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Responsabilità amministrativa dell’impresa: l’infortunio mortale sul lavoro comporta la responsabilità dell’impresa se sussiste l’interesse o vantaggio della stessa.

In caso d’infortunio sul lavoro, la mancata adozione ed attuazione del Modello Organizzativo comporta per l’impresa il pagamento di una pesante sanzione pecuniaria.

A seguito di un incidente capitato ad un lavoratore, morto a causa delle lesioni riportate nel cantiere mentre era alla guida di una vecchia autogru con il freno di stazionamento non funzionante, il tribunale condannava sia l’amministratore unico che il direttore tecnico per omicidio colposo e la società per l’illecito amministrativo, configurato dall’art. 5 lett. a) e b) del D.Lgs. 231/2001, applicando a quest’ultima una sanzione pecuniaria di 80.000 euro (ex art. 12, comma 2, lett. a).

Agli imputati veniva contestata la violazione dell’art. 2087 c.c. per non aver adottato le misure di prevenzione più idonee consentendo l’utilizzo di un’autogru con freno di stazionamento non funzionante, per non aver installato sul vecchio tipo di autogru dispositivi di blocco automatico attivabili in caso di mancanza di pressione dell’impianto frenante, per non aver attuato idonea manutenzione dell’impianto frenante e per aver omesso una procedura nota e vincolante con la quale s’impedisse lo spostamento dell'autogru senza previo accertamento dell’ avvenuta carica dei serbatoi d'aria a servizio dell’impianto frenante.

Alla società veniva addebitato l'illecito amministrativo di cui all'art. 5 lett. a ) e b) D.Lgs. 231/01 per il reato di omicidio colposo, in quanto commesso nell’interesse ed a vantaggio della società avendo omesso di adottare ed efficacemente attuare, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

La Corte di Appello aveva successivamente confermato le condanne. Contro quest’ultima sentenza veniva proposto ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso con sentenza n. 2544 del 21 gennaio 2016, ha puntualizzato, tra l’altro, alcuni punti circa la responsabilità amministrativa dell’impresa.

Vale la pena di ricordare che tale responsabilità è stata introdotta dal D.lgs. 231/2001 per alcuni reati. Successivamente la portata del decreto legislativo è stata ampliata ai reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25 septies D.Lgs. 231/2001). La portata di questa normativa non è stata ancora del tutto percepita dalle aziende, che rischiano sanzioni pecuniarie ed interdittive di rilevante entità. L’unica difesa da parte dell’azienda è la predisposizione di Modelli di organizzazione e di gestione.

In merito alla responsabilità amministrativa dell’impresa il difensore della società aveva lamentato davanti alla Corte di Cassazione che i giudici di merito avevano affermato tale responsabilità, quasi fosse una conseguenza automatica della ritenuta responsabilità personale degli imputati. Secondo la difesa non era ravvisabile, nel caso di specie, un interesse o vantaggio per l’azienda ricollegabile alla condotta colposa attuata dall’amministratore unico, in qualità di legale rappresentante dell’impresa.

La Suprema Corte ha ribadito che, in questa tipologia di reato, l’interesse o vantaggio siano da ricollegare non all’evento-morte del lavoratore in conseguenza di violazioni di normative antinfortunistiche (per la quale la società non ha ovviamente alcun interesse e da cui la società certamente non trae alcun vantaggio) ma alla condotta colposa che ha comportato l’evento–morte.

Quando ricorre l’interesse e quando ricorre il vantaggio?

L’interesse sussiste quando la persona fisica, agendo per conto dell’impresa, ha consapevolmente agito allo scopo di conseguire un’utilità per l’azienda. Tipicamente questo caso si verifica quando la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche è la conseguenza non di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una sbagliata considerazione delle misure di prevenzione necessarie, ma di una vera e propria scelta orientata a risparmiare sui costi d'impresa.

Ricorre il requisito del vantaggio quando la persona fisica, agendo per conto dell’impresa, ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche e, dunque, ha realizzato una politica d'impresa disattenta alla materia della sicurezza del lavoro.

Nel caso di specie la verifica di tali presupposti era stata compiuta dal giudice di primo grado che aveva ritenuto provata la sistematica violazione della normativa prevenzionistica a vantaggio della società che aveva risparmiato i costi connessi all'acquisto di un'attrezzatura di lavoro moderna, efficiente e sicura, ovvero i costi delle modifiche tecniche necessarie a rendere l’autogru sicura per i lavoratori e i costi (in termini sia di retribuzione dei formatori che di mancato impiego degli operati in cantiere per attività produttive) connessi ad un'adeguata attività di formazione ed informazione dei lavoratori (ed in particolare del lavoratore deceduto, nella sua qualità di gruista).

La responsabilità dell’impresa per i reati di omicidio colposo o lesioni colpose commesse da suoi organi apicali (in questo caso l’amministratore delegato ed il direttore tecnico) con violazione della normativa in materia di sicurezza o igiene del lavoro può essere esclusa soltanto dimostrando l'adozione ed efficace attuazione di modelli organizzativi e l'attribuzione a un organismo autonomo del potere di vigilanza sul funzionamento, l'aggiornamento e l'osservanza dei modelli adottati. Tale prova, nel caso di specie, non era stata data dai difensori della società per cui la violazione delle norme antinfortunistiche non era dovuta ad occasionalità o a caso fortuito, ma era il risultato di una specifica politica aziendale, volta alla massimizzazione del profitto con un contenimento dei costi in materia di sicurezza.

Pertanto, secondo la Corte di Cassazione, correttamente è stata affermata la responsabilità amministrativa dell’azienda con conseguente applicazione della sanzione pecuniaria.

 

Informazioni possono essere chieste alla dott.ssa Alessandra Cargiolli del settore ambiente di Confartigianato Vicenza (tel. 0444 168357.)

 

In allegato la sentenza della Corte di Cassazione 21/01/2016, N. 2544.