo soggetto La Confederazione si attiverà per contestare interpretazioni non conformi al disposto normativo.

I familiari dell’imprenditore e dei soci vanno individuati ai sensi dell’art. 5, comma 5, del TUIR (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado).

Entrano nel campo di applicazione della disposizione anche i soci o i loro familiari che ricevono in godimento beni da società controllate o collegate.

2.       La determinazione del reddito diverso

Il socio o familiare che utilizza beni intestati all’impresa o società a canoni inferiori ai prezzi correnti, deve includere nel proprio reddito imponibile la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di tali beni.

Come previsto dall’articolo 2, comma 36-quinquiesdecies, tale differenza concorre a formare il reddito imponibile del socio o familiare utilizzatore come reddito diverso, ai sensi della nuova fattispecie reddituale di cui all’articolo 67, comma 1, lett. h-ter), TUIR.

Gli elementi da confrontare sono il valore di mercato e il corrispettivo annuo dal socio o familiare utilizzatore.

Al riguardo, va specificato che per “valore di mercato” si fa riferimento al valore normale, di cui all’articolo 9, comma 3, del TUIR: prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni e servizi della stessa specie, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione (per quanto possibile, si fa riferimento ai prezzi di listino o tariffe).

In pratica, bisogna fare riferimento al prezzo normalmente praticato dal fornitore o, in mancanza, da quello desunto dai tariffari redatti da organismi istituzionali oppure dalle mercuriali contenenti valori modali determinati da Enti di Ricerca, Società Immobiliari di grandi dimensioni, Istituti Bancari, ecc., sulla base di esperienze di mercato di cui sono in possesso per l’attività che loro stessi svolgono, per i beni forniti in condizioni di libero mercato.

Per i beni per i quali non sia possibile utilizzare i suddetti criteri, è possibile fare riferimento ad  apposita perizia che descriva in maniera esaustiva il bene oggetto del diritto di godimento motivando il valore attribuito al diritto stesso.

La circolare, in maniera eccessivamente restrittiva, richiede che, al fine di verificare gli accordi previsti dalle parti per la concessione in godimento del bene relativo all'impresa,  il corrispettivo annuo e le altre condizioni contrattuali devono risultare da apposita certificazione scritta di data certa, antecedente alla data di inizio dell'utilizzo del bene. Resta da chiarire a quali conseguenze si espongono i concedenti e gli utilizzatori in relazione a beni già concessi in godimento per i quali non si sia formata la citata documentazione. A tal riguardo, si ritiene che la precisazione trovi applicazione unicamente per i beni il cui godimento è iniziato successivamente alla data di emanazione della circolare. E, in tutti i modi, andrà anche verificato, nell’ipotesi in cui non venga redatta tale certificazione, quali possono essere i riflessi sanzionatori se il bene è, però, stato concesso in uso a valori di mercato.

Nel caso in cui il bene sia concesso in godimento per un periodo di tempo inferiore all’anno, i valori devono essere ragguagliati.

La circolare, infine, precisa che in deroga al criterio generale per il quale i redditi diversi rilevano secondo il criterio di cassa per la fattispecie in oggetto il reddito si considera conseguito alla data di maturazione.

Inoltre, se il socio è anche dipendente o amministratore della società ovvero il familiare è dipendente dell’impresa, la disciplina in argomento trova applicazione, in quanto, nei confronti dei medesimi soggetti, è già operativa la disposizione in merito alla tassazione dei “fringe benefit” prevista dagli articoli 51 e 54 del TUIR.

LA COMUNICAZIONE ALL’AGENZIA DELLE ENTRATE DEI BENI CONCESSI IN USO

Al fine di consentire un’attività di controllo da parte dell’Amministrazione, il legislatore ha introdotto un obbligo di comunicazione all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai beni concessi in godimento per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato (art. 2, comma 36-sexiesdecies).

L’obbligo di comunicazione grava sull’impresa concedente o sul socio/familiare utilizzatore. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 16 novembre 2011, sono stati stabiliti modalità e termini per l’effettuazione della citata comunicazione (vedi nostra Informativa n. 80 del 2011).

Per completezza di informazione si ricorda che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 13 marzo 2012, è stato stabilito un congruo differimento dell’iniziale termine per l’invio della comunicazione in oggetto. Il nuovo termine per la trasmissione è fissato al 15 ottobre 2012. Si ricorda che quello precedente era stabilito al 31 marzo 2012.

DECORRENZA E SANATORIA PER IL PRIMO ACCONTO

Le novità sopraindicate si applicano, ai sensi dell’articolo 2, comma 36-duodevicies, dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. La nuova disciplina va quindi applicata dal 2012.

Per quanto riguarda la determinazione degli acconti per il 2012 ai fini delle imposte dirette, il legislatore ha precisato che l’imposta 2011 va ricalcolata applicando le nuove disposizioni.

La circolare n. 24 del 2012 precisa che in considerazione delle obiettive condizioni di incertezza circa l’applicazione della disciplina dei beni in godimento, “il contribuente che non ha applicato correttamente le disposizioni in esame in sede di determinazione del primo acconto, potrà sanare l’eventuale omesso versamento in sede di secondo acconto, senza l’applicazione delle sanzioni per ritardato pagamento e maggiorato degli interessi nella misura del 4 per cento annuo (D.M. 21 maggio 2009) prevista per i pagamenti rateali di cui all’articolo 20 del decreto legislativo, 9 luglio 1997, n. 241.”

  • Data inserimento: 12.07.12
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