Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Legge Delega sul Jobs Act)
In data 24 dicembre 2014 il Governo ha presentato il primo decreto attuativo in materia di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (il testo non è ancora stato pubblicato in Gazzetta ufficiale). Di seguito proponiamo, in sintesi, le principali disposizioni contenute nel decreto, che di fatto segna uno spartiacque tra neo assunti e lavoratori già in forza.
Art. 1 – Campo di applicazione
Il decreto detta la disciplina sui licenziamenti illegittimi di lavoratori assunti con qualifica di operai, impiegati o quadri con contratto a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto; rimangono quindi esclusi i dirigenti. Le nuove norme pertanto si applicano solo a coloro che verranno assunti successivamente alla pubblicazione del decreto, per gli altri rimangono in vigore le vecchie disposizioni.
Per le aziende non soggette alle norme dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (in genere aziende che occupano fino a 15 dipendenti), che a seguito di nuove assunzioni raggiungono la soglia di applicazione dell’art. 18 (quindi superano i 15 dipendenti), le nuove disposizioni sui licenziamenti si applicano anche ai rapporti di lavoro instaurati anteriormente (in pratica in questi casi si avrà una sostanziale parificazione di trattamento tra tutti i lavoratori presenti in azienda).
Art. 2 – Licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale
La norma di fatto ripropone quanto già previsto dalla precedente disciplina sui licenziamenti, così come modificata dalla Legge Fornero. In pratica, nel caso di licenziamento discriminatorio (per motivi di religione, di sesso, di credo politico ecc…), nullo (licenziamento per motivo illecito), oppure intimato oralmente, quindi senza atto scritto, la sanzione resta invariata rispetto al precedente regime: reintegrazione nel posto di lavoro (salvo che il lavoratore chieda l’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità), più risarcimento del danno consistente in una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal licenziamento sino all’effettiva reintegrazione , dedotto quanto percepito per lo svolgimento di altre attività; in ogni caso la misura non può essere inferiore a 5 mensilità. Inoltre il datore di lavoro è tenuto al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il periodo indicato.
E’ importante precisare che le sanzioni sopra indicate si applicano a tutte le aziende, indipendentemente dal numero di lavoratori occupati.
Art. 3 – Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e giusta causa
Fermo restando quanto indicato nel precedente art. 2, cambiano le norme sui licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (in pratica per motivi legati all’attività produttiva, all’organizzazione dell’impresa e al regolare funzionamento della stessa) o per giustificato motivo soggettivo (notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore) o per giusta causa (fatti gravissimi posti in essere dal lavoratore che non consentono la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto di lavoro).
In tali ipotesi, qualora fosse accertata dal giudice l’ illegittimità del licenziamento, non scatta più la reintegra sul posto di lavoro, ma viene stabilità un’indennità risarcitoria, non assoggettata a contribuzione, di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità (in pratica si dovranno pagare 4 mensilità fino al 2° anno di anzianità, per poi crescere di 2 mensilità all’anno fino al 12° anno di anzianità).
Per le sole ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, qualora il giudice accerti direttamente l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore (in pratica quando il fatto oggetto di contestazione non esiste), il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione (con il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali) e al risarcimento del danno, che in questo caso non può eccedere le dodici mensilità dell’ultima retribuzione di fatto. Rispetto all’attuale disciplina prevista dalla Legge Fornero, la nuova norma parla esclusivamente di insussistenza del fatto contestato, resta pertanto estranea qualsiasi interpretazione del giudice circa la proporzionalità tra il fatto contestato e la sanzione comminata; in pratica il giudice dovrà solo accertare se il fatto sussiste o meno.
La norma prevede che la disciplina sopra indicata (reintegrazione più risarcimento del danno) si applichi anche ai casi di licenziamento per inidoneità fisica o psichica del lavoratore ritenuti illegittimi dal giudice .
Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, non è più prevista l’attivazione preventiva della procedura di conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro.
Art. 4 – Vizi formali e procedurali
Nel caso in cui il licenziamento sia caratterizzato da vizi formali (mancanza di motivazione nel licenziamento) o procedurali (mancata attivazione della procedura prevista dall’art. 7 Statuto dei Lavoratori nel caso di licenziamento disciplinare), il giudice dichiara comunque estinto il rapporto di lavoro ma condanna il datori di lavoro a pagare al lavoratore una indennità, non assoggettata a contribuzione, pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità, sempreché non venga accerta tata la sussistenza dei presupporti per l’applicazione delle tutele previste nei precedenti art. 2 e 3. Ricordiamo che la Legge Fornero per questi casi prevede un’indennità risarcitoria fra un minimo di 6 ed un massimo di 12 mensilità.
Art. 5 – Revoca del licenziamento
Viene riprodotta la disciplina prevista dalla Legge Fornero, il licenziamento intimato può essere revocato, purchè ciò avvenga entro 15 gg. dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del licenziamento stesso. Il rapporto prosegue senza soluzione di continuità con diritto del lavoratore al pagamento della retribuzione maturata; non scattano le sanzioni sopra indicate.
Art. 6 – Offerta di conciliazione
Come indicato nel precedente art. 3, è stata abolita la procedura di conciliazione preventiva presso la DTL in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, peraltro applicabile alle aziende con più di 15 dipendenti. La nuova norma prevede ora l’introduzione di una procedura di conciliazione facoltativa, estesa a tutte le imprese (anche quelle fino a 15 dipendenti), applicabile anche ai casi di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (licenziamenti disciplinari).
La procedura prevede che il datore di lavoro possa offrire al lavoratore, nelle sedi previste (Commissione di Conciliazione presso la DTL o in sede sindacale), entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (60 gg. dal ricevimento della comunicazione), un importo, che non costituisce reddito imponibile (quindi è una somma esente da tributi e da contribuzione), di ammontare pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare (per le piccole imprese, quelle non soggette all’art. 18 come sopra indicato, gli importi sono dimezzati e non possono eccedere le 6 mensilità). L’accettazione dell’assegno da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione dello stesso.
In merito a quest’ultimo passaggio, la norma fa riferimento alla sola rinuncia all’impugnazione del licenziamento, sembra pertanto di capire che se le parti intendono chiudere anche ogni altra questione legata al pregresso rapporto di lavoro ( differenze retributive, inquadramenti ecc…), dovrà essere stipulato un altro verbale di conciliazione al di fuori della procedura sopra indicata.
Art. 7 – Computo dell’anzianità negli appalti
La norma specifica che ai fini dell’applicazione del regime sanzionatorio previsto dai precedenti articoli, nel caso di un lavoratore che passa alle dipendenze di un’impresa che subentra nell’appalto, l’anzianità di servizio si dovrà computare tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività di appalto (in pratica se c’è un subentro nell’appalto, l’anzianità continua a decorrere senza soluzione di continuità).
Art. 8 – Computo e misura delle indennità per frazioni di anno
L’articolo precisa che per le frazioni di anno di servizio, le indennità e gli importi previsti dai citati agli art. 3, 4 e 6, sono riproporzionati e le frazioni di mese uguali o superiori a 15 gg. si computano come mese intero.
Art. 9 – Piccole imprese e organizzazioni di tendenza
Il decreto attuativo sul contratto a tutele crescenti di cui all’oggetto, ai sensi dell’art. 1 si applica a tutte le imprese, indipendentemente dal numero di dipendenti. Tuttavia, al fine di salvaguardare le specificità delle piccole imprese, quelle fino a 15 dipendenti, sono previste delle condizioni particolari in merito alle sanzioni che scattano in caso di licenziamento illegittimo.
In particolare, sempre con riferimento alle assunzioni successive all’entrata in vigore del decreto, la norma prevede che per le aziende non soggette alle disposizioni di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (aziende fino a 15 dipendenti), non si applicano le disposizioni di cui all’art. 3 sul licenziamento disciplinare (viene quindi sempre esclusa la reintegrazione), inoltre si prevede il pagamento dimezzato delle indennità previste in caso di licenziamento illegittimo, come previsto agli art. 3, 4 e 6, fermo restando che il limite massimo di indennizzo non può superare le 6 mensilità. A tal proposito si ricorda che l’attuale disciplina, prevista dalla legge 604/1966, come modificata dalla legge 108/1990, prevede per le aziende fino a 15 dipendenti, l’applicazione di una sanzione da 2,5 a 6 mensilità in caso di licenziamento illegittimo.
Art. 10 – Licenziamento collettivo
Rilevanti novità sono previste in relazione alla procedura per i licenziamenti collettivi. Viene mantenuta la sanzione della reintegra nel caso in cui il licenziamento sia intimato oralmente, mentre, in caso di violazione delle procedure previste dagli art. 4 e 24 della legge 223/1991, o dei criteri di scelta dei lavoratori, si applica il regime previsto dall’art. 3 del presente decreto che disciplina il caso di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. In pratica viene uniformato il regime sanzionatorio tra licenziamenti individuali e collettivi (risarcimento del danno da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità).
Art. 11 – Contratto di ricollocazione
Si tratta di una nuova disposizione in base alla quale il lavoratore licenziato illegittimamente o per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo, ha diritto di ricevere un voucher dal Centro per l’Impiego competente, rappresentativo della dote individuale di ricollocazione, a condizione che effettui la procedura di definizione del profilo professionale di occupabilità.
Presentando il voucher ad un’agenzia di lavoro pubblica o privata accreditata, il lavoratore potrà sottoscrivere u contratto di ricollocazione che prevede il diritto ad una assistenza qualificata nella ricerca di nuova occupazione, il diritto alla realizzazione di iniziative di ricerca addestramento, formazione o riqualificazione professionale, ma anche il dovere di porsi a disposizione e di cooperare con l’agenzia.
Il voucher è proporzionato in relazione al profilo professionale di occupabilità e l’agenzia potrà incassarlo solo a risultato ottenuto.
Art. 12 – Rito applicabile
Solo un cenno, in quanto si tratta di materia processuale, all’ultimo articolo del decreto, che esclude le norme previste dalla Legge Fornero sull’utilizzo del rito speciale per i licenziamenti; rimane la perplessità del sistema che mantiene una sostanziale differenza nelle procedure tra vecchi e nuovi assunti.