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Approvo

Cassazione: lo scarico di reflui provenienti da molitura di olive va autorizzato

I reflui derivanti dall’attività di molitura delle olive non sono assimilabili alle acque domestiche

In qualità di titolare di un frantoio e di uno stabilimento oleario, il ricorrente, effettuava attività di smaltimento di acque di vegetazione e di lavaggio di prima pioggia senza la prescritta autorizzazione, convogliando le acque per gravità in una fossa non impermeabilizzata da cui percolavano nel terreno sottostante.

Irrilevanti sono le osservazioni in punto di diritto circa la regolarità dell'impianto e circa la non equiparabilità delle acque di vegetazione alle acque di lavaggio, trattandosi nel caso di specie di acque di lavaggio miste ad acque di vegetazione ed essendo pacifica la mancanza di autorizzazione, in presenza di uno sversamento incontrollato in una fossa non impermeabilizzata, da cui le acque percolavano nel terreno sottostante; sversamento che, anche in linea teorica, mai avrebbe potuto essere autorizzato

La Corte di Cassazione, con la sentenza 14/11/2013, N. 42149, si è quindi richiamata al principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza della Corte stessa, secondo cui lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall'attività di molitura delle olive - quale quella svolta dall'indagato - integra il reato di cui all'art. 137 del d.lgs. n. 152 del 2006, non essendo tali reflui assimilabili alle acque urbane.

 

Decreto legislativo 03/04/2006 – Art. 137 (Sanzioni penali)

1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1), chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro.

2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena è dell'arresto da tre mesi a tre anni e dell’ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro

3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5 o di cui all’articolo 29-quattuordecies, comma 3), effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l'arresto fino a due anni.

4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all'articolo 131 è punito con la pena di cui al comma 3.

5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nella effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico al suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro.

6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.

7. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 110, comma 5, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

8. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.

9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all'articolo 137, comma 1.

10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo 85, comma 2, è punito con l'ammenda da millecinquecento euro a quindicimila euro.

11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 è punito con l'arresto sino a tre anni.

12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall'autorità   competente ai sensi dell'articolo  87, comma 3, è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.

13. Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorità competente.

14. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo, è punito con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui  l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.

In allegato la sentenza della Corte di Cassazione 14/11/2013, N. 42149.

  • Data inserimento: 22.06.16