L’abrogazione della responsabilita’ solidale negli appalti e la responsabilita’ dei liquidatori delle societa’
In sede di approvazione definitiva del decreto legislativo sulla semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata - D.lgs. 21 novembre 2014, n. 175 - ha trovato finalmente accoglimento la richiesta di superare l’attuale disciplina della responsabilità solidale fiscale negli appalti. L’articolo 28 del provvedimento in argomento, al comma 1, abroga infatti l’articolo 35, commi 28, 28-bis e 28-ter del Decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (cosiddetto decreto Visco-Bersani).
Il medesimo articolo 28, commi 4-7, stabilisce che l’estinzione delle società ha effetto ai fini fiscali decorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione delle società dal Registro delle imprese e i liquidatori rispondono in proprio del pagamento delle imposte dovute dalla società posta in liquidazione.
Il decreto legislativo n. 175/2014 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28 novembre 2014, n. 277 e, non essendo stato diversamente disposto, il provvedimento è entrato in vigore dal giorno 13 dicembre 2014, quindicesimo dalla sua pubblicazione.
Fino a tale data continuano a produrre effetti le disposizioni recate dall’articolo 35, commi da 28 a 28-ter del D.L. n. 223/2006.
LA DISCIPLINA PREVIGENTE SULLA RESPONSABILITA’ SOLIDALE NEGLI APPALTI
L’articolo 13-ter del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (in vigore dal 12 agosto 2012) ha sostituito il comma 28 dell'articolo 35 del decreto-legge n. 223 del 2006, come modificato dall’articolo 2, comma 5-bis, D.L. n. 16 del 2012, concernente i soggetti responsabili per il versamento di somme all’erario nel caso di appalto di opere e di servizi, aggiungendo altresì i commi 28-bis e 28-ter.
La norma, in vigore dal 12 agosto 2012 al 12 dicembre 2014, ha introdotto la responsabilità in solido tra appaltatore e subappaltatori nei contratti di appalto di opere e servizi in relazione agli adempimenti relativi ai versamenti:
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delle ritenute erariali sui redditi di lavoro dipendente,
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dell’imposta sul valore aggiunto (successivamente il D.L. n. 69/2013, art. 50, ha escluso l’Iva dall’ambito oggettivo di applicazione della presente disciplina),
dovuti dai subappaltatori, scaduti alla data del versamento dei corrispettivi pattuiti, per le prestazioni effettuate, nei contratti medesimi.
La normativa si è applicata ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi, conclusi da soggetti che stipulavano i predetti contratti nell’ambito di attività rilevanti ai fini IVA, in ogni caso i soggetti di cui agli artt. 73 e 74 del TUIR (società di capitali, enti pubblici e privati, società non residenti, Stato, enti locali, ecc), escluse le stazioni appaltanti.
L’appaltatore doveva verificare che gli adempimenti, scaduti alla data del versamento dei corrispettivi pattuiti nel contratto di subappalto, fossero stati correttamente eseguiti dai subappaltatori, tramite:
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acquisizione della documentazione attestante l’avvenuto adempimento degli obblighi da parte dei subappaltatori prima del versamento dei corrispettivi pattuiti;
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attestazione da parte dell’appaltatore e dei subappaltatori del corretto adempimento (circ. n. 40/E del 2012);
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asseverazione da parte di un Caf imprese [art. 35, co. 1, D.lgs. n. 241/97] o di un professionista abilitato [art. 3, co. 3, lett. a) D.P.R. n. 322/98] dell’attestazione dell’avvenuto adempimento degli obblighi tributari.
L’appaltatore poteva sospendere il pagamento dei corrispettivi pattuiti fino all’esibizione della documentazione richiesta da parte del subappaltatore.
Il committente provvedeva al pagamento del corrispettivo dovuto all’appaltatore previa esibizione da parte di quest’ultimo della documentazione attestante che gli adempimenti relativi agli obblighi tributari erano stati correttamente eseguiti dal medesimo appaltatore e dagli eventuali subappaltatori. In assenza di tale documentazione, il committente poteva sospendere il pagamento del corrispettivo. L’inosservanza di dette modalità da parte del Committente era punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 200.000.
Successivamente l’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 2/E del 1° marzo 2013, ha definito con chiarezza l’ambito di applicazione della disciplina in argomento escludendo tutti quei contratti che, per contenuto, non possono essere ricondotti ai contratti di appalto di opere o servizi di cui all'articolo 1655 del c.c. Al pari sono state ritenute escluse anche le mere forniture di beni, anche se citate dal comma 28-ter del D.L. n. 223/2006. Secondo l'Agenzia delle Entrate, infatti, l'ambito di applicazione della norma era dettato dai primi commi 28 e 28-bis del decreto legge sopra citato, nei quali l'appalto di forniture di beni non era richiamato.
In estrema sintesi, secondo l'Agenzia delle entrate, restavano fuori dalla norma:
• gli appalti di fornitura dei beni;
• il contratto d’opera, disciplinato dall’articolo 2222 c.c.;
• il contratto di trasporto di cui agli articoli 1678 e seguenti del c.c.;
• il contratto di subfornitura disciplinato dalla legge 18 giugno 1998, n. 192;
• le prestazioni rese nell’ambito del rapporto consortile.
1.1 L’abrogazione della responsabilità solidale negli appalti e il principio del “favor rei” applicato solo a favore del committente e non a favore degli appaltatori
La disciplina sulla responsabilità solidale negli appalti introdotta con l’obiettivo di contrastare fenomeni evasivi, in realtà, ha posto in capo alle imprese gravosi oneri amministrativi non proporzionati rispetto all’esigenza di tutelare l’Erario. Tali oneri hanno inoltre aggravato ulteriormente i ritardi di pagamento tra le imprese (committenti/appaltatori/subappaltatori), ponendosi in netto contrasto con le finalità della Direttiva europea n. 7 del 2011, contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, recepita nel nostro ordinamento con il D.lgs. n. 192 del 2012 e concorrendo, inoltre, ad aggravare situazioni di crisi prima di carattere finanziario e successivamente economico delle imprese. Prendendo finalmente atto delle gravissime conseguenze che tale disciplina ha arrecato alle imprese, Governo e Parlamento, accogliendo in tal modo le istanze della Confartigianato, hanno proceduto per la sua definitiva abrogazione, utilizzando per tale scopo il decreto legislativo sulle semplificazioni.
Sono state tuttavia rilevate alcune criticità derivanti principalmente dalla mancanza nel decreto legislativo sulle semplificazioni di disposizioni che prevedessero un periodo transitorio fino alla data del 13 dicembre 2014, giorno in cui è cessata l’applicazione della disciplina sulla responsabilità solidale, per i contratti in essere.
Su tali aspetti è intervenuta la circolare dell’Agenzia delle entrate 30 dicembre 2014, n. 31/E di commento alle novità fiscali, chiarendo che, in attuazione del principio di legalità, di cui all’articolo 3 del D.Lgs. n. 472 del 1997 (c.d. favor rei), non trova applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria (da euro 5.000 a euro 200.000) posta a carico del committente per le violazioni commesse prima del 13 dicembre 2014 e non ancora definitive alla medesima data.
Con riguardo agli appaltatori/subappaltatori, contrariamente a quanto auspicato dalla Confartigianato, circa l’applicabilità del principio del favor rei, in base al quale «salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile», la medesima circolare n. 31/E precisa che tale principio non trova applicazione in relazione alla responsabilità solidale prevista in capo all’appaltatore per violazioni commesse dal subappaltatore entro la data di entrata in vigore della disposizione in esame (13 dicembre 2014), sul presupposto che il principio del favor rei trova applicazione con esclusivo riferimento alle fattispecie sanzionatorie rimanendo, per contro, regolata dal principio generale della successione delle leggi nel tempo (c.d. tempus regit actum) ed, in particolare, dal principio d’irretroattività, l’applicazione della norma precettiva, tra cui va annoverata quella costitutiva della responsabilità per l’imposta. Pertanto, l’appaltatore potrebbe incorrere nella responsabilità solidale nel caso non abbia ottemperato agli adempimenti prescritti dalla relativa disciplina, vigenti fino al 12 dicembre 2014.
1.2 La modifica all’articolo 29, comma 2, del D. Lgs. n. 276/2003 (cd. Legge Biagi)
L’abrogazione della responsabilità solidale negli appalti in argomento è accompagnata, tuttavia, da un corrispondente intervento normativo, introdotto dal comma 2 dell’articolo 28 del D.Lgs sulla semplificazione fiscale (D.Lgs. n. 175/2014), all’articolo 29 (Appalto), comma 2, del D. Lgs. n. 276/2003 (cd. legge Biagi). Tale ultima disposizione prevede, in materia di appalti di opere o di servizi, una responsabilità solidale del committente imprenditore o datore di lavoro con l’appaltatore – ed eventuali subappaltatori – per la corresponsione ai lavoratori dei trattamenti retributivi, nonché dei contributi previdenziali e assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto.
Nella parte in cui viene previsto che il committente, che abbia eseguito il pagamento dei trattamenti retributivi dei lavoratori, possa esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato, è stato inserito, con l’articolo 28, comma 2 del Decreto in commento, l’obbligo, per il committente, di assolvere, ove previsto, gli adempimenti del sostituto d’imposta, ai sensi delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600.
La circolare dell’Agenzia delle entrate 30 dicembre 2014, n. 31/E, di commento alle novità fiscali, evidenzia che tale previsione ha natura confermativa di un principio di carattere generale, già risultante dall’applicazione delle ordinarie disposizioni in materia di sostituzione d’imposta previste dal citato D.P.R. n. 600 del 1973 (la circolare in argomento cita la risoluzione n. 481/E del 2008 per la sussistenza dell’obbligo per il committente di assolvere gli adempimenti del sostituto d’imposta in relazione ai pagamenti effettuati ai dipendenti dell’appaltatore anche a seguito delle azioni proposte ai sensi dell’articolo 1676 del codice civile).
Per effetto di tale integrazione ora ai sensi dell’articolo 29 del D.Lgs. n. 276/2003 i committenti qualora paghino i compensi spettanti ai lavoratori, dovranno effettuare le ritenute di imposta, se dovute.
La Relazione Illustrativa allo schema di decreto legislativo sulle semplificazioni evidenzia che la suddetta nuova previsione normativa dovrebbe evitare, da una parte, qualunque “intromissione” nell’autonomia contrattuale delle parti e, dall’altra, porsi a presidio, nelle suddette ipotesi, dell’evasione fiscale connessa all’utilizzo di lavoratori “in nero” prevedendo un ruolo in tale campo dell’INPS.
1.3 Il ruolo dell’INPS
Il successivo comma 3 del medesimo articolo 28 si inserisce, infatti, nell’ambito degli interventi volti al potenziamento degli strumenti di contrasto degli inadempimenti fiscali in materia di ritenute, prevedendo che l’INPS renda disponibili all’Agenzia delle Entrate, con cadenza mensile, i dati relativi alle aziende e alle posizioni contributive dei relativi dipendenti gestite dall’istituto. Ciò è disposto al fine di consentire il riscontro della correttezza degli obblighi da parte dei datori di lavoro che corrispondono redditi di lavoro dipendente i quali devono operare all’atto del pagamento, la ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai dipendenti con obbligo di rivalsa.
ESTINZIONE DELLE SOCIETA’ E RESPONSABILITÀ DEI LIQUIDATORI
2.1 L’estinzione delle società
L’articolo 28, comma 4, del decreto sulla semplificazione (D. Lgs. n. 175/2014) interviene in materia di validità ed efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni ed interessi dovuti dalle società cancellate dal registro delle imprese al fine di evitare che le azioni di recupero poste in essere dagli enti creditori possano essere vanificate.
La norma in argomento dispone che l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese.
2.2 La responsabilità dei liquidatori
L’art. 28, comma 5, lettera a) riformula l’articolo 36, (riguardante la responsabilità ed obblighi degli amministratori, dei liquidatori e dei soci), comma 1, del D.P.R. n. 602/1973, prevedendo che i liquidatori rispondano delle imposte della società se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Per effetto del richiamo previsto dal comma 2, dell’articolo 36 del D.P.R. n. 602/73 alle disposizioni che riguardano i liquidatori, le modifiche effettuate dal D.Lgs. n.175/2014 devono considerarsi operative anche in riferimento agli amministratori della società. Nel caso in cui all’atto di scioglimento della società non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori, le disposizioni contenute al comma 1 dell’articolo 36 si applicano anche in riferimento agli amministratori.
Il successivo comma 5, lett. b) introduce un nuovo periodo all’articolo 36, comma 3, del D.P.R. n. 602/1973. Tale articolo dispone che i soci o associati sono responsabili delle imposte sui redditi della società se hanno ricevuto beni o somme di denaro nei due anni precedenti la messa in liquidazione della società (dagli amministratori) o nel periodo della liquidazione (dai liquidatori), nei limiti degli importi ricevuti. In base al nuovo periodo, introdotto dalla disposizione in esame, il valore del denaro e dei beni sociali ricevuti in assegnazione si presume proporzionalmente equivalente alla quota di capitale detenuta dal socio o associato, salva la prova contraria.
L’articolo 28, comma 6, stabilisce che le modifiche introdotte dai commi 4 e 5 non determinano obblighi di dichiarazione nuovi o diversi rispetto a quelli vigenti.
Infine l’articolo 28, comma 7, attraverso una modifica all’articolo 19, comma 1, del D. Lgs. 46/1999, prevede che la disciplina vigente in materia di imposte dirette dovute dalle società in liquidazione si applica anche a tutti i tributi e alle ulteriori somme iscrivibili a ruolo in base alle disposizioni del D.P.R. n. 602/1973.
2.3 La disciplina anteriore al 13 dicembre 2014
L’art. 36, ante modifica, del D.P.R n. 602/1973 già prevedeva che, nella fase della liquidazione della società, ai fini di tutelare l’Erario, i liquidatori rispondessero in proprio per le imposte dovute dalla società per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori, solo qualora, disponendo delle risorse per pagare le imposte, avessero:
- assegnato beni ai soci
- o soddisfatto crediti di ordine inferiore a quelli tributari.
Pertanto l’ordinamento già prevedeva la responsabilità del liquidatore qualora però lo stesso avesse destinato le disponibilità della liquidazione ad altre finalità estranee a quelle tributarie. Tale circostanza doveva essere provata dall’amministrazione finanziaria.
Un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cassazione SS.UU. sent. nn. 4060, 4061 e 4062, del 22 febbraio 2010) sostiene la natura costitutiva della cancellazione delle società dal Registro delle imprese, con l’effetto conseguente dell’estinzione delle società di capitali, a prescindere dall’esistenza di crediti o debiti insoddisfatti e/o di rapporti non ancora definiti al momento della cancellazione.
Le sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del febbraio 2010 hanno, inoltre, esteso la portata dell’art. 2495 c.c. anche alle società di persone iscritte nel registro delle imprese, confermando la portata dichiarativa della cancellazione, ma con una presunzione di estinzione che ne determinerebbe la piena opponibilità ai terzi.
La circostanza che, in conseguenza delle modifiche apportate in sede di riforma del diritto societario (D. lgs. n. 6/2003), la cancellazione dal registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2495, co. 2, c.c. comporti l’estinzione della società, indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o i rapporti ancora non definiti, ha prodotto una serie di conseguenze di seguito brevemente indicate.
Le Sezioni Unite, con sentenza n. 6070 del 12 marzo 2013, hanno affermato che la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio; pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ. con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci successori della società, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ.. In particolare detta sentenza afferma che, dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.lgs. n. 6/2003, all’estinzione della società, di persone o di capitali, si determina un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali.
La Corte di Cassazione, con sez. V, sent. n. 11968 del 13 luglio 2012 era già intervenuta sulla questione degli effetti della cancellazione della società, affermando che il processo tributario iniziato in relazione alle imposte sui redditi nei confronti di una società non può proseguire, una volta che questa si sia estinta per cancellazione dal registro delle imprese, ad opera o nei confronti dell’ex liquidatore o degli ex-amministratori, poiché:
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essi (liquidatore e ex amministratori) non sono successori, e, neppure coobbligati della stessa, in quanto l’azione di responsabilità, prevista dall’articolo 36 del D. P.R. 602/1973, è esercitabile:
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nei confronti dell’uno (liquidatore), solo se i ruoli in cui siano iscritti i tributi della società possano essere posti in riscossione e se sia acquisita legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione;
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nei confronti degli altri (ex-amministratori) alle condizioni di sussistenza di attività nel patrimonio della società e della distrazione di esse ai fini diversi dal pagamento delle imposte dovute;
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e in entrambi i casi, sulla base di un titolo autonomo dall’obbligazione fiscale di natura civilistica ex artt. 1176 e 1218 c.c. ancorché accertabile nelle forma del procedimento e del processo tributario.
Secondo dottrina, in sintesi, la Corte di Cassazione ha chiarito che i liquidatori, amministratori e soci non subentrano nell’obbligazione tributaria di cui sia titolare la società estinta. Consegue che nei confronti di tali soggetti si può procedere, nel caso in cui i tributi della società cancellata non sono stati assolti con i proventi della liquidazione, in base all’art. 36 del D.P.R. n. 602/1973, solo dopo che i ruoli in cui tali tributi sono iscritti, siano stati posti in riscossione.
L’amministrazione finanziaria si è trovata, pertanto, nell’impossibilità di far valere le proprie ragioni scaturenti da presupposti di imposta che si sono verificati in capo alla società cancellata prima della sua estinzione poiché nel frattempo la pretesa tributaria:
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non è più accertabile nei confronti dell’unico soggetto dotato della legittimazione passiva (la società),
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e, non essendo stata accertata in via definitiva (i ruoli non sono stati posti in riscossione), non integra la fattispecie della responsabilità di cui all’articolo 36, del D.P.R. n. 602/1973, in capo ai liquidatori, ex- amministratori e soci.
2.4 Gli effetti della responsabilità in capo ai liquidatori di società
Nella Relazione illustrativa al provvedimento in esame il Governo ha preso atto che la norma civilistica, contenuta nell’articolo 2495, funzionale a garantire tempi brevi e certi della cancellazione e realizzazione dei conseguenti effetti, rende, tuttavia, di difficile realizzazione i controlli e le azioni di recupero fiscale, regolati da disposizioni che ne prevedono lo sviluppo e l’avvio in tempi successivi a quelli previsti dal medesimo del codice civile per l’estinzione della società. La norma prevede, infatti, che i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci o dei liquidatori notificando la relativa domanda entro un anno dalla cancellazione presso l’ultima sede della società.
L’articolo 28, comma 4, del D. Lgs. n. 175/2014, dispone dunque che l’estinzione delle società ai fini fiscali ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese. Il termine di cinque anni è stato individuato, come chiarito nella Relazione illustrativa al provvedimento, avuto riguardo ai termini di cui agli articoli 43, comma 2, del D.P.R. n. 600/73 e 57, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 che disciplinano rispettivamente, i termini per l’accertamento in ipotesi di omessa dichiarazione II.DD. o IVA.
L’Amministrazione finanziaria è ora posta nelle condizioni di effettuare accertamenti e controlli sulle imprese nei cinque anni successivi alla cancellazione della società dal Registro delle imprese.
Inoltre è ampliata la responsabilità dei liquidatori poiché l’art. 36, comma 1, dispone che, se i liquidatori non pagano con le attività della liquidazione le imposte dovute dall'impresa per il periodo stesso della liquidazione e per quelli anteriori, rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all'assegnazione dei beni ai soci ovvero di aver soddisfatto, con le attività della liquidazione, crediti di ordine superiore a quelli tributari. La responsabilità del liquidatore tuttavia non può andare oltre all'importo dei crediti di imposta che avrebbero trovato capienza con l'attivo societario.
Le nuove disposizioni recate dall’articolo 28, co. 7, contengono anche la soppressione della norma che limitava l'applicazione dell'articolo 36 del D.P.R. n. 602/73 alle sole imposte sul reddito di impresa, legittimando ora l'amministrazione finanziaria al recupero anche di altre imposte, di tributi e somme iscrivibili a ruolo.
In conclusione, la nuova disciplina sulla responsabilità dei liquidatori risulta essere oltremodo gravosa poiché:
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essendo il periodo di accertamento prorogato al quinto anno successivo dalla data della richiesta di cancellazione della società, viene meno la certezza per tali soggetti di aver concluso la liquidazione. E’ sempre possibile, dopo l'attribuzione dell'attivo a creditori, e in ultima analisi ai soci, che possa eventualmente arrivare un accertamento fiscale. Né i liquidatori potrebbero accantonare somme in un fondo rischi in quanto tale comportamento eviterebbe la possibilità di richiedere la cancellazione della società dal Registro delle imprese. L'allungamento dei termini di accertamento al quinto anno successivo alla cancellazione rende infatti non definitiva la chiusura della liquidazione e non esiste allo stato attuale una soluzione che possa contemplare un evento incerto (l'accertamento fiscale) dopo la cancellazione della società.
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vi è l’inversione dell’onere della prova dato che, con le nuove disposizioni, sono i liquidatori a dover provare:
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di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci;
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di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari (es. retribuzioni).
Con riguardo agli aspetti, invece, più operativi in relazione alla corretta applicazione della normativa la Confartigianato ha rilevato che:
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non è specificato se la nuova disciplina si applichi alle sole società che richiederanno la cancellazione dal Registro delle Imprese dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo (13 dicembre 2014) oppure anche alle società che hanno richiesto la cancellazione precedentemente;
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se ai fini degli adempimenti fiscali (in particolare dichiarativi) la società debba essere considerata cessata alla data della richiesta di cancellazione;
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a quale grado di privilegi (graduazione dei crediti) occorra far riferimento (codice civile, legge fallimentare).
La circolare dell’Agenzia delle entrate 30 dicembre 2014, n. 31/E, con riguardo al primo punto, precisa che l’art. 28, co. 4, del decreto legislativo sulle semplificazioni, sia da considerarsi norma procedurale, ritenendo dunque che la stessa trovi applicazione anche per attività di controllo fiscale riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del decreto in commento, vale a dire prima del 13 dicembre 2014.
Con riferimento al secondo punto, la circolare conferma che non discendono, per i contribuenti, obblighi dichiarativi nuovi o diversi rispetto a quelli vigenti.
Con riguardo all’ultimo punto l’Agenzia si limita a rilevare che i liquidatori rispondono in proprio del versamento dei tributi dovuti dalla società estinta nei limiti dei crediti di imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti sottolineando solamente la circostanza che l’onere probatorio è traslato sui liquidatori.